Questo incredibile romanzo è stato scritto nel 1907 da un sacerdote cattolico, figlio dell'arcivesco anglicano di Canterbury. Il brano che vi propongo fa riferimento alla morte per eutanaia della moglie del protagonista. Il fatto più straordinario è che con un secolo di anticipo il nostro autore - alla luce della fede, che rende capaci di leggere in profondità la realtà -, aveva già previsto come sarebbero andate le cose. 
Proprio questa mattina il quotidiano Avvenire informa che in Olanda verrà aperta una "clinica" per l'eutanasia, con servizio a domicilio, per chi fosse ostacolato nella realizzazione della decisione presa. 
Buona lettura 
“Aveva trascorso otto giorni di prova in quel rifugio. Ora era 
libera di fare ciò per cui era venuta. Il sabato della settimana prima, 
davanti
 a un magistrato, aveva sostenuto l’esame, confidandogli, sotto le 
solite condizioni del segreto, nome, età,domicilio, e i motivi per i 
quali aveva chiesto l’applicazione dell’eutanasia.
Fu promossa a meraviglia.
Scelse come luogo Manchester: le pareva una città
 abbastanza lontana e abbastanza grande da permetterle di sfuggire alla 
ricerca di Oliviero. Dopo la sua fuga, infatti, nessuno riuscì a 
rintracciarla: non ebbe sentore delle ricerche del marito, giacché, in 
questi casi, la polizia difendeva i fuggitivi da coloro che  li 
cercavano. Il personalismo era infatti ammesso solo nel caso in cui uno 
volesse abbandonare la vita perchè ne sentiva il tedio.  
Mabel ricorse senza alcuno scrupolo a questo espediente legale, 
non sapendo a che altro appigliarsi: lo stiletto esigeva coraggio e 
ferma decisione; dell’arma da fuoco aveva paura; il veleno poi, nel 
nuovo regime di polizia, era difficilissimo a trovarsi. Inoltre voleva 
mettere alla prova la sua intenzione e voleva essere ben sicura che non 
le restasse altra via d’uscita. 
Ora si sentiva sicurissima. Aveva pensato alla morte, per la 
prima volta, a causa delle sofferenze atroci che avevano provocato in 
lei le violenze dell’ultimo anno: ma aveva poi scacciato questa idea, 
convinta del fatto che, come  le dicevano, l’uomo immaturo era ancora 
soggetto a ricadute. Ma in seguito quel pensiero le era riapparso come 
un demone tentatore, proprio nel mezzo di quella chiarezza da pieno 
giorno che le era nata con le dichiarazioni di Felsemburg. Questo demone
 le stava sempre dinnanzi, per quanto cercasse di opporgli resistenza. 
Si illudeva che quelle dichiarazioni che tanto la facevano inorridire, 
non sarebbero mai diventate reali! però quando la teoria divenne legge 
promulgata, Mabel cedette alla tentazione con tutta se stessa.
Da quell’istante, erano trascorsi otto giorni; 
non aveva mai avuto un attimo di debolezza: aveva però smesso di 
condannare, perchè si era convinta dell’inutilità di ogni 
recriminazione.
Sapeva di non poter reggere davanti al fatto; 
sapeva di non riuscire a capire la nuova fede; e capiva che, comunque 
fosse stato per gli altri, per lei non vi era più speranza. E poi non 
lasciava figli.  
Gli otto giorni stabiliti per legge pessarono nella tranquilltà. 
Mabel aveva con sé denaro sufficiente per essere accolta in una di 
quelle case private, cosiddette Case di rifugio, fornite di tutte le 
comodità proprie di una vita signorile.
Le infermiere si erano mostrate molto gentili e attente, per cui non poteva certo lamentarsi di loro.
 Naturalmente non le mancò la 
sofferenza, reazione assolutamente inevitabile: passò la prima notte in 
una condizione pietosa, sdraiata nel buio soffocante della stanza e 
tutta la sua sensibile natura lottava e protestava per quel destino che 
pareva ineluttabile. La sua sensibilità le faceva desiderare le cose più
 familiari, le richiedeva nutrimento, aria, compagnia. Di fronte 
all’abisso tenebroso nel quale stava inevitabilmente per  entrare 
nascondeva il volto, carica d’orrore.
La lotta era affannosa; ebbe momenti di calma 
solo quando una voce più profonda le mormorava che la morte non era la 
fine di tutto. 
Il mattino del secondo giorno, rinvenne: la volontà aveva 
riacquistato la sua forza e aveva cancellato ogni segreta speranza di 
vivere. 
Allora la sua sofferenza trovò un’altra causa, più positiva: 
ricordava le scandalose rivelazioni che, dieci anni prima, avevano messo
 in subbuglio tutta l’Inghilterra e avevano indotto il governo a mettere
 sotto sorveglianza le case dell’eutanasia. Era stato accertato, 
infatti, che per anni e anni, nei grandi laboratori di vivisezione erano
 stati usati per le sperimentazioni soggetti umani. A molti, che erano 
entrati nelle case private di eutanasia per togliersi la vita come lei, 
venne somministrato un gas che sospendeva le funzioni vitali, invece di 
uccidere. Ma col nuovo giorno passò anche questo tipo di sofferenza: era
 impossibile che certe cose si verificasero anche nel nuovo regime, 
soprattutto in Inghilterra. Proprio per questo non era andata a cercare 
la morte nel continente europeo: in quei luoghi, la logica superava il 
sentimento e il materialismo era portato alle estreme conseguenze; se 
gli uomini non erano che puri e semplici animali, le conclusioni erano 
inevitabili.
