Quanto è bello il Vangelo di oggi, anche se non di semplice lettura. Gesù e Giovanni Battista hanno degli atteggiamenti, che ci farebbe molto bene recuperare.
Molti erano convinti che Giovanni fosse il Messia, colui che avrebbe dovuto salvare e liberare il popolo d’Israele e l’umanità. Egli avrebbe potuto approfittare di quest’abbaglio generale; avrebbe potuto illudersi di essere ciò che in realtà non era. Invece, nemmeno per un istante si è appropriato di un ruolo non suo.
Potessimo avere noi la grazia di sapere quale è il nostro ruolo, invece di sforzarci di essere ciò che non siamo e mai saremo o di diventare ciò che gli altri vogliono che noi diventiamo. Quante energie sprechiamo per apparire ciò che non siamo e che, invece, potremmo utilizzare per realizzare i doni che il Signore ci ha dati. Voler diventare ciò che non si è, significa auto-condannarsi alla infelicità.
Molti erano convinti che Giovanni fosse il Messia, colui che avrebbe dovuto salvare e liberare il popolo d’Israele e l’umanità. Egli avrebbe potuto approfittare di quest’abbaglio generale; avrebbe potuto illudersi di essere ciò che in realtà non era. Invece, nemmeno per un istante si è appropriato di un ruolo non suo.
Potessimo avere noi la grazia di sapere quale è il nostro ruolo, invece di sforzarci di essere ciò che non siamo e mai saremo o di diventare ciò che gli altri vogliono che noi diventiamo. Quante energie sprechiamo per apparire ciò che non siamo e che, invece, potremmo utilizzare per realizzare i doni che il Signore ci ha dati. Voler diventare ciò che non si è, significa auto-condannarsi alla infelicità.
Giovanni sa bene di avere un ruolo da co-protogonista, ma questo non lo sconvolge; egli sa che il suo compito è di indicare al mondo il vero ed esclusivo protagonista della storia: Gesù Cristo. Non si vergogna di essere, rispetto a Gesù, meno di uno schiavo – solo gli schiavi erano tenuti alla pulizia dei piedi dei loro padroni.
Gesù, poi, non cessa di stupirmi. Il Verbo di Dio fatto carne, la Luce che rischiara le tenebre; Dio eterno e infinito, cosa fa? Si mette in fila insieme alla popolazione, per ricevere il battesimo. E’ vero che si tratta di qualcosa di profondamente diverso dal Sacramento del Battesimo che anche noi abbiamo ricevuto, ma rimane comunque un segno forte: è l’umanità consapevole del proprio peccato che va a esprimere il desiderio di perdono e di conversione. Gesù, pur non avendone bisogno, percorre la stessa strada degli uomini. Il Signore ci mostra cosa significa incarnarsi: è rinunciare a qualcosa di sé per mettersi a camminare con gli uomini; non è solo indicare la via, ma percorrerla facendo la stessa fatica, senza sconti. Don Torcy, uno dei personaggi de il “Diario di un curato di campagna”, dichiara a un certo punto: “Quando il Signore mi cava fuori una parola che è utile alle anime, la capisco dal male che mi fa”; questo significa che, quando una parola viene da Dio, “fa male”, cioè lascia un segno visibile, spinge al cambiamento; questa è una di quelle parole.
Non dobbiamo pensare al battesimo di Gesù, come al nostro; come dicevo prima, sono due realtà molto diverse. Lo stesso Giovanni ne è consapevole e dichiara che lui battezza “con acqua” – segno di purificazione -, ma Gesù battezzerà con Spirito Santo e fuoco – il suo Battesimo provocherà qualcosa di ben più profondo e radicale. Il Battesimo portato da Gesù non ripulisce l’esterno, ma trasforma radicalmente l’uomo.
Nel Vangelo di oggi, comunque, il battesimo rimane un po’ sullo sfondo; ciò che conta, non è tanto che Gesù abbia ricevuto il battesimo, ma ciò che è avvenuto dopo: il dono dello Spirito e la dichiarazione di Dio.
Le parole che vengono proclamate dalla “voce dal cielo”, riprendono un testo di Is: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio… : «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre” (Is 42,1ss).
E’ Dio stesso che ci annuncia che colui che si è messo in fila con gli altri, non è come gli altri. Gesù, senza violenza e arroganza, senza imporsi, ma proponendosi, porterà la libertà, a tutti coloro che la accettano.
E’ lo stesso strarodinario grido di Is: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (Is 40,9ss).
Gesù, poi, non cessa di stupirmi. Il Verbo di Dio fatto carne, la Luce che rischiara le tenebre; Dio eterno e infinito, cosa fa? Si mette in fila insieme alla popolazione, per ricevere il battesimo. E’ vero che si tratta di qualcosa di profondamente diverso dal Sacramento del Battesimo che anche noi abbiamo ricevuto, ma rimane comunque un segno forte: è l’umanità consapevole del proprio peccato che va a esprimere il desiderio di perdono e di conversione. Gesù, pur non avendone bisogno, percorre la stessa strada degli uomini. Il Signore ci mostra cosa significa incarnarsi: è rinunciare a qualcosa di sé per mettersi a camminare con gli uomini; non è solo indicare la via, ma percorrerla facendo la stessa fatica, senza sconti. Don Torcy, uno dei personaggi de il “Diario di un curato di campagna”, dichiara a un certo punto: “Quando il Signore mi cava fuori una parola che è utile alle anime, la capisco dal male che mi fa”; questo significa che, quando una parola viene da Dio, “fa male”, cioè lascia un segno visibile, spinge al cambiamento; questa è una di quelle parole.
Non dobbiamo pensare al battesimo di Gesù, come al nostro; come dicevo prima, sono due realtà molto diverse. Lo stesso Giovanni ne è consapevole e dichiara che lui battezza “con acqua” – segno di purificazione -, ma Gesù battezzerà con Spirito Santo e fuoco – il suo Battesimo provocherà qualcosa di ben più profondo e radicale. Il Battesimo portato da Gesù non ripulisce l’esterno, ma trasforma radicalmente l’uomo.
Nel Vangelo di oggi, comunque, il battesimo rimane un po’ sullo sfondo; ciò che conta, non è tanto che Gesù abbia ricevuto il battesimo, ma ciò che è avvenuto dopo: il dono dello Spirito e la dichiarazione di Dio.
Le parole che vengono proclamate dalla “voce dal cielo”, riprendono un testo di Is: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio… : «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre” (Is 42,1ss).
E’ Dio stesso che ci annuncia che colui che si è messo in fila con gli altri, non è come gli altri. Gesù, senza violenza e arroganza, senza imporsi, ma proponendosi, porterà la libertà, a tutti coloro che la accettano.
E’ lo stesso strarodinario grido di Is: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (Is 40,9ss).
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