III DOMENICA DI QUARESIMA
“Giunse così a una città della Samaria … affaticato per il viaggio …” (Gv 4,4). Lo abbiamo sentito dire decine di volte: per i Giudei, i Samaritani erano degli intoccabili, assolutamente da evitare in quanto eretici. Eppure Gesù si dirige volutamente da loro e non contento si ferma a parlare con una delle loro donne. Sentite cosa afferma un detto dei rabbini:
“Non si deve stare solo con una donna in un alloggio, neppure con la propria sorella e con la propria figlia … Non si deve chiacchierare con una donna sulla strada, nemmeno con la propria moglie e men che meno con una donna altrui … Ogni volta che qualcuno si intrattiene a lungo con una donna, va incontro alla sventura, diserta la Thorà e alla fine eredita la Geenna”. Questa donna va al pozzo proprio nell'ora più calda del giorno; come mai? Forse perché non vuole incontrare nessuno, non vuole dare occasione agli altri di additarla. Ella è stata ripudiata cinque volte da cinque uomini diversi. E' una donna ferita e umiliata. Gesù va in cerca di lei.
Ecco perché è stanco il Signore, perché va a cercare la pecora smarrita. Un versetto del “Dies irae” dice: “Per cercarmi ti sei seduto stanco, per salvarmi hai patito la croce”. Dio va in cerca della persona assettata, per dissetarla, di quella malata per guarirla, di quella perduta, per riportarla a casa. Scrive Madeleine Delbrel: “Se amate soltanto quelli che vi amano” … voi non avrete bisogno di andare: essi verranno a voi. Ma se amate quelli che non vi amano … bisognerà continuamente marciar verso di loro” (La gioia di credere).
Nella Scrittura il pozzo è il luogo dell’incontro tra il servo di Abramo e Rebecca (sposa di Isacco), di Giacobbe e di Rachele sua moglie, di Mosè e Sipporà. Lì essi si sono incontrati per poi sposarsi. Lì il signore va a incontrare chi è lontano per diventare il suo sposo. Il Signore non si accontenta di un rapporto tra conoscenti, vuole essere unito a noi e non gli importa chi siamo e che cosa abbiamo fatto.
Egli offre l’acqua viva – nella Bibbia indica l’acqua fresca di sorgente che scaturisce pura e fresca – a chi ha sete. Già nel passato Dio ha redarguito il suo popolo dicendogli: “ha abbandonato me, sorgente di acqua viva e si è scavato cisterne , cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua” (Ger 2,13). Per la Samaritana l’invito a chiedere l’acqua viva, era a non accontentarsi dell’acqua capace di dissetare il corpo, ma nemmeno dell’acqua del pozzo Giacobbe, la Legge donata da Mosè – tra l’altro nemmeno conservata nella sua purezza -, per noi invece è un invito a non accontentarci di nulla che non sia la Parola di Dio donataci da Cristo. Gesù si siede al pozzo, perché è Lui la nuova sorgente alla quale andare a bere per dissetarsi. Sa Dio quanta sete, anzi arsura, ha l’umanità oggi. Basta accontentarsi di parole, quando si ha la Parola; basta accontentarsi di acqua stagnante, quando si ha l’acqua viva!
La sorgente è stata definitivamente aperta il giorno della Pasqua, quando il Cristo è stato trafitto dalla lancia e da Lui sono sgorgati sangue e acqua. Quell’acqua è lo Spirito santo – lo dichiara Gesù stesso durante la festa delle Capanne: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito” (Gv 7,37ss). Perché non andare “come la cerva ai corsi d’acqua”, alla sorgente dello Spirito che da oltre duemila anni si è incanalata nella Sacra Scrittura, nei Sacramenti, nella parola dei nostri pastori e di migliaia di testimoni?
Perché invece di essere pozzi dai quali scaturisce un’acqua fresca, capace di dissetare gli altri, anche noi stiamo rischiando di diventare cisterne screpolate? Forse perché abbiamo chiuso il collegamento con la sorgente?
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