Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 13 febbraio 2012

Da “Il padrone del mondo” di R. Benson

Questo incredibile romanzo è stato scritto nel 1907 da un sacerdote cattolico, figlio dell'arcivesco anglicano di Canterbury. Il brano che vi propongo fa riferimento alla morte per eutanaia della moglie del protagonista. Il fatto più straordinario è che con un secolo di anticipo il nostro autore - alla luce della fede, che rende capaci di leggere in profondità la realtà -, aveva già previsto come sarebbero andate le cose. 
Proprio questa mattina il quotidiano Avvenire informa che in Olanda verrà aperta una "clinica" per l'eutanasia, con servizio a domicilio, per chi fosse ostacolato nella realizzazione della decisione presa.

Buona lettura 


“Aveva trascorso otto giorni di prova in quel rifugio. Ora era libera di fare ciò per cui era venuta. Il sabato della settimana prima, davanti a un magistrato, aveva sostenuto l’esame, confidandogli, sotto le solite condizioni del segreto, nome, età,domicilio, e i motivi per i quali aveva chiesto l’applicazione dell’eutanasia.
Fu promossa a meraviglia.
Scelse come luogo Manchester: le pareva una città abbastanza lontana e abbastanza grande da permetterle di sfuggire alla ricerca di Oliviero. Dopo la sua fuga, infatti, nessuno riuscì a rintracciarla: non ebbe sentore delle ricerche del marito, giacché, in questi casi, la polizia difendeva i fuggitivi da coloro che  li cercavano. Il personalismo era infatti ammesso solo nel caso in cui uno volesse abbandonare la vita perchè ne sentiva il tedio.  
Mabel ricorse senza alcuno scrupolo a questo espediente legale, non sapendo a che altro appigliarsi: lo stiletto esigeva coraggio e ferma decisione; dell’arma da fuoco aveva paura; il veleno poi, nel nuovo regime di polizia, era difficilissimo a trovarsi. Inoltre voleva mettere alla prova la sua intenzione e voleva essere ben sicura che non le restasse altra via d’uscita. 
Ora si sentiva sicurissima. Aveva pensato alla morte, per la prima volta, a causa delle sofferenze atroci che avevano provocato in lei le violenze dell’ultimo anno: ma aveva poi scacciato questa idea, convinta del fatto che, come  le dicevano, l’uomo immaturo era ancora soggetto a ricadute. Ma in seguito quel pensiero le era riapparso come un demone tentatore, proprio nel mezzo di quella chiarezza da pieno giorno che le era nata con le dichiarazioni di Felsemburg. Questo demone le stava sempre dinnanzi, per quanto cercasse di opporgli resistenza. Si illudeva che quelle dichiarazioni che tanto la facevano inorridire, non sarebbero mai diventate reali! però quando la teoria divenne legge promulgata, Mabel cedette alla tentazione con tutta se stessa.
Da quell’istante, erano trascorsi otto giorni; non aveva mai avuto un attimo di debolezza: aveva però smesso di condannare, perchè si era convinta dell’inutilità di ogni recriminazione.
Sapeva di non poter reggere davanti al fatto; sapeva di non riuscire a capire la nuova fede; e capiva che, comunque fosse stato per gli altri, per lei non vi era più speranza. E poi non lasciava figli.  
Gli otto giorni stabiliti per legge pessarono nella tranquilltà. Mabel aveva con sé denaro sufficiente per essere accolta in una di quelle case private, cosiddette Case di rifugio, fornite di tutte le comodità proprie di una vita signorile.
Le infermiere si erano mostrate molto gentili e attente, per cui non poteva certo lamentarsi di loro.
 Naturalmente non le mancò la sofferenza, reazione assolutamente inevitabile: passò la prima notte in una condizione pietosa, sdraiata nel buio soffocante della stanza e tutta la sua sensibile natura lottava e protestava per quel destino che pareva ineluttabile. La sua sensibilità le faceva desiderare le cose più familiari, le richiedeva nutrimento, aria, compagnia. Di fronte all’abisso tenebroso nel quale stava inevitabilmente per  entrare nascondeva il volto, carica d’orrore.
La lotta era affannosa; ebbe momenti di calma solo quando una voce più profonda le mormorava che la morte non era la fine di tutto. 
Il mattino del secondo giorno, rinvenne: la volontà aveva riacquistato la sua forza e aveva cancellato ogni segreta speranza di vivere. 
Allora la sua sofferenza trovò un’altra causa, più positiva: ricordava le scandalose rivelazioni che, dieci anni prima, avevano messo in subbuglio tutta l’Inghilterra e avevano indotto il governo a mettere sotto sorveglianza le case dell’eutanasia. Era stato accertato, infatti, che per anni e anni, nei grandi laboratori di vivisezione erano stati usati per le sperimentazioni soggetti umani. A molti, che erano entrati nelle case private di eutanasia per togliersi la vita come lei, venne somministrato un gas che sospendeva le funzioni vitali, invece di uccidere. Ma col nuovo giorno passò anche questo tipo di sofferenza: era impossibile che certe cose si verificasero anche nel nuovo regime, soprattutto in Inghilterra. Proprio per questo non era andata a cercare la morte nel continente europeo: in quei luoghi, la logica superava il sentimento e il materialismo era portato alle estreme conseguenze; se gli uomini non erano che puri e semplici animali, le conclusioni erano inevitabili.
