IV DOM. AVV.
“Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?”. Il re Davide è riconoscente
al Signore, perché lo ha scelto tra i suoi fratelli, pur essendo il più giovane e il meno prestante di tutti; lo ha difeso dalla gelosia del re Saul e lo ha fatto suo successore; lo ha reso sovrano vincitore sui nemici; insomma gli ha concesso tutto ciò che un uomo potrebbe desiderare. Ecco allora che, pieno di entusiasmo “il re ...disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te» (2Sam 7,1s). Davide oramai ha un regno sicuro, ha costruito la sua capitale; si è fatto edificare un palazzo adeguato a una famiglia reale; ora sente che è giunto il momento di costruire un tempio per Dio: “non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre, finché non avrò trovato un luogo per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe” (Salmo 132,4). Il profeta Natan da ragione al Re; è davvero convinto che Dio gradisca avere un tempio.In realtà la risposta del Signore non si fa attendere: “Io ... non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall’Egitto fino a oggi” (2Sam 7,6). In sostanza Dio fa sapere che non ha bisogno di un luogo fisico per stare con il Suo popolo.
Perché? Forse per non correre il rischio di essere rinchiuso. Infatti ben presto il tempio di Gerusalemme diventerà, per Dio, una sorta di prigione dorata, dove nessuno può avvicinarsi, se non è estremamente puro; avere un unico tempio, inoltre, può fare di Lui, il Dio di una nazione sola, invece Egli è Signore e Padre di tutti i popoli.
“Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. … io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno” (7,11). Dio vuole continuare a fare qualcosa per Davide e gli annuncia una discendenza.
Oggi noi sappiamo che la promessa di Dio, si è realizzata pienamente con Gesù. Dio salva, questo è il significato del nome del Figlio di Dio. Questo rimane il progetto del Signore della storia.
A Davide, Dio ha negato l’autorizzazione a costruire un tempio, ora invece Dio stesso si fa un tempio: Maria. Nelle litanie che si recitano durante il rosario, la Vergine Madre è definita “santuario della divina presenza” e “arca dell’alleanza”. Dio sceglie di venire tra gli uomini attraverso la carne di una donna: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1,31).
Maria è in modo speciale, unico e irripetibile, “scala da cui discese l’eterno”; solo attraverso di Lei, il Verbo si è fatto carne, ma oggi, continua a voler essere presente nella storia; cerca ancora delle madri che lo generino, così che Lui possa essere Emmanuele - Dio con noi – e Gesù – Dio salva -. Scrive san Francesco: “Siamo madri sue, quando lo portiamo nel cuore e nel nostro corpo con l’amore e con la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso sante opere che devono risplendere agli altri in esempio” (Lettera ai fedeli).
Essere madri, significa, innanzitutto, che bisogna farGli spazio nella nostra carne; non basta che Dio lo frequentiamo da lontano, facendo di Lui un conoscente o uno di cui abbiamo sentito parlare. Ogni madre sa cosa significa avere un figlio che cresce dentro e, noi uomini, possiamo almeno immaginarlo: è una presenza costante, che condiziona fortemente la vita, nulla può essere come prima.
Essere madri di Dio, significa che lo si genera, rendendolo presente con una vita evangelica che, profuma di Cristo. A una mia amica, maestra d’asilo, un bimbo ha fatto un complimento straordinario, dicendole che profuma di mamma; nello stesso modo, dovremmo profumare di Cristo e chi ci accosta, anche se noi non parliamo, dovrebbe sentire che Lui c’è, in noi e attraverso di noi.
Signore Gesù, sappiamo di non essere un tempio sempre adeguato alla Tua bellezza, ma tu non hai avuto timore di nascere in una stalla e da lì, di mostrarti al mondo; abita in noi, così che questo povero mondo, possa trovarti ed esser guarito da te.
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