Una domenica di oltre duemila anni fa,
alcune donne andarono al sepolcro dove era stato sepolto Gesù, per ungerlo. Una
volta giunte, trovarono che la pietra di ingresso era stata rimossa e che il
corpo non era più lì e si sentirono dire: “Perché
cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto” (Lc 24, 5s).
Corsero dagli apostoli per raccontare quanto visto e sentito, ma “quelle parole parvero a loro come un
vaneggiamento e non credevano a esse” (24,11). San Paolo dovrà dire con
forza ai Corinzi e a noi: “Se non vi è
risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto,
vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. … Perciò
anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo speranza in
Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini.
Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1Cor 15,14ss).
Se pochi giorni prima era stato il tempo
dell’orrore per il trattamento subìto da Gesù, ora è il tempo della delusione.
Sembra che sia tutto finito. Ecco allora due dei discepoli che se ne
vanno delusi e tristi, perché pensano
di avere affidato la realizzazione del proprio bene alla persona sbagliata. Eppure
questo Gesù non sembrava come gli altri; nel tempo che hanno condiviso lo hanno
visto guarire ogni genere di malattie, hanno misurato la sua potenza nel
cacciare il demonio dalle persone, eppoi che meraviglia quando parlava! Invece
ora è sepolto dentro una grotta, dietro una grossa pietra.
Perché sono delusi? Perché stavano
aspettando la cacciata dei Romani. Pensavano che Gesù avrebbe ribaltato la
sorte del regno di Israele per farne il cuore del mondo. Invece i Romani sono
ancora lì, più forti che mai.
Non ce lo nascondiamo: tanti tra noi
vivono la stessa delusione, perché hanno l’impressione che Gesù, morendo, non
abbia vinto proprio nessuno. Basta uscire da questa nostra chiesa è vedere gli
annunci mortuari che, ci dicono che in una settimana sono passati a miglior
vita due giovani (una donna di 45 anni e un uomo di 55). In ogni epoca poi,
sembra emergere una qualche nuova ideologia, un qualche potere, capace di
umiliare e opprimere l’umanità o una sua parte. Anche il nostro Occidente, che ha
dominato il mondo evoluto per tanti secoli ora è fragile più che mai. Per
questo ancora tanti se ne vanno con il volto triste verso Emmaus, forse in
cerca di un nuovo salvatore.
Nei giorni passati, mentre papa Benedetto
era a Cuba, abbiamo ho visto le foto dell’incontro con Fidel Castro; ho avuto
la conferma del fatto che Gesù Cristo, sembra perdere alcune battaglie, ma
vince sempre la “guerra”. Castro è “andato a Canossa”, così come praticamente
tutti i grandi poteri anticristiani della storia. Hanno oppresso l’uomo per
alcuni decenni, ma prima o poi hanno dovuto tutti cedere il passo a Cristo –
pensiamo alla Rivoluzione Francese, ai governi liberal –massonici dell’800, al
disastro portato dal Marxismo-Leninismo e dal Nazi-Fascismo -. La storia è la
prima dimostrazione della vittoria di Gesù. Castro e Benedetto, pur essendo
coetanei sono l’icona del giorno oramai al tramonto e del sole che continua a
sorgere; del legno secco e dell’albero con i germogli.
I due discepoli erano vedenti, eppure ciechi.
Erano talmente chiusi dentro le loro visioni, idee e pensieri, da non riuscire
a riconoscere Colui che camminava al loro fianco. Così anche noi, tanto spesso,
leggiamo la storia, anche la nostra personale, con grande superficialità e ci
sentiamo soli ad affrontarla.
Cosa
ha consentito ai discepolo di sentire ardere il cuore e finalmente di
vedere? Hanno permesso a Gesù Cristo di camminare con loro, lo hanno ascoltato
e hanno partecipato alla cena con Lui.
Papa Benedetto ha detto nell’omelia di
questa notte: “Oggi possiamo illuminare
le nostre città in modo così abbagliante che le stesse del cielo non solo più
visibili. Non è questa forse un’immagine della problematica del nostro essere
illuminati? Nelle cose materiali sappiamo e possiamo incredibilmente tanto, ma
ciò che va al di là di questo, Dio e il bene, non lo riusciamo più a
individuare. Per questo è la fede, che ci mostra la luce di Dio, la vera
illuminazione, essa è un’irruzione della luce di Dio nel nostro mondo,
un’apertura dei nostri occhi …”.
“Se
i profeti irrompessero per le porte della notte e cercassero un orecchio come
patria. Orecchio degli uomini ostruito d’ortica, sapresti ascoltare? … Se i
profeti si levassero nella notte degli uomini come amanti in cerca del cuore dell’amato,
notte degli uomini avresti un cuore da donare?”. Sono le parole struggenti di una poetessa
ebrea (Nelly Sachs) che, mi pare, possano aiutarci a entrare in quanto è
avvenuto sulla strada verso Emmaus. Siamo chiamati a dare una risposta a queste
parole poetiche, ma essenziali.
Gesù può far ardere il cuore solo a coloro
che accettano di incontrarlo e ascoltarlo. Il Risorto continua a offrirsi oggi
a camminare con noi sulla strada. E’ cambiato l’aspetto esteriore, ma è Lui che
ancora è presente e riconoscibile. Ci ha lasciato quella stessa parola che i
discepoli di Emmaus si sono sentita spiegare; quella stessa Eucaristia nella
quale Lui continua a spezzare il pane della sua vita e a offrilo per noi.
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