Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore,
festeggiare
San Lorenzo, al quale è dedicata questa nostra cattedrale, è sempre un
caro appuntamento. Egli diede la sua vita per Cristo nella persecuzione
di Valeriano, nel III secolo, a soli quattro giorni dal martirio di Papa
Sisto II e di altri quattro diaconi. Il crudele supplizio è noto a
tutti: ucciso a fuoco lento sulla graticola. Lorenzo, di fronte alla
pretesa di consegnare i beni della Chiesa di Roma, fa una scelta
spiazzante e fortemente simbolica: dona tutto ai poveri e li presenta a
Valeriano. Con un solo gesto, gli significa due cose: che nella Chiesa
ogni bene terreno è destinato ai poveri, e che i poveri sono il vero
tesoro della Chiesa. Il suo atto non solo risponde all’arroganza
dell’imperatore, ma è rilevante per la storia intera. E noi, oggi,
ancora ne parliamo!
Ha rilievo, infatti, ciò che desta a diverso titolo attenzione e
considerazione. E certamente il gesto di Lorenzo e il suo martirio sono
stati, nel mondo pagano, motivo di domanda: non era più logico salvarsi
la vita e ottenere onori cedendo al potente? Perché beneficare dei
miserevoli sconosciuti e morire in modo atroce? Il diacono martire ha
certamente illustrato il perché della sua scelta: la fede in Gesù. Ma
invano. Se Lorenzo non avesse parlato, il suo martirio sarebbe passato
alla storia come il gesto di un folle; le sue parole, invece, sono state
sicuramente motivo di considerazione, forse di messa in dubbio di un
certo modo di pensare e di vivere. Per allora e per oggi! Non basta,
dunque, la testimonianza cristiana come a volte si pensa, è necessaria
anche la parola chiara e coraggiosa che accompagna l’agire e ne illumina
il significato. La testimonianza da sola, infatti, proprio perché
anticonformista, può essere considerata una stranezza. La parola forte
del martire, invece, illumina il perché di uno stile controcorrente non
per singolarità o smania eccentrica, ma per fedeltà al Vangelo. E qui
troviamo la specifica presenza e la principale rilevanza del cristiano
nella storia: la scelta di Lorenzo non passa sotto silenzio e nulla
resta identico a prima. Il suo martirio, infatti, è profezia, cioè
annuncia una verità che è al di sopra, e che precede l’autorità umana e
il conformismo dominante. Nel “non serviam” all’imperatore, egli dice
che quel modo di fare è vecchio e superato; dice che una realtà nuova è
apparsa e che, nonostante la prevaricazione, il nuovo mondo ha già vinto
anche se ora soccombe. Egli non voleva difendere le ricchezze della
Chiesa - senza le quali peraltro non si può aiutare nessun bisognoso! -
ma la libertà della Chiesa per la sua missione di salvezza. Quando la
verità è annunciata, allora i potenti della terra - anche se discordi e
contrariati - sono richiamati al loro alveo di azione, sentono che il
loro potere non è illimitato e arbitrario fino a sovvertire la natura
delle cose, ma deve rispondere al giudizio degli uomini, nonché a quello
di Dio. Così è stato nella vicenda di San Lorenzo, paladino non di un
pauperismo ante litteram, ma della missione libera della Chiesa verso
tutti, a cominciare da chi è in maggiore difficoltà.
Molte volte, nella storia, la missione della Chiesa è emersa con
particolare rilievo segnando, anche senza volerlo, il corso dei secoli.
San Benedetto, con l’ordinamento dei suoi monasteri, ha aperto la strada
all’organizzazione responsabile e democratica della vita civile. La
Chiesa non vuole rivendicare primati o titoli, con l’aiuto di Dio fa il
suo dovere accanto alla gente e dà loro voce: ai poveri, alle giovani
generazioni, agli anziani e ai malati, alla famiglia, realtà
insostituibile e ineguagliabile del tessuto sociale, che ha sempre più
bisogno di vera considerazione e concreti sostegni.
Anche oggi, ascolta l’ansia dei lavoratori che sono in apprensione
per l’occupazione; di tanti giovani che non riescono ad entrare nella
società che produce, e dà loro voce senza populismi, con umiltà. Essi
sanno che la Chiesa è loro vicina senza interessi propri, e invoca
soluzioni sagge non solo per Genova ma per il Paese che, grazie ad una
storia consolidata di laboriosità e perizia, ha raggiunto eccellenze
lavorative e industriali invidiabili e appetibili. Tale operosità
suscita spesso fiducia: ne siamo umilmente grati, conoscendo i nostri
limiti e le nostre fragilità, e siamo certi che tutti, credenti o no,
non possano che esserne lieti.