Vi fu poi solo un altro inconveniente, di carattere fisico: c’era un caldo insopportabile, sia di giorno che di notte.
Gli scienziati dicevano che questo proveniva da una sconosciuta corrente di calore, ma c’erano mille ipotesi diverse che si contraddicevano l’una con l’altra. Era vergognoso, pensava Mabel, che uomini che avevano il mondo fra le mani fossero sconfitti da cose così piccole!
 (…)
 C’era un’altra cosa che avrebbe voluto sapere: l’effetto prodotto sul mondo dall’entrata in vigore del nuovo decreto. L’infermiera potè darle solo notizie molto vaghe. Sapeva che erano state commesse, in alcuni luoghi, sporadiche violenze: ma la legge non era stata applicata totalmente. Una settimana, poi, era uno spazio di tempo molto ristretto e, sebbene il decreto avesse avuto immediato valore normativo, i magistrati per ora si limitavano a fare i censimenti prescritti. 
Quella mattina, se ne stava, sveglia, nel letto. Guardava i colori del soffittto e i mobili della camera. Le pareva che il caldo fosse diventato ancora più insopportabile: dapprima pensò di avere dormito troppo a lungo, ma poi il suo orologio (…) le assicurò che erano soltanto le quattro. Dunque restavano ancora poche ore di sofferenza. Alle otto sarebbe tutto finito! le restava solo da scrivere a Oliviero e fare gli ultimi preparativi.  
Non aveva il minimo dubbio sulla moralità (cioè sul rapporto tra ciò che stava facendo e la vita comune degli uomini) del suo gesto. Credeva, come tutti gli umanitaristi, che i dolori del corpo fossere un sufficiente motivo per il suicidio, così come i dolori dello spirito. Quando il disagio aveva raggiunto un punto tale da rendere l’individuo inutile a sé e agli altri, il suicidio era il più alto gesto di carità. Certo, prima, non aveva mai pensato di dover giungere a tal punto. Anzi, si era sentita sempre così legata alla vita.  Ma ora era in questa condizione: ormai era indiscutibile la necessità di porvi fine.  
Ricordò più volte l’incontro con Mister Francis [un sacerdote della chiesa cattolica che aveva voluto incontrare ndr]. Si era recata da lui seguendo un impulso istintivo; Mabel voleva sentire anche l’altra parte: voleva sapere se il cristianesimo era ridicolo così come sempre aveva creduto. Non era certo ridicolo; le era sembrato, anzi, estremamente patetico: un dramma carico di fascino, uno squisito brano di poesia. Come sarebbe stata felice di credervi! Ma sentiva di non potere. No! Un Dio trascendente era assurdo, sebbene non fosse meno assurda l’idea di un’Umanità infinita. E poi, l’incarnazione. Basta! Non se la sentiva. Perciò, nessuna via d’uscita: l’unica vera religione era quella umanitaria. L’uomo era dio o per lo meno, la sua più alta manifestazione. Ma con questo dio ella non voleva avere più niente a che fare.
(…) 
Ricordò poi Felsemburg e si stupì di nutrire per lui tutt’altri sentimenti. Era indubbiamente l’uomo più uomo apparso sulla faccia della terra. Chissà: forse, come lui diceva di se stesso, era davvero l’incarnazione dell’uomo ideale, la prima manifestazione perfetta dell’umanità.. Ma la sua logica di condotta era troppo coerente; certo era stata la sua coerenza a spingerlo alla distruzione di Roma e a fare, dopo sette giorni, una dichiarazione come quella che aveva fatto! 
 Seguendo la logica, egli aveva condannato la violenza dell’uomo contro l’uomo, del regno contro l’altro regno, della setta contro l’altra setta. Aveva condannato la violenza che porta al suicidio della razza: la violenza, non l’azione violenta particolare. Così come era logico il suo ultimo decreto, atto giuridico giusto del mondo unito contro una piccola minoranza [i cristiani ndr] che mettteva in pericolo gli stessi fondamenti della vita e della fede… E poi da applicare con estrema carità: nessun ricatto, nessuna violenza settaria (a meno che non si volesse definire ricattatore e  violento l’uomo che si fa tagliare un braccio che sta andando in cancrena…) (..) Certo: una cosa logica e coerente! ma ciò per lei era impossibile da accettare (…)
 Fu presa dal dormiveglia mentre pensava queste cose. Dopo cinque o sei minuti di questo assopimento, vide il volto gentile e sorridente di un’infermiera vestita di bianco che si chinava su di lei. “Mia cara! Tra poco saranno le sei. E’ l’ora che abbiamo fissata. Sono venuta a sentire se desidera la colazione”  
Le vicende successive  (e anche quelle precedenti)  le potrete scoprire leggendo l’interessantissimo romanzo!

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