Vi fu poi solo un altro inconveniente, di carattere fisico: c’era un caldo insopportabile, sia di giorno che di notte.
Gli scienziati dicevano che questo proveniva da 
una sconosciuta corrente di calore, ma c’erano mille ipotesi diverse che
 si contraddicevano l’una con l’altra. Era vergognoso, pensava Mabel, 
che uomini che avevano il mondo fra le mani fossero sconfitti da cose 
così piccole!
 (…)
 C’era un’altra cosa che avrebbe voluto 
sapere: l’effetto prodotto sul mondo dall’entrata in vigore del nuovo 
decreto. L’infermiera potè darle solo notizie molto vaghe. Sapeva che 
erano state commesse, in alcuni luoghi, sporadiche violenze: ma la legge
 non era stata applicata totalmente. Una settimana, poi, era uno spazio 
di tempo molto ristretto e, sebbene il decreto avesse avuto immediato 
valore normativo, i magistrati per ora si limitavano a fare i censimenti
 prescritti. 
Quella mattina, se ne stava, sveglia, nel letto. Guardava i 
colori del soffittto e i mobili della camera. Le pareva che il caldo 
fosse diventato ancora più insopportabile: dapprima pensò di avere 
dormito troppo a lungo, ma poi il suo orologio (…) le assicurò che erano
 soltanto le quattro. Dunque restavano ancora poche ore di sofferenza. 
Alle otto sarebbe tutto finito! le restava solo da scrivere a Oliviero e
 fare gli ultimi preparativi.  
Non aveva il minimo dubbio sulla moralità (cioè sul rapporto tra 
ciò che stava facendo e la vita comune degli uomini) del suo gesto. 
Credeva, come tutti gli umanitaristi, che i dolori del corpo fossere un 
sufficiente motivo per il suicidio, così come i dolori dello spirito. 
Quando il disagio aveva raggiunto un punto tale da rendere l’individuo 
inutile a sé e agli altri, il suicidio era il più alto gesto di carità. 
Certo, prima, non aveva mai pensato di dover giungere a tal punto. Anzi,
 si era sentita sempre così legata alla vita.  Ma ora era in questa 
condizione: ormai era indiscutibile la necessità di porvi fine.  
Ricordò più volte l’incontro con Mister Francis [un sacerdote 
della chiesa cattolica che aveva voluto incontrare ndr]. Si era recata 
da lui seguendo un impulso istintivo; Mabel voleva sentire anche l’altra
 parte: voleva sapere se il cristianesimo era ridicolo così come sempre 
aveva creduto. Non era certo ridicolo; le era sembrato, anzi, 
estremamente patetico: un dramma carico di fascino, uno squisito brano 
di poesia. Come sarebbe stata felice di credervi! Ma sentiva di non 
potere. No! Un Dio trascendente era assurdo, sebbene non fosse meno 
assurda l’idea di un’Umanità infinita. E poi, l’incarnazione. Basta! Non
 se la sentiva. Perciò, nessuna via d’uscita: l’unica vera religione era
 quella umanitaria. L’uomo era dio o per lo meno, la sua più alta 
manifestazione. Ma con questo dio ella non voleva avere più niente a che
 fare.
(…)
(…)
Ricordò poi Felsemburg e si stupì di nutrire per lui tutt’altri 
sentimenti. Era indubbiamente l’uomo più uomo apparso sulla faccia della
 terra. Chissà: forse, come lui diceva di se stesso, era davvero 
l’incarnazione dell’uomo ideale, la prima manifestazione perfetta 
dell’umanità.. Ma la sua logica di condotta era troppo coerente; certo 
era stata la sua coerenza a spingerlo alla distruzione di Roma e a fare,
 dopo sette giorni, una dichiarazione come quella che aveva fatto! 
 Seguendo la logica, egli aveva 
condannato la violenza dell’uomo contro l’uomo, del regno contro l’altro
 regno, della setta contro l’altra setta. Aveva condannato la violenza 
che porta al suicidio della razza: la violenza, non l’azione violenta 
particolare. Così come era logico il suo ultimo decreto, atto giuridico 
giusto del mondo unito contro una piccola minoranza [i cristiani ndr] 
che mettteva in pericolo gli stessi fondamenti della vita e della fede… E
 poi da applicare con estrema carità: nessun ricatto, nessuna violenza 
settaria (a meno che non si volesse definire ricattatore e  violento 
l’uomo che si fa tagliare un braccio che sta andando in cancrena…) (..) 
Certo: una cosa logica e coerente! ma ciò per lei era impossibile da 
accettare (…)
 Fu presa dal dormiveglia mentre pensava
 queste cose. Dopo cinque o sei minuti di questo assopimento, vide il 
volto gentile e sorridente di un’infermiera vestita di bianco che si 
chinava su di lei. “Mia cara! Tra poco saranno le sei. E’ l’ora che 
abbiamo fissata. Sono venuta a sentire se desidera la colazione”  
Le vicende successive  (e anche quelle precedenti)  le potrete scoprire leggendo l’interessantissimo romanzo!
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