Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 11 agosto 2012

Io sono il pane della vita


XIX DOMENICA T.O.

     Ecco io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno  (Es 16,14). Questa è la risposta di Dio alle proteste del popolo portato fuori dall’Egitto.
    Alzati, mangia! Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi … Mangiò e bevve” (1Re 19, 5s). Questa invece è il comando di Dio al profeta Elia, oramai stanco e disperato, tanto da desiderare la morte.

     Chiunque vuole attraversare consapevolmente l’esistenza, sa che essa non è sempre una piacevole passeggiata, accarezzati da una brezza primaverile; facilmente ci si trova invece nella condizione del popolo d’Israele affaticato dal cammino sotto il sole cocente del deserto o come Elia, delusi dalla vita. Per fortuna non è sempre così – spesso ci si sente forti e capaci di sfidare qualsiasi difficoltà - come il salmista diciamo: “Ho detto, nella mia sicurezza: “Mai potrò vacillare!”. Nella tua bontà, o Signore, mi avevi posto sul mio monte sicuro” (Salmo 30,7) -; basta un attimo però per dire: “Il tuo volto  hai nascosto e lo spavento mi ha preso. A te grido, Signore” (Salmo 30, 8s).
A volte si vorrebbe addormentarsi e non svegliarsi più, però la vita è una sfida che non si può non accogliere. Da soli però non possiamo farcela. Abbiamo bisogno di qualcuno che cammini con noi, di un cibo adatto a sostenerci e di una bevanda dissetante.
     Più ascolto le persone e più mi rendo conto di quale tempo difficile stiamo attraversando – l’economia sta diventando veramente un problema per molti e non più, lontano da noi, ma nelle nostre strade, tra la nostra gente abituata a tirarsi su le maniche e a tirarsi così fuori dalle difficoltà; oggi però questo sembra non bastare più -. La crisi economica sta svelando se la nostra esistenza è stata costruita sulla sabbia o sulla roccia. Questo è tempo di lacrime e preoccupazione per molti.
     La Samaritana dopo avere parlato con Gesù dell’acqua viva, gli chiede: “Dammi quest’acqua, perché io non abbia sete e non continui a venire qui ad attingere” (Gv 4,15); quelli che stanno ascoltando il discorso del Signore sul pane, gli dicono: “Dacci sempre questo pane” (Gv 6,34). L’una e gli altri vogliono acqua e cibo terreni e miracolosi, capaci di semplificare la vita. E’ comprensibile; da sempre l’essere umano desidera che Dio risolva rapidamente i suoi problemi, ma così non può essere, perlomeno non sempre. Il Signore indica la via da seguire per non entrare nelle sabbie mobili della storia oppure ci indica la via per uscirne, ma poi dobbiamo essere noi a volere non entrarci o desiderare di uscirne. Dio non si sostituisce a noi, ma sta con noi.
     Io sono il pane della vita”; “Io sono il pane vivo”, ripete più volte Gesù. Sembra una facile conclusione, ma in realtà questo tempo di fatica è proprio un tempo favorevole. Nella nostra debolezza si può manifestare la potenza di Dio: “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). Ora che, ancora una volta stiamo raccogliendo i frutti maturi dell’autonomia da Dio, abbiamo la possibilità di ritornare sui nostri passi e smettere di cibarci di “ciò che non è pane … ciò che non sazia” (Is 55, 2). Lasciamoci ripetere dal profeta Isaia l’invito di Dio: “Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete” (Is 55,3).
     Come cibarci del pane che è Cristo? Il pensiero corre subito all’Eucaristia; a quell’appuntamento alla tavola della Trinità dove il pane viene moltiplicato e ce n’è in sovrabbondanza per tutti. Abbiamo il privilegio di avere una tavola imbandita e gratuita. E’ vero, a volte ci annoiamo; colui che presiede ci fa venire l’acidità di stomaco, eppure attraverso quel mediatore a volte imperfetto, noi riceviamo il cibo indispensabile per non venire meno nel cammino. Potessimo anche noi rispondere come i martiri di Abitene: “Noi cristiani senza la domenica non possiamo vivere”.
     Mentre il cibo che introduciamo nel nostro organismo si trasforma inevitabilmente in energia, così non è per il pane vivo che è Cristo. Non è sufficiente fare la comunione per essere in comunione con Colui che dà la vita. L’Eucaristia è chiamata alla comunione con Dio.
     Un’altra immagine ci è preziosa a questo punto: “Rimanete in me io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”  (Gv 15,4ss). E’ questa comunione che Gesù ci offre e ci chiede. Questa comunione  renderà possibile l’attraversamento della vita  e, quando la nostra barca sarà sballottata dal mare in tempesta, essa non affonderà.
Chiudo con le belle parole di una preghiera di J. H. Newman:

Invadimi completamente e
fatti maestro di tutto il mio essere
perché la mia vita
sia un'emanazione della tua.

Illumina servendoti di me
e prendi possesso di me a tal punto
che ogni persona che accosto
possa sentire la tua presenza in me.
Guardandomi, non sia io a essere visto,
ma tu in me.

Rimani in me.
Allora risplenderò del tuo splendore
e potrò fare da luce per gli altri.
Ma questa luce avrà la sua sorgente
unicamente in te, Gesù,
e non ne verrà da me
neppure il più piccolo raggio:
sarai tu a illuminare gli altri
servendoti di me. Amen

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