Nello stesso tempo, la Chiesa ha la missione di annunciare il
Vangelo con le implicazioni che esso ha sul piano antropologico, etico e
sociale. E questo anche quando la sua voce sembra ìmpari rispetto a
clamori alti e orchestrati; anche se, ad esempio, l’etica dell’autonomia
- l’idea cioè che ognuno deve essere libero di perseguire ogni suo
desiderio e che la società deve garantire questa possibilità - sembra
diventare norma. Ma il relativismo morale dove ci ha portato? Lo
scenario pubblico parla di avidità e cinismo, anziché di valori e virtù
che sono il futuro di tutti.
Ora ci chiediamo: la voce della cristianità e la sua opera possono
avere un rilievo e un’incidenza ulteriori? Oppure devono rassegnarsi ad
essere considerate delle presenze socialmente utili? Mi pare che, sempre
guardando alla vicenda del nostro Santo, potremmo rispondere così: se è
vero che il male influisce sul modo di pensare e di agire comune, è pur
vero che ciò accade anche per il bene. Non si tratta solo della forza
del buon esempio – e già questa è grande! – ma anche di provocazione
delle coscienze, a volte di benefica messa in crisi del
proprio stile di vita o di quello collettivo; si tratta di far maturare
una mentalità. Sembra che la società oggi debba essere “mutante” per
essere all’altezza dei tempi e in linea con esempi dei quali si
dovrebbero meglio considerare le conseguenze delle proprie “mutazioni”:
una società il cui unico punto fermo e stabile sembra dover essere la
“mutevolezza”, fino a cercare di ridefinire tutto di quel patrimonio umano universale, che è la vera anima del pensare civile e politico.
Non so se l’imperatore Valeriano, dopo la testimonianza di Lorenzo,
abbia cambiato il suo stile di governo verso l’impero e i cristiani. Ma
certamente avrà pensato a quella che gli appariva una posizione strana e
insensata. Il tarlo benefico della domanda, della curiosità almeno,
circa quell’uomo, lo avrà preso. E dato che la storia rispetta la legge
della continuità, una nuova epoca si stava preparando anche con il
sangue di San Lorenzo.
Senza l’anima spirituale e morale non esiste rilevanza storica,
perché non esisterebbe sostanza. Senza, ogni forma di doverosa
partecipazione alla costruzione della città terrena, è un involucro
vuoto e dannoso, solo di potere, che cerca di riempirsi con pressioni e
convenienze. I cristiani, com’è loro dovere, sono stati e continueranno
ad essere lievito nella società con fiducia e spirito di servizio, consapevoli
di aver ricevuto un giacimento inesauribile di visione e di valori
religiosi, umani e culturali. La loro presenza – com’è noto - non è
codificata in formule specifiche, fatta salva la consapevolezza che sui
principi di fondo non si può mercanteggiare, che i valori non sono tutti
uguali ma esiste una interna gerarchia e connessione; che l’etica della
vita e della famiglia non sono la conseguenza ma il fondamento della
giustizia e della solidarietà sociale; e fatta salva la memoria delle
esperienze pregresse. Comunque è sempre doveroso che, nella vita
pubblica, i cattolici siano sempre più numerosi e ben formati, come da
tempo esorta il Santo Padre Benedetto XVI e i Vescovi italiani. I grandi
statisti cattolici che l’Italia ricorda, hanno portato la propria
indiscutibile statura umana e cristiana che il Paese, l’Europa e gli
scenari internazionali esigevano, allora come oggi. Hanno messo a
servizio, non di se stessi ma del bene comune, un’alta caratura
intellettuale, spirituale e dottrinale formata alla luce del Magistero
sociale della Chiesa, senza reticenze o complessi, avendo ben chiara la
fisionomia e la distinzione tra i diversi problemi e i diversi livelli.
Cari Amici, abbiamo guardato a San Lorenzo, al suo martirio, alla
rilevanza che esso ha avuto e continua ad avere anche per noi. Dalla
fede brilla una luce che non ha tempo né teme complessità e problemi. Il
cristiano, con questa luce che illumina la ragione, può affrontare
serenamente le sfide
dei nostri giorni come di altre epoche. Dal cielo continui a
guardarci con affetto, e illumini le nostre menti per essere testimoni
sapienti e coraggiosi della fede, sapendo che essa non è
una gabbia per la libertà dell’uomo , ma la salvaguardia migliore,
perché – in nome della libertà di ciascuno – a piccoli passi non si
snaturi l’umanità di tutti.
cardinale Angelo Bagnasco
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