VI ► Al di là delle varie formulazioni successive, il tenore originario del sesto comandamento era piuttosto questo: «Non commettere adulterio». Il verbo ebraico usato, na’af, si riferisce infatti all’ambito matrimoniale e il comandamento -sia pure sotto il velo dell’imperativo negativo- vorrebbe sostenere soprattutto il matrimonio nella sua dignità e nei suoi diritti e doveri.
Questo tema era particolarmente caro alla dottrina biblica e aveva ricevuto varie trattazioni, non di rado segnate dal fatto che la Rivelazione divina è incarnata e quindi riflette una società e una cultura. Così, data la concezione maschilista dell’antico Vicino Oriente, nelle norme di diritto matrimoniale la donna era sfavorita e, nel caso dell’adulterio, la presunzione di colpa cadeva prima di tutto su di lei. Inoltre, nell’antico Israele vigeva l’istituto del divorzio, codificato nel Dt (24, 1).
Ed è altrettanto noto che Cristo riporterà il matrimonio alla sua dignità e grandezza originaria di donazione totale, d’amore, come insegnava la Gn: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così».
Già l’AT, però, aveva esaltato la bellezza dell’amore nuziale al punto da adottarlo come simbolo del rapporto di intimità tra il Signore e il suo popolo. Si pensi alla storia autobiografica del profeta Osea fatta assurgere a parabola religiosa (cap. 1-3). Oppure si provi a leggere il cap. 54 di Isaia e il cap. 16 di Ezechiele.
Ma nella Bibbia c’è anche quello splendido poemetto che è il Cantico dei Cantici, fatto di solo 1250 parole ebraiche, eppure capace di intessere una stupenda celebrazione dell’amore umano «forte come la morte», sorgente di donazione totale assoluta: «Il mio amato è mio e io sono sua… Io sono del mio amato e il mio amato è mio».
Il tema matrimoniale, considerato in sé e applicato come immagine della relazione d’alleanza tra Dio e l’umanità, apparirà anche nel NT, a partire dalle stesse parabole ‘nuziali’ di Gesù (Mt 22, 1-14 e 25, 1-12).
Paolo, scrivendo ai cristiani di Efeso, intuisce nel matrimonio cristiano «un mistero grande, in riferimento a Cristo e alla Chiesa», per cui «i mariti devono amare le loro mogli come Cristo ha amato la Chiesa».
È alla luce di questa prospettiva che la Chiesa ha riconosciuto al matrimonio cristiano la dignità di sacramento. L’unione d’amore tra l’uomo e la donna nella sua pienezza porta il sigillo della grazia e della presenza di Dio. È per questo che la violazione del sesto comandamento acquista nella visione cristiana una gravità maggiore e una dimensione nuova rispetto al tenore primitivo del precetto.
L’estensione del comandamento a tutta la morale sessuale operata dalla tradizione rimane, comunque, legittimo. Il matrimonio è, infatti, considerato dalla Bibbia come la figura simbolica di tutte le relazioni interpersonali, dei loro splendori e delle loro miserie, dei valori e dei limiti, delle virtù e dei vizi. Anzi, la stessa visione che la Sacra Scrittura offre della persona umana nella sua compiutezza e pienezza è scandita proprio dalla bipolarità sessuale.
Significativo è il passo di Gn 1, 27, ove ciò è espresso, in stile semitico, mediante un curioso parallelismo chiastico progressivo:
«Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò,
maschio e femmina li creò».
L’ “immagine” divina stampata nell’uomo si attua non nel maschio soltanto ma nell’uomo e nella donna, nell’essere maschio e femmina; e non certo perché Dio abbia accanto a sé una dea (come volevano le religioni dei popoli vicini ad Israele), ma perché l’amore fecondo tra uomo e donna riflette l’amore creatore del Signore. In quella pagina, infatti, si descrive la creazione operata da Dio.
Il messaggio del sesto comandamento è, allora, l’appello a ritrovare nella relazione tra l’uomo e la donna la ricchezza di valori che erano nel disegno del Creatore. Come insegna il Cantico dei cantici, la persona umana non vive il sesso in modo meramente fisiologico e istintivo, ma lo può trasfigurare in eros, segno di sentimento, di bellezza e di tenerezza, e soprattutto lo può condurre a essere amore, che è donazione e comunione totale.
Il sesto comandamento è anche, indirettamente, l’invito a vivere le altre relazioni di comunicazione interpersonale e di amicizia e le stesse pulsioni fisiologiche e psicologiche all’interno di una visione di armonia, di coerenza, di limpidità, di dominio di sé, di onestà e di
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