Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 14 marzo 2010

IL PADRE MISERICORDIOSO


IV DOMENICA DI QUARESIMA


In quel tempo, si avvicinarono a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano …” (Lc 17,1); è molto interessante: da una parte c’è chi ascolta, dall’altra invece chi “mormora”. Non facciamo un’apologia dei peccatori, perché sappiamo bene che non sempre chi è nel peccato è pronto all’ascolto e, non demonizziamo gli scribi e i farisei, tra i quali c’erano ottime persone; semplicemente constatiamo che dinanzi a Gesù c’è chi ci sta col desiderio di ascoltarlo – chi ascolta è aperto – e chi, mormorando, ossia esprimendo un giudizio negativo su ciò che dice e fa. Chi ascolta, ha la “porta aperta”, chi mormora, l’ha già chiusa, perché ha già fatto la sua scelta.

Oggi Gesù ci racconta una bellissima parabola, attraverso la quale vuole mostrarci il volto del Padre – “Chi vede me, vede il Padre” - e indicarci come stare nella storia da cristiani.

Queste parole possiamo ascoltarle e lasciarci “ferire” oppure possiamo metterci a mormorare, cioè a discuterle. Possiamo perderci in speculazioni psicologiche (mi ricordo di quella volta in cui, presentando a un gruppo questa parabola, ci fu chi finì per incolpare di tutto il padre, che per avere due figli messi così, doveva essere un pessimo educatore) o lasciarci incantare dalla misericordia di Dio.

Dal alcuni anni questa parabola non è più conosciuta come “il figliol prodigo”, ma come “il padre misericordioso”, al massimo possiamo intitolarla “il padre misericordioso e i figli lontani”. E’ evidente che s’è riconosciuto come centro di tutto il racconto quel padre così innamorato dei suoi figli. Se proviamo a ripercorrere velocemente i termini che riguardano il padre, non possiamo avere dubbi su tale amore:

- al figlio che dice imperativamente: “Dammi la parte che mi spetta!”, risponde con la equa divisione delle proprie cose.

- Quando il figlio si avvicina per ritornare: lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò

- Disse ai servi portate qui il vestito più bello, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi; ammazzate il vitello più grasso

- All’altro figlio dice: tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo

A due figli tanto lontani da lui, anche se in modo diverso, egli risponde con l’amore. L’amore vuole il bene della persona amata: costi quel che costi. La distanza creata dal rifiuto, viene colmata dall’amore.

Dio non ha figli insalvabili; non figli indegni di misericordia. Non dimentichiamolo né nei confronti altrui né nei nostri. Come l’altro è degno dell’amore di Dio, così anche io. Se mai dovessi allontanarmi da Dio, anche in modo grave e violento, devo ricordare che mi è data la possibilità di ritornare: non gli faccio ribrezzo, anche se io stesso mi trovo repellente, perché non c’è né lontananza né ferita che non meriti ansiosa attesa da parte di Dio. Non diciamo mai “non son degno”; è una tentazione del maligno che non vuole lasciarci fare l’esperienza della misericordia. Ricordate l’immagine della pesca, con la quale Gesù indica a Simon Pietro quale sarà il suo ministero? possiamo dire che il diavolo non vuole che noi saliamo sulla barca di Simon Pietro, vuole a tutti i costi che noi restiamo in balia delle onde e affoghiamo.

Dicevo che i due figli sono ugualmente lontani: il minore è un immaturo pretenzioso che non ama suo padre e se ne va, pensando di trovare la libertà lontano da lui. E’ terribile chiedere la propria parte di eredità a un genitore, perché è come dirgli: siccome non crepi e mi ostacoli la vita, devo fare in modo che tu sia come morto: me ne vado. Pensate la delusione del Padre, la ferita dell’amore non amato.

L’altro figlio però non è messo meglio. Non ama suo padre, si sente come un servo, – “ti ho servito …” – e non si sente amato – “non mi hai mai dato nemmeno un capretto …” -. Eppure è in casa con suo padre e ha ricevuto i beni equamente divisi tra i due figli.

Dirò di più, bene o male il minore è tornato a casa, perché ha toccato con mano i frutti della lontananza; ma il maggiore, che si sente in regola? Non sappiamo. Chi è già convinto di essere nella casa, perché dovrebbe mettersi in movimento per tornare? Quanti stanno nella casa di Dio come schiavi, rigidi esecutori di comandi a volte nemmeno dati: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. … Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte» (Mc 7,8ss).

Ai suoi figli, che ingenuamente si allontanano da Lui, nella convinzione di trovare la libertà, Dio risponde con la misericordiasplagknizomai – che indica il movimento delle viscere. A chi ritorna Dio offre il vestito più bello – ten stolen ten proten – l’abito primo, cioè la dignità perduta; l’anello, simbolo di autorità, è il sigillo di chi può disporre dei beni; i calzari ai piedi, simbolo di libertà, solo gli schiavi andavano a piedi nudi.

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