In Austria, dove vennero deportati 400 malati trentini
INNSBRUCK - Nessuna «clamorosa e macabra» scoperta di una «fossa comune», come nella concitazione dei primi momenti è stato scritto, ma il lavoro certosino di uno studioso, Oliver Seifert, è all' origine di un ritrovamento che potrà dare un contributo notevole alla storia dell' eutanasia durante il nazismo.
Il luogo, Hall, 9 chilometri a nord est da Innsbruck, è oggi più noto come località sciistica che come sede del più importante ospedale psichiatrico del Nord Tirolo. Quattordici ettari di parco cintato, vialetti lindi, palazzine che sembrano decorosi condomini, dove vivono circa 250 residenti con disagio mentale: la loro permanenza media è di 13 giorni e sono assistiti da cinquanta medici. Oltre 65 anni fa, quando si svolge questa storia, i medici erano soltanto 5 e i pazienti più di 800, con una degenza che durava anni, magari tutta la vita, a meno che non intervenisse una mano impietosa a interrompere quelle povere esistenze «non degne di essere vissute», secondo la nota definizione di Adolf Hitler che nell' ottobre 1939, pochi giorni dallo scoppio della Seconda guerra mondiale, emanò il decreto che diede via al programma ufficiale di eutanasia per le persone disabili. Un provvedimento che rimase in vigore per un paio d' anni, sino all' agosto 1941, determinando l' assassinio legalizzato attraverso iniezioni di potenti veleni o docce di ossido di carbonio, di oltre 70 mila persone. I vescovi cattolici e i pastori protestanti riuscirono a por fine alla barbarie ufficiale, ma la pratica dell' eutanasia continuò, anche in strutture più decentrate come quella di Hall. Wolfgang Markl, direttore amministrativo della Tilak, società pubblica cui fa capo questo ospedale, ci spiega com' è avvenuta la svolta. «Sapevamo che in una certa area dell' ospedale c'era un cimitero per i degenti poveri, ma il professor Seifert, storico dell' Università di Innsbruck che lavora con noi da cinque anni, pochi mesi fa in uno dei nostri archivi che documentano la storia del nosocomio, fondato nel 1830, ha trovato un libretto con i nomi di 220 degenti deceduti nell' ospedale psichiatrico tra il 1942 e il 1945 e l' indicazione della loro tomba». In un altro archivio sono raccolte tutte le cartelle cliniche, ma avere a disposizione in un unico libretto così tanti nomi ha fatto risaltare, spiega il primario Christian Haring, «un' eccessiva concentrazione di decessi in alcuni periodi, per esempio 30 nel solo marzo 1945». Quanti solitamente ne morivano in un intero anno. Per il momento lo storico, il direttore amministrativo e il primario di psichiatria tengono un profilo basso, ma hanno scelto di annunciare in questi giorni il ritrovamento, contestuale all' inizio dei lavori per un nuovo edificio, che naturalmente sono stati bloccati, in attesa di inviare i resti per esami autoptici all' Università di Monaco. «Ove sarà necessario - dice Markl - si procederà all' esame del Dna». Non tutti i 220 seppelliti nel cimitero dimenticato di Hall furono vittime dell' «eutanasia selvaggia», quella che seguì alla fase di «trattamenti autorizzati». La storia dell' ospedale nord-tirolese, dove non sono ancora cominciati gli scavi nel cimitero abbandonato, che era stato progettato un paio d' anni dopo l' Anschluss perché si pensava di trasformare Hall in uno dei centri di sterminio, è stata da subito seguita dalla comunità altoatesina. Si sa che ad Hall furono uccise almeno 360 persone nell' ambito del progetto di eutanasia ufficiale e ora, con la scoperta dell' elenco dei 220, il dottor Lorenzo Toresini, allievo di Basaglia e primario dei servizi mentali di Merano, ha ricordato il caso dei quattrocento malati «optanti» provenienti dall' ospedale di Pergine, «che una mattina furono messi su pullman con i vetri oscurati, accompagnati sino al Brennero da un gruppo di suore e poi scomparvero nel nulla». Non esclude il dottor Toresini che nell' elenco dei 220 possano esserci dei nomi di quei poveretti. Malati di mente che forse senza saperlo, solo perché parenti di persone che avevano optato, secondo quanto prevedeva un accordo italo germanico, per la nazionalità tedesca, vennero arruolati tra i reietti del Reich. La Provincia di Bolzano si è offerta, ieri, di collaborare all' identificazione delle vittime. Lo storico italiano Gustavo Corni condivide l' idea del collega austriaco Oliver Seifert che questa è un' occasione da non perdere: avviare finalmente un nuovo filone di studi su un capitolo poco conosciuto del nazismo, quello dell' «eutanasia selvaggia».
Dino Messina
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