Don Di Noto: violentati e messi sul web
DA MILANO LUCIA BELLASPIGA - Quotidiano Avvenire
Un uomo completamente nudo, umiliato, annientato, legato al guinzaglio come un cane e trascinato dalla sua aguzzina, una donna: la soldatessa americana Lynndie England, 21 anni. Sono immagini che ancora ci tormentano quelle uscite sei anni fa dal Braccio 1 del carcere iracheno di Abu Ghraib, destinato agli interrogatori. Se questo è un uomo.
«Una bambina nuda, tenuta al guinzaglio come un cane, legata e violentata in pubblico...». Questa volta don Fortunato Di Noto fatica a descrivere ciò che ha appena avuto davanti agli occhi, navigando tra siti Internet a caccia di altri aguzzini: «Ogni giorno credo di aver visto il peggio, ma ogni giorno vengo smentito». Ieri al sacerdote fondatore dell’associazione antipedofilia Meter e ai suoi volontari è toccato denunciare un sito che mostra «bambini tenuti al guinzaglio e violentati davanti agli occhi di tutti. Tanto ci scandalizziamo ma poi nessuno fa niente», mormora.
Foto e video scorrono al tocco del suo mouse , si aprono e si chiudono sul monitor con facilità allarmante, accessibili a tutti, tanto più ai minori, geneticamente e anagraficamente più esperti dei loro genitori. E così appare il volto triste di un’altra bambina, addestrata a guardare fisso nell’obiettivo con un’aria ammiccante da piccola donna cresciuta suo malgrado in pochi istanti: sul torace una scritta, «Violentami ». Una sua coetanea sta già subendo la tortura, mentre un adulto ne abusa sul letto di un hotel. Nessuna paura di essere scoperti, nessuna precauzione, nemmeno quella semplice di nascondere il nome dell’albergo, ricamato sulle lenzuola e già identificato. E per finire un 'murale' con i volti e i corpi di trecento piccole vittime abusate, merce in vetrina per adulti dal cervello malato e il cuore indurito...
«Come sempre abbiamo segnalato il tutto alla Polizia postale - dice don Di Noto. .. Ci è tornato in mente l’orrore di Abu Ghraib e lo scandalo che suscitò nel mondo intero, invece devo amaramente constatare che oggi nessuno ha niente da dire per questi innocenti trattati peggio di quell’iracheno. Dove sono gli attenti fustigatori della pedofilia quando riguarda il clero - giornalisti inclusi - che si stracciano le vesti contro la Chiesa? Perché qui tacciono?», non si dà pace. Un’indifferenza mediatica che effettivamente non si comprende né giustifica. «Il dramma, atroce, non è espresso solo dagli abusi di farabutti che non avrebbero mai dovuto diventare preti, eppure questo silenzio dimostra che non c’è affatto intenzione di allargare lo sguardo sul fenomeno, ma solo di colpire la Chiesa. E i mostri nel frattempo ingrassano. Per essere ascoltato che cosa devo fare? Andare in tivù a dire che un prete mi ha violentato? Ora mi aspetto una prova di maturità dalla stampa di questo Paese».
Mentre il sacerdote aspetta, però, succede altro. Sul social network americano 'Ning' da poche ore qualcuno ha aperto una 'Comunità pedofila'. Poche ore soltanto. «E già hanno caricato l’inferno», scuote la testa il prete, che subito segnala alla Polizia anche la nuova scoperta. L’inferno è 511 membri iscritti, 90 video (tutti attivi) caricati, 690 pedofoto. E dietro a tutto questo centinaia di bambini distrutti, annientati, torturati. Non ad Abu Ghraib, ma in un nostro hotel. Nelle nostre stanze più nascoste.
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