XXV DOMENICA T.O.
E’ la seconda volta – e non sarà l’ultima
- che Gesù annuncia la violenza fisica e psicologica che lo attende a Gerusalemme.
Perché tanta insistenza? Non
sarebbe stato meglio tacere questi aspetti così negativi? Gesù non ha pensato
che, così dicendo, avrebbe allontanato un sacco di gente da sé? Perché non ha
fatto come i nostri politici in campagna elettorale sottolineando solo i
miracoli che avrebbe compiuto – e i suoi non sarebbero stati patacche -?
Gesù
Cristo non propone un’ideologia, un insieme di verità da sapere, ma una
relazione di vita con Lui capace di trasformare l’esistenza dei singoli e con
essi, la storia. Chi vuole essere di Cristo, scrive l’apostolo Giovanni “deve anch’egli comportarsi come lui si è
comportato” (1Gv 2,6) e questa può essere solo una scelta libera e
consapevole. Gesù non vuole né illudere né barare. Un cristiano deve sapere
cosa lo attende e deve poterlo scegliere.
Il Signore non offre facili risposte ai
problemi esistenziali e nemmeno un’assicurazione sulla vita; Egli è la via vera
e bella della vita, ma non la via facile e comoda della vita. Ce lo ha
ricordato anche domenica scorsa: “Chi
vuol salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per
causa mia, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il
mondo intero e perda la propria vita?” (Mc 8,35ss).
Il mondo lo ha salvato Cristo Gesù con la
sua fedeltà a Dio Padre e noi possiamo entrare in questa salvezza se
percorriamo con Lui la stessa strada. Molti pensano che ciò sia troppo duro e
che vada bene solo per pochi eletti; in realtà la via evangelica è alla portata
di ogni creatura umana, di ogni latitudine, purché si lasci prendere per mano da
Dio: “Nulla è impossibile a Dio”.
Noi che vogliamo percorrere realmente la
via di Cristo – anche se poi cadiamo e rallentiamo continuamente - dobbiamo
sapere che se hanno odiato Lui, odieranno anche noi. Non dobbiamo stupircene!
Il “mondo” tende a rifiutare ciò che non si omologa ai suoi ritmi, quanto più
un cristiano, perché “è d’incomodo e si
oppone alle (sue) … azioni; … rimprovera le colpe contro la legge e … rinfaccia
le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza
di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato …i una condanna dei
nostri pensieri; … è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è
come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade” (Sap
2,12ss).
Tornando a ciò che Gesù annunciava
all’inizio, a proposito della propria morte, vediamo che i discepoli fanno
“orecchie da mercante”; essi vogliono ottenere il meglio dal loro incontro con
il Cristo, ma non sono disponibