Hotrovato diversi
elementi per riflettere sulla relazione dei Frati Minori con la Chiesa.
Innanzitutto incontriamo un Francesco che vive lui stesso la crisi di
comunione all’interno dei frati. Ha troppi frati! E il numero nella
Bibbia non è mai un valore, anzi un pericolo. Molti frati chiedono, sia a
Francesco che alla Chiesa nel nome del cardinale, di rivedere l’insieme
della vita della Fraternità. Desiderano un Ordine ben strutturato,
efficiente come quello degli agostiniani o benedettini. Francesco pur
affidando la sua Fraternità alla Chiesa non lo fa passivamente. Non gli
basta affidare tutto alla Chiesa, ma vuole rimandare sia i frati che il
cardinale al valore ultimo del Vangelo. Francesco non cesserà di
difendere questa priorità assoluta fino alla morte. Nella Regola si
appella alla Chiesa, al cardinale come “governatore,correttore e
protettore di questa fraternità”(Rb 12,3); tuttavia è sempre ben
cosciente che il Signore lo ha chiamato a un carisma particolare che non
va tradito, con il rischio di impoverire la Chiesa stessa.
Il carisma che Francesco ha ricevuto da Dio lo vivrà sempre nella
Chiesa e con la Chiesa. Lo stile di vita che ha scelto è tipico dei
gruppi scismatici del tempo: nomade, itinerante, affidato completamente
alla provvidenza di Dio; ma la grande novità consisterà proprio quella
di essere sempre intimamente unito alla Chiesa, luogo di salvezza e di
incontro con Dio, soprattutto nei sacramenti.
Francesco soffre il dramma di una Chiesa ferita dalle sue fragilità, la Chiesa santa e peccatrice, ma non si scandalizza, non la giudica. Non si erge a giudice dei sacerdoti o vescovi che non vivono come dovrebbero vivere: comincia lui stesso a vivere una vita evangelica radicale, senza sconti, rimandi o compromessi. E’ qui il cuore della sua comunione con la Chiesa: questa compassione e questo amore viscerale per il Vangelo e per la Chiesa! E’ su questa priorità che costruisce tutte le sue relazioni. La stessa Chiara, l’interprete più fedele dell’ideale di Francesco, al papa che voleva dispensarla da una povertà troppo radicale, risponde:”Santità, può sì dispensarmi dalla povertà, ma non dal Vangelo”!
Francesco non ha paura, seguendo il Vangelo, di camminare su una strada diversa da quella che era la politica papale del tempo. Ecco perché parte con i crociati, ma poi si stacca da loro e va ad incontrare il sultano. La riconciliazione, la comunione, la fraternità universale sono valori evangelici assoluti e irrinunciabili a cui Francesco si ispira per aiutare la Chiesa a viverli. Questo impegno per la riconciliazione, cuore del messaggio evangelico, lo accompagnerà fino agli ultimi giorni della sua vita quando riuscirà a sanare la discordia tra il vescovo e il Podestà di Assisi; e aggiunge così una strofa al cantico delle creature.
Francesco soffre il dramma di una Chiesa ferita dalle sue fragilità, la Chiesa santa e peccatrice, ma non si scandalizza, non la giudica. Non si erge a giudice dei sacerdoti o vescovi che non vivono come dovrebbero vivere: comincia lui stesso a vivere una vita evangelica radicale, senza sconti, rimandi o compromessi. E’ qui il cuore della sua comunione con la Chiesa: questa compassione e questo amore viscerale per il Vangelo e per la Chiesa! E’ su questa priorità che costruisce tutte le sue relazioni. La stessa Chiara, l’interprete più fedele dell’ideale di Francesco, al papa che voleva dispensarla da una povertà troppo radicale, risponde:”Santità, può sì dispensarmi dalla povertà, ma non dal Vangelo”!
Francesco non ha paura, seguendo il Vangelo, di camminare su una strada diversa da quella che era la politica papale del tempo. Ecco perché parte con i crociati, ma poi si stacca da loro e va ad incontrare il sultano. La riconciliazione, la comunione, la fraternità universale sono valori evangelici assoluti e irrinunciabili a cui Francesco si ispira per aiutare la Chiesa a viverli. Questo impegno per la riconciliazione, cuore del messaggio evangelico, lo accompagnerà fino agli ultimi giorni della sua vita quando riuscirà a sanare la discordia tra il vescovo e il Podestà di Assisi; e aggiunge così una strofa al cantico delle creature.
Francesco nella Chiesa, con la Chiesa e in vista del Regno.
Il gesto di Francesco di prendere per la mano è il gesto di
comunione, dell’amore, del camminare insieme come due amici. Francesco
prende il Cardinale per la mano e lo conduce davanti all’assemblea dei
suoi frati per rinsaldare la loro comunione sul Vangelo e all’interno
della Chiesa. Nello stesso tempo il cardinale si lascia prendere per la
mano, si lascia provocare da Francesco e lo ascolta: si tratta
dell’incontro tra intuizione(carisma) e istituzione. Sono le due
dimensioni fondamentali della Chiesa pellegrina su questa terra. Quando
la Chiesa si chiude su sé stesa e si arrocca nelle sue sicurezze
istituzionali, è in pericolo. Il prevalere delle strutture esterne sulla
vita dello spirito, può danneggiare gravemente qualunque istituto e la
Chiesa stessa.
La tensione carisma-istituzione che ha accompagnato la vita di Francesco, ha sempre accompagnato anche i frati minori lungo tutta la storia, creando tensioni costruttive e, altre volte purtroppo distruttive. Nello stesso tempo è più facile porre l’Ordine a servizio delle strutture pastorali, per una maggiore efficienza della Chiesa stessa; come operai a servizio dell’istituzione, che come forza profetica rinnovatrice.E la Chiesa ne esce impoverita, mentre l’Ordine perde la sua forza e la sua creatività. La vita religiosa o è creativa o non esiste!
In questa tensione lo spirito evangelico di Francesco, anche lungo i secoli non è stato né soffocato, né deformato, né impoverito dalla istituzione ecclesiale. E questo è di grande insegnamento per noi tutti!
Francesco, restando fedele alla Chiesa, ”ha istillato un germe di “follia” evangelica che l’ha scossa, messa in crisi e rinnovata molte volte nel corso dei secoli”.(André Vauchez)
E noi, siamo abitati da questa “follia”?
La tensione carisma-istituzione che ha accompagnato la vita di Francesco, ha sempre accompagnato anche i frati minori lungo tutta la storia, creando tensioni costruttive e, altre volte purtroppo distruttive. Nello stesso tempo è più facile porre l’Ordine a servizio delle strutture pastorali, per una maggiore efficienza della Chiesa stessa; come operai a servizio dell’istituzione, che come forza profetica rinnovatrice.E la Chiesa ne esce impoverita, mentre l’Ordine perde la sua forza e la sua creatività. La vita religiosa o è creativa o non esiste!
In questa tensione lo spirito evangelico di Francesco, anche lungo i secoli non è stato né soffocato, né deformato, né impoverito dalla istituzione ecclesiale. E questo è di grande insegnamento per noi tutti!
Francesco, restando fedele alla Chiesa, ”ha istillato un germe di “follia” evangelica che l’ha scossa, messa in crisi e rinnovata molte volte nel corso dei secoli”.(André Vauchez)
E noi, siamo abitati da questa “follia”?
Come noi, Francesco vive un cambiamento di epoca; e in questi periodi
non ci si può addormentare o accontentare di amministrare il “sempre
fatto”, quasi per garantire le nostre sicurezze e quelle della Chiesa:
si rimarrebbe fuori dalla storia. Mentre la missione della Chiesa è
proprio quella di anticipare la storia, proiettandola verso il futuro,
poiché “siamo già futuro”. E in questo la Chiesa ha bisogno di profeti
che “hanno gli occhi fissi sul Dio che viene”(M. Buber), e che sanno
inventare cammini nuovi. Il vescovo di Assisi come il cardinale
Ugolino(futuro papa Gregorio IX) hanno intuito e riconosciuto in
Francesco l’uomo profetico del tempo, che di fatto ha cambiato la Chiesa
e la storia.
Tutti- Ordine e Chiesa – siamo chiamati a ritrovare questa dimensione profetica che ci abita. La Chiesa ha bisogno di profeti, ha bisogno della luce dello Spirito per riconoscere i profeti che già vivono in mezzo a noi e accompagnarli con coraggio. “Oggi non c’è bisogno di grandi profeti, ma di piccoli profeti che vivano con semplicità, senza chiasso, la radicalità evangelica”(J.B. Metz). Non si deve aver paura della tensione che si può creare tra intuizione e istituzione, tra valori e strutture, occorre soltanto riconciliare tutto questo e far diventare questa tensione costruttiva. “La Chiesa ha bisogno della sua eterna Pentecoste; ha bisogno di fuoco nel suo cuore, di parole sulle sue labbra, di profezia nel suo sguardo”(Paolo VI).
Tutti- Ordine e Chiesa – siamo chiamati a ritrovare questa dimensione profetica che ci abita. La Chiesa ha bisogno di profeti, ha bisogno della luce dello Spirito per riconoscere i profeti che già vivono in mezzo a noi e accompagnarli con coraggio. “Oggi non c’è bisogno di grandi profeti, ma di piccoli profeti che vivano con semplicità, senza chiasso, la radicalità evangelica”(J.B. Metz). Non si deve aver paura della tensione che si può creare tra intuizione e istituzione, tra valori e strutture, occorre soltanto riconciliare tutto questo e far diventare questa tensione costruttiva. “La Chiesa ha bisogno della sua eterna Pentecoste; ha bisogno di fuoco nel suo cuore, di parole sulle sue labbra, di profezia nel suo sguardo”(Paolo VI).
Francesco ha intuito le aspirazioni profonde dell’uomo e della donna
del suo tempo perché ha voluto condividere la vita dei suoi
contemporanei. Non si è mai separato da nessuno e ha inventato una
spiritualità nomade, dell’incontro, missionaria: ha portato il Vangelo
sulle strade degli uomini. La Chiesa ha bisogno di ridiventare più
missionaria; missionarietà che è espressione di una fede viva; “è la
misura esatta della nostra fede”(RM 11). Spesso preferiamo pescare negli
acquari che nel mare aperto! Stiamo perdendo il dialogo con il nostro
mondo, forse perché ci stiamo troppo assimilando al mondo!
“Va Francesco, ripara la mia casa, che come vedi va tutta in rovina”.
Francesco si è messo subito all’opera; e la sua intenzione non era
quella di riformare la Chiesa, né tanto meno di essere usato per
rafforzare il suo potere e la sua influenza. Ciò che contava era il
ritorno al Vangelo, in un impegno di comunione e riconciliazione aperta a
tutti gli uomini e le donne del mondo.
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