VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Il testo delle Beatitudini, segue immediatamente la scelta degli Apostoli; dopo un’intera notte trascorsa in preghiera, Gesù chiama i suoi discepoli (dal latino discipulum da discere, imparare) e tra essi ne sceglie Dodici, per farne apostoli (da apostellein = apo “da” e stellein “mandato”). E’ giunto il momento in cui, non è più sufficiente seguire Gesù, ma è necessario anche cominciare ad aiutarlo nella missione che il Padre gli ha affidato; i discepoli devono accogliere la parola di Gesù, la straordinaria buona notizia, per donarla all’uomo inattesa.
Le Beatitudini sono tanto importanti quanto suscettibili di interpretazioni erronee, soprattutto queste, nella versione di Lc. Lette superficialmente rischiano, infatti, di farci avere una visione manichea degli uomini: da una parte i poveri, buoni e prediletti da Dio, dall’altra i ricchi gaudenti, cattivi e maledetti da Dio. Questa lettura non è corretta, perché, se è vero che i poveri sono prediletti da Dio, non è vero che sono sempre buoni e che la povertà è un valore in sé e, viceversa, non è vero, almeno in senso assoluto, che la ricchezza è un disvalore e che tutti i ricchi sono gaudenti e dissoluti.
Se leggiamo le Beatitudini alla luce del testo di Ger, le cose diventano più chiare. Qui, infatti, Dio divide gli uomini tra coloro che “confidano nell’uomo” (Ger 17,5) e coloro che “confidano nel Signore” (17,7); maledetti sono i primi, benedetti i secondi.
Chi è “l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno”? E’ colui che ritiene di essere autonomo e autosufficiente; che crede di bastare a se stesso. La sua autonomia si manifesta nell’indipendenza concreta nella vita: nel pensare e nell’agire. E’ l’uomo che è legge a se stesso, che decide ciò che è bene e ciò che è male, per sé e per gli altri, senza porsi in confronto con Dio e con la sua parola: "Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (Is 5,20).
Le Beatitudini sono tanto importanti quanto suscettibili di interpretazioni erronee, soprattutto queste, nella versione di Lc. Lette superficialmente rischiano, infatti, di farci avere una visione manichea degli uomini: da una parte i poveri, buoni e prediletti da Dio, dall’altra i ricchi gaudenti, cattivi e maledetti da Dio. Questa lettura non è corretta, perché, se è vero che i poveri sono prediletti da Dio, non è vero che sono sempre buoni e che la povertà è un valore in sé e, viceversa, non è vero, almeno in senso assoluto, che la ricchezza è un disvalore e che tutti i ricchi sono gaudenti e dissoluti.
Se leggiamo le Beatitudini alla luce del testo di Ger, le cose diventano più chiare. Qui, infatti, Dio divide gli uomini tra coloro che “confidano nell’uomo” (Ger 17,5) e coloro che “confidano nel Signore” (17,7); maledetti sono i primi, benedetti i secondi.
Chi è “l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno”? E’ colui che ritiene di essere autonomo e autosufficiente; che crede di bastare a se stesso. La sua autonomia si manifesta nell’indipendenza concreta nella vita: nel pensare e nell’agire. E’ l’uomo che è legge a se stesso, che decide ciò che è bene e ciò che è male, per sé e per gli altri, senza porsi in confronto con Dio e con la sua parola: "Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (Is 5,20).
Badiamo bene che questa situazione non colpisce solo i non credenti manifesti, a volte riguarda anche noi praticanti, quando, senza farci troppi problemi, non ci lasciano provocare e trasformare dalla volontà di Dio. Di fatto, Dio non entra nelle pieghe quotidiane della nostra esistenza.
C’è però anche un altro modo per confidare nell’uomo, quando si affidano le scelte fondamentali della propria vita, il modo di pensare e il modo di agire a un altro proprio simile: “Non confidate nei potenti, in un uomo che non può salvare. Esala lo spirito e ritorna alla terra: in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni” (Salmo 146,3s). Quante volte nella storia, troppi cristiani hanno confidato negli uomini invece che in Dio e, quali risultati. Non possiamo dimenticare che le tre mostruosità ideologiche del XIX/XX secolo – Marxismo, Fascismo e Nazismo -, sono nate e cresciute nell’Europa cristiana. In queste nostre terre cristiane da centinaia di anni, uomini e donne hanno affidato il loro illusorio benessere a uomini che erano manifestamente oppositori di Dio. Almeno la storia ci aiutasse e non commettere nuovamente gli stessi errori!
Perché sono maledetti coloro che fanno a meno di Dio? Forse, perché Dio li maledice e li fa soffrire? No; è che l’autonomia da Dio produce inevitabilmente i suoi frutti: “L’albero buono produce frutti buoni; l’albero cattivo produce frutti cattivi” (Mt 7,17).
In questo contesto la ricchezza diventa cattiva, se è anche il segno dell’autonomia, dell’autosufficienza: “Non ho bisogno di Dio, perché ho ciò che mi basta per assicurarmi la vita”. Che illusione! Ascoltiamo le parole del Salmo: “Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. Certo, l’uomo non può riscattare se stesso né pagare a Dio il proprio prezzo …: non sarà mai sufficiente per vivere senza fine e non vedere la fossa. … lasceranno ad altri le loro ricchezze. Il sepolcro sarà loro eterna dimora …” (Salmo 48,7ss). Chi costruisce la casa sulla sabbia, la vedrà vacillare e crollare al giungere delle vere difficoltà.
Dall’altra parte vi sono coloro che confidano nel Signore, cioè coloro che si fidano di Lui e la povertà, anche materiale, non li spaventa, anzi è una scelta esistenziale.
C’è però anche un altro modo per confidare nell’uomo, quando si affidano le scelte fondamentali della propria vita, il modo di pensare e il modo di agire a un altro proprio simile: “Non confidate nei potenti, in un uomo che non può salvare. Esala lo spirito e ritorna alla terra: in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni” (Salmo 146,3s). Quante volte nella storia, troppi cristiani hanno confidato negli uomini invece che in Dio e, quali risultati. Non possiamo dimenticare che le tre mostruosità ideologiche del XIX/XX secolo – Marxismo, Fascismo e Nazismo -, sono nate e cresciute nell’Europa cristiana. In queste nostre terre cristiane da centinaia di anni, uomini e donne hanno affidato il loro illusorio benessere a uomini che erano manifestamente oppositori di Dio. Almeno la storia ci aiutasse e non commettere nuovamente gli stessi errori!
Perché sono maledetti coloro che fanno a meno di Dio? Forse, perché Dio li maledice e li fa soffrire? No; è che l’autonomia da Dio produce inevitabilmente i suoi frutti: “L’albero buono produce frutti buoni; l’albero cattivo produce frutti cattivi” (Mt 7,17).
In questo contesto la ricchezza diventa cattiva, se è anche il segno dell’autonomia, dell’autosufficienza: “Non ho bisogno di Dio, perché ho ciò che mi basta per assicurarmi la vita”. Che illusione! Ascoltiamo le parole del Salmo: “Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. Certo, l’uomo non può riscattare se stesso né pagare a Dio il proprio prezzo …: non sarà mai sufficiente per vivere senza fine e non vedere la fossa. … lasceranno ad altri le loro ricchezze. Il sepolcro sarà loro eterna dimora …” (Salmo 48,7ss). Chi costruisce la casa sulla sabbia, la vedrà vacillare e crollare al giungere delle vere difficoltà.
Dall’altra parte vi sono coloro che confidano nel Signore, cioè coloro che si fidano di Lui e la povertà, anche materiale, non li spaventa, anzi è una scelta esistenziale.
Essi lasciano che Dio condizioni la loro vita quotidiana; sono poveri, perché non si sentono autosufficienti, perché sanno di avere bisogno di Dio, della sua consolazione, della sua illuminazione, del suo perdono, e non fondano la loro sicurezza né su dei beni materiali né su altri uomini.
Chi è consapevole della propria non autosufficienza, più facilmente si lascia aiutare. La beatitudine di costoro non significa che tutto scorre liscio come l’olio - la vita senza lacrime e senza problemi, dove tutto è chiaro -, ma nel fatto che, nonostante l’esistenza porti loro le difficoltà di tutti gli altri, anzi a volte anche di più, non vengono schiacciati dagli avvenimenti e già oggi il Signore può più facilmente intervenire nelle loro esistenze..
Ascoltiamo Paolo mentre parla di sé: “Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?” (2Cor 11,24ss), eppure, scrive ancora Paolo: “noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio" (Rm 8,28).
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