Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

mercoledì 28 aprile 2010

PER NON ASSUEFARSI MAI

"È da registrare, in maniera sempre più grave, il diffondersi di una cultura della morte totalmente non rispettosa dell'essere umano tradotta in una prassi che, come in questo caso, assume connotazioni barbariche, sovvertendo i fondamentali principi di cura e soccorso della vita umana, naturalmente presenti nell'uomo e, in misura maggiore, proprie della professione medica". È quanto si afferma in un comunicato della Curia arcivescovile di Rossano-Cariati sulla vicenda del feto di ventidue settimane sopravvissuto a un'interruzione di gravidanza praticata per una malformazione nell'ospedale di Rossano.
Erano trascorse ventidue ore dall'intervento - praticato sabato su una donna alla prima gravidanza - quando intorno alle 11.15 di domenica mattina il cappellano dell'ospedale, don Antonio Martello, si è accorto che il feto mostrava chiari segni di vita. Da qui l'allarme e la corsa in autoambulanza, con un pediatra e un rianimatore a bordo, verso il reparto di neonatologia dell'ospedale di Cosenza dove il cuoricino del piccolo, dopo circa due giorni, ha cessato di battere.
"Appare sconcertante - sottolinea l'arcivescovo di Rossano-Cariati, monsignor Santo Marcianò - l'arbitraria superficialità dei sanitari nell'omettere qualsiasi tipo di cura e rianimazione del bambino il quale, nonostante ciò, ha continuato a sopravvivere autonomamente". Secondo il presule, "il caso deve portare la comunità civile a riflettere sulla drammaticità rappresentata dall'aborto in quanto soppressione di un essere umano e, nello specifico, sulla illiceità del definirlo "terapeutico". In quanto tale, infatti, questo non rappresenta una cura ma, semmai, rafforza quella mentalità eugenetica dilagante che, non solo aumenta il ricorso all'aborto stesso, ma pone seri interrogativi sul presunto beneficio che esso abbia sulla salute della donna e sul significato naturale della maternità, nonché ci invita a considerare con quanta facilità sia trattata in modo "non umano" una persona gravemente malformata o anche semplicemente non voluta".
Monsignor Marcianò si augura che la vicenda apra un serio e fecondo dibattito e "porti tutti a collaborare affinché il valore della vita e di ogni persona umana sia riconosciuto come il fondamento di una società civile e giusta".

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