VI DOMENICA T.O.
Oggi mi sento un po’ in imbarazzo, perché è come se mi avessero presentato un forziere pieno di enormi pietre preziose, consentendomi però di prenderne sono una. La Parola di Dio è straordinariamente abbondante, ma, purtroppo, non posso che toccare una o due cose – il tempo è tiranno e così, anche la nostra attenzione -. Nulla vieta però che ognuno di noi, tornato a casa, si riprenda tra le mani tutta questa meraviglia e se la gusti con calma.
“Voi siete sale e luce” e “vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli”. Già ci siamo detti domenica scorsa che il sale può essere sciolto e messo in qualsiasi cibo, così da valorizzarne il sapore o per evitarne il deperimento; nello stesso modo i cristiani possono stare in qualsiasi realtà umana per darle sapore: “Egli vi ha dispersi in mezzo a esse (le genti) per proclamare la sua grandezza” (Tb 13,3). “I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale … A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo” (Lettera a Diogneto, V,1ss; Vi, 1ss).
“Sciogliersi” per essere presenti in ogni realtà, porta con sé la necessità di mettersi in dialogo con essa. Dialogare, significa avere rispetto per l’altro, nella consapevolezza della sua dignità e della ricchezza che può donare; significa, quindi, non limitarsi a condannarlo o a giudicarlo a priori, partendo eventualmente da preconcetti. Non dimentichiamo che, “la verità, da chiunque venga detta, viene dallo Spirito santo”.
Il dialogo però ha una condizione essenziale: il rispetto reciproco e il reale desiderio di crescere nella verità. Gesù stesso ha rinunciato a dialogare con coloro che non erano aperti alla verità: “gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo”; quando però i farisei si resero conto che non gli conveniva rispondere onestamente, dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose» (Mt 21,23ss). Se manca la disponibilità alla verità, si rischia di fare semplicemente un uso inutile di parole.
Quando ci mettiamo in dialogo col mondo, però, dobbiamo starci da cristiani, sapendo che non portiamo noi stessi, non la nostra verità, non la nostra “luce”, ma quella che Cristo ci ha affidata. Il Vangelo “secondo me”, rischia di non salvare nessuno. “In effetti, la Chiesa ha «una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo […] La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà e della possibilità di un sviluppo umano integrale. Per questo la Chiesa la ricerca, l’annunzia instancabilmente e la riconosce ovunque essa si palesi. Questa missione di verità è per la Chiesa irrinunciabile» (Enc. Caritas in veritate, 9).
Oggi Gesù afferma, citando alcuni pasi dell’A.T.: “ Vi fu detto, … ma io vi dico …”. Puntiamo lo sguardo del cuore su questo: “Ma io vi dico …”. Egli sta parlando innanzitutto della’A.T.; sta dicendo che esso è fondamentale, importantissimo, ma è preparazione, anticipazione e quindi, incompleto – “Sono venuto a dare compimento” -. Egli è venuto a svelarci la vera, piena e definitiva volontà di Dio Padre che, nella prima Alleanza, era ancora velata. Non è venuto a portare nuove norme oltre alle prime, o a chiedere un maggior rigore nell’osservarle, ma a farcene comprendere il senso più profondo. Questo significa che non possiamo più vivere secondo la logica dell’A.T. Con Gesù è venuta una logica diversa e noi possiamo essere luce, se lasciamo che essa plasmi la nostra esistenza.
Anche questa settimana devo chiedere aiuto a un padre della Chiesa per comprendere meglio le parole di Gesù: “La giustizia dei farisei è di non uccidere; la giustizia di coloro che entreranno nel regno di Dio è di non adirarsi senza ragione. Non uccidere perciò è il minimo e chi lo trasgredisce sarà chiamato minimo nel regno dei cieli” (Sant’Agostino, Discorsi, 1,21). Ecco la nuova logica. Pensate come è diversa dalla nostra; quante volte ci siamo messi la coscienza a posto dicendo: “Io non uccido, non rubo …”, pensando che questo sia il massimo. Ebbene Gesù smonta in un momento questa illusione. Egli ci ricorda che, se vogliamo essere dei suoi, non possiamo accontentarci di non fare il male più grande – tutto sommato questo è abbastanza facile -; noi siamo chiamati a scegliere il bene più grande. Gesù non vuole che siamo persone che applicano delle leggi, ma persone trasformate interiormente che vivono in maniera nuova.
Di recente una persona mi diceva sconsolata che non riesce a vivere in maniera normale – ossia come la maggioranza delle persone -; non si è accorta della fortuna che ha, infatti, un cristiano non può vivere come la maggioranza, perché deve vivere come Cristo vuole. Per questo quanto più valgono le parole di Gesù: “Ma io vi dico …” se dall’A.T. proviamo a “spostarle” alla voce del mondo che dice: “Se ti fa piacere, commetti adulterio, basta che nessuno se ne accorga; ripudia tua moglie quando l’amore è finito; non lasciarti mettere i piedi in testa, attacca prima di essere colpito; sono gli altri che devono chiederti scusa; vivi come ti pare, anche se qualcuno può rimanere scandalizzato”.
Dobbiamo sentire la voce di Gesù che continuamente ci dice: “Ma io vi dico …”.
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