Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 25 ottobre 2009

COSA VUOI CHE TI FACCIA?

«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (Mc 10,48) grida il cieco di Gerico. Come è diverso il tono rispetto a quello degli apostoli Giacomo e Giovanni. Ricordate le loro parole: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia ciò che ti chiederemo”?
Sono due modi molto diversi di accostarsi a Gesù e molto diverso è il risultato.
Il nostro nuovo amico è un cieco e, in quanto tale, mendicante; ha un handicap fisico, ma questo, evidentemente, non gli ha piegato lo spirito. Non è uno che si limita a piangersi addosso, oramai senza speranza, adattato alla sua condizione.
E’ uno che prima era cieco e poi riottiene la vista.
Cosa ha reso possibile questo?
Gesù dice: «Và, la tua fede ti ha salvato».
Cosa significa “la tua fede”? Forse costui aveva già capito che Gesù di Nazaret, quel giovane di cui tanti parlavano, era il Verbo di Dio incarnato, la seconda persona della Trinità? Le sue parole non sembrerebbero dire questo; lo chiama “Figlio di Davide”; nemmeno, Signore. Non credo, che si possa parlare di una fede teologicamente matura, quanto piuttosto della fede come fiducia, almeno in questo momento. Quest’uomo, mosso dal suo bisogno, si è fidato di Gesù.
Egli consapevole del proprio limite. Mi direte: “Bella scoperta, non ci vedeva”. Eppure non sottovalutiamo questo fatto; il Signore può andare in soccorso, di coloro che sanno di avere bisogno di Lui; può guarire coloro che riconoscono di essere ammalati; può ridare la vista a coloro che sanno di essere ciechi; arricchire quanti si sanno poveri, purché tutti costoro siano anche disponibili a lasciarLo agire.
A questo punto devo parlarvi di un recente incontro, ma che è simile a molti altri. Una persona con la quale ho avuto occasione di parlare, ha cominciato a dire che la Chiesa ha dolosamente tenuto nascoste per secoli un sacco di cose; che per tanti anni ha creduto a tutte le menzogne della Chiesa, ma per fortuna adesso ha cominciato a leggere e allora la verità si è mostrata ai suoi occhi. Mi ha rinfacciato che non diciamo che Gesù è morto come gli altri uomini – mentre sosterremmo che è risorto -, che abbiamo nascosto, soprattutto, che era sposato con la Maddalena, ecc …. Questa persona è il tipico esempio di chi non sa di essere cieco, anzi accusa tutti gli altri di esserli. A questo proposito scrive Bonoheffer: “Per il bene la (ottusità = poco acuto) stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità. Contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza; il male porta sempre con sé il germe dell’autodissoluzione, perché dietro di sé nell’uomo lascia almeno un senso di malessere. Ma contro la (ottusità) stupidità non abbiamo difese. Qui non si può ottenere nulla, né con proteste, né con la forza; le motivazioni non servono a niente. Ai fatti, che sono in contraddizione con i pregiudizi personali, semplicemente non si deve credere … .

In un’occasione Gesù ha detto: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità” (Mt 13,57s) Gesù non può, o forse, non vuole compiere miracoli là dove non c’è disponibilità; dove trova una porta chiusa, bussa, ma attende. Gli autosufficienti e gli “arrivati” son insanabili, almeno finché rimangono tali. Non smetterò mai di dire che queste sono le persone più a rischio, perché solo chi sa di non essere nella pienezza, di non essere arrivato, si metterà in cammino o continuerà a camminare; solo chi sa di avere bisogno si lascia aiutare.

Per essere guariti, per essere portati dalla cecità alla vista, ci vogliono alcune pre-condizioni:
- gridare a Dio quando ci passa accanto: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20); «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa …” (Lc 15,5ss). Dobbiamo imparare di nuovo a riconoscere Dio che passa, anzi che sta costantemente al mio fianco e lascia i suoi segni. Non ci si può poi stancare; non ci si può arrendere, perché Dio non risponde subito e come vogliamo noi.
- muoversi, mettersi in ricerca: “ balzò in piedi e venne da Gesù” (Ma 10,50).
- essere disponibili a giocarsi anche le proprie sicurezze: “gettò il suo mantello” – pensate che il mantello era talmente importante per i poveri, che non era consentito tenerlo a pegno durante le dotti, perché era la coperta necessaria per riparare dal freddo – eppure egli lo lascia.
- lasciarsi aiutare, non dimenticando che “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,8).
Rendici consapevoli Signore che nulla ti è impossibile, se noi te lo lasciamo fare. Insegnaci a chiederti aiuto e a lasciarci prendere per mano da te.

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