La rilevazione sulle separazioni e sui divorzi
Ogni anno l'Istat diffonde i principali risultati delle rilevazioni sulle separazioni e sui divorzi condotte presso le cancellerie dei 165 tribunali civili, raccogliendo i dati relativi ad ogni singolo procedimento concluso dal punto di vista giudiziario nell'anno di riferimento.
Questi dati consentono di aggiornare l'evoluzione temporale dei due fenomeni e di monitorarne le principali caratteristiche: la durata dei matrimoni e l'età dei coniugi alla separazione, il tipo e la durata dei procedimenti, il numero di figli coinvolti e l'affidamento di quelli minori.
Negli ultimi decenni profonde trasformazioni hanno investito la sfera delle relazioni familiari e sociali, i costumi e gli stili di vita nel nostro Paese.
L'istituzione familiare, in particolare, ha subito grandi cambiamenti, in rapporto all'emergere di nuovi fenomeni demografico-sociali e di nuovi modelli comportamentali, che si presentano con intensità diversa secondo il territorio, le aree culturali e le fasce sociali. Si sono modificate le forme e le strutture familiari: crescono le famiglie ricostituite, i genitori soli e i single non vedovi, le unioni libere.
Il percorso evolutivo dei mutamenti avvenuti è stato accompagnato da diversi interventi normativi succedutisi nel tempo, tra i quali si menzionano la legge sul divorzio, la riforma del diritto di famiglia, la legge sull'adozione e affidamento dei minori, fino alla disciplina inerente l'affidamento condiviso dei figli introdotta nel 2006.
Molteplici sono gli elementi che fanno da sfondo al processo di diversificazione delle tipologie familiari in Italia:
- la diminuzione dei tassi di nuzialità, tendenza alla posticipazione delle nozze e incremento della quota di matrimoni celebrati con rito civile;
- la scarsa natalità − l'Italia è infatti uno dei paesi europei con il più basso tasso di fecondità totale − e aumento della quota di nascite fuori dal matrimonio;
- il ritardo nel passaggio alla vita adulta, con conseguente rinvio nel tempo delle decisioni di formazione della famiglia, subordinate alla sicurezza o continuità del lavoro, alla stabilità del reddito, alla ricerca dell'abitazione;
- l'emancipazione femminile, che ha condotto le donne ad una maggiore presa di coscienza del proprio status, collocandole anche al di fuori dell'ambito familiare e differenziando il loro ruolo nella società;
- le maggiori possibilità di spostamenti e di contatti sociali;
- l'affermarsi di una mentalità maggiormente individualistica rispetto al passato, che ha influenzato aspettative e aspirazioni dei singoli soggetti.
In questo variegato scenario, che caratterizza la dinamica demografica e sociale italiana, si inserisce la contemporanea crescita dell'instabilità coniugale, misurata attraverso il numero di separazioni e divorzi concessi. Questi eventi − costituenti in modo diverso l'espressione giuridico-formale della fine del matrimonio − sono fortemente aumentati nell'ultimo decennio, pur mantenendosi ancora al di sotto della media europea.
Nel 2008 le separazioni sono state 84.165 e i divorzi 54.351. Rispetto al 1995 le prime sono praticamente raddoppiate (+ 101 per cento) e i secondi sono aumentati di oltre una volta e mezza (+61 per cento). Tali incrementi si sono osservati in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono e quindi sono imputabili a un effettivo aumento della propensione alla rottura dell'unione coniugale.
Questa propensione può essere più correttamente valutata attraverso l'utilizzo dei tassi di separazione e divorzio totali per coorte di matrimonio (Figura 2).
Notevoli sono gli effetti che la chiusura di un matrimonio arreca sul piano demografico e sociale e sui percorsi di vita dei soggetti coinvolti direttamente o indirettamente. Soltanto nel 2008, separazioni e divorzi hanno interessato più di 430 mila persone tra coniugi e figli.
La rottura dell'unione coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie ricostituite composte da almeno una persona che ha vissuto una precedente esperienza matrimoniale, generando nuove tipologie familiari. Ne conseguono anche ripercussioni sulla fecondità, da un lato per l'eventuale mancata realizzazione dei progetti riproduttivi degli ex coniugi, e dall'altra per la riproduttività associata alle nuove unioni.
La divisione familiare genera potenziali ricadute sul benessere psicofisico degli individui, sul rapporto genitori-figli e, secondo alcuni studi, anche sulle performance di tali figli nella vita adulta. Mutano le situazioni residenziali e le strategie lavorative, specialmente per quanto riguarda le donne. In alcuni casi, le condizioni finanziarie possono peggiorare tanto da far aumentare i rischi di povertà e vulnerabilità economica dei soggetti interessati.
E' in questo articolato panorama di mutamenti riguardanti la famiglia e la società che vanno letti ed interpretati i dati qui presentati.
Questi dati consentono di aggiornare l'evoluzione temporale dei due fenomeni e di monitorarne le principali caratteristiche: la durata dei matrimoni e l'età dei coniugi alla separazione, il tipo e la durata dei procedimenti, il numero di figli coinvolti e l'affidamento di quelli minori.
Negli ultimi decenni profonde trasformazioni hanno investito la sfera delle relazioni familiari e sociali, i costumi e gli stili di vita nel nostro Paese.
L'istituzione familiare, in particolare, ha subito grandi cambiamenti, in rapporto all'emergere di nuovi fenomeni demografico-sociali e di nuovi modelli comportamentali, che si presentano con intensità diversa secondo il territorio, le aree culturali e le fasce sociali. Si sono modificate le forme e le strutture familiari: crescono le famiglie ricostituite, i genitori soli e i single non vedovi, le unioni libere.
Il percorso evolutivo dei mutamenti avvenuti è stato accompagnato da diversi interventi normativi succedutisi nel tempo, tra i quali si menzionano la legge sul divorzio, la riforma del diritto di famiglia, la legge sull'adozione e affidamento dei minori, fino alla disciplina inerente l'affidamento condiviso dei figli introdotta nel 2006.
Molteplici sono gli elementi che fanno da sfondo al processo di diversificazione delle tipologie familiari in Italia:
- la diminuzione dei tassi di nuzialità, tendenza alla posticipazione delle nozze e incremento della quota di matrimoni celebrati con rito civile;
- la scarsa natalità − l'Italia è infatti uno dei paesi europei con il più basso tasso di fecondità totale − e aumento della quota di nascite fuori dal matrimonio;
- il ritardo nel passaggio alla vita adulta, con conseguente rinvio nel tempo delle decisioni di formazione della famiglia, subordinate alla sicurezza o continuità del lavoro, alla stabilità del reddito, alla ricerca dell'abitazione;
- l'emancipazione femminile, che ha condotto le donne ad una maggiore presa di coscienza del proprio status, collocandole anche al di fuori dell'ambito familiare e differenziando il loro ruolo nella società;
- le maggiori possibilità di spostamenti e di contatti sociali;
- l'affermarsi di una mentalità maggiormente individualistica rispetto al passato, che ha influenzato aspettative e aspirazioni dei singoli soggetti.
In questo variegato scenario, che caratterizza la dinamica demografica e sociale italiana, si inserisce la contemporanea crescita dell'instabilità coniugale, misurata attraverso il numero di separazioni e divorzi concessi. Questi eventi − costituenti in modo diverso l'espressione giuridico-formale della fine del matrimonio − sono fortemente aumentati nell'ultimo decennio, pur mantenendosi ancora al di sotto della media europea.
Nel 2008 le separazioni sono state 84.165 e i divorzi 54.351. Rispetto al 1995 le prime sono praticamente raddoppiate (+ 101 per cento) e i secondi sono aumentati di oltre una volta e mezza (+61 per cento). Tali incrementi si sono osservati in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono e quindi sono imputabili a un effettivo aumento della propensione alla rottura dell'unione coniugale.
Questa propensione può essere più correttamente valutata attraverso l'utilizzo dei tassi di separazione e divorzio totali per coorte di matrimonio (Figura 2).
Notevoli sono gli effetti che la chiusura di un matrimonio arreca sul piano demografico e sociale e sui percorsi di vita dei soggetti coinvolti direttamente o indirettamente. Soltanto nel 2008, separazioni e divorzi hanno interessato più di 430 mila persone tra coniugi e figli.
La rottura dell'unione coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie ricostituite composte da almeno una persona che ha vissuto una precedente esperienza matrimoniale, generando nuove tipologie familiari. Ne conseguono anche ripercussioni sulla fecondità, da un lato per l'eventuale mancata realizzazione dei progetti riproduttivi degli ex coniugi, e dall'altra per la riproduttività associata alle nuove unioni.
La divisione familiare genera potenziali ricadute sul benessere psicofisico degli individui, sul rapporto genitori-figli e, secondo alcuni studi, anche sulle performance di tali figli nella vita adulta. Mutano le situazioni residenziali e le strategie lavorative, specialmente per quanto riguarda le donne. In alcuni casi, le condizioni finanziarie possono peggiorare tanto da far aumentare i rischi di povertà e vulnerabilità economica dei soggetti interessati.
E' in questo articolato panorama di mutamenti riguardanti la famiglia e la società che vanno letti ed interpretati i dati qui presentati.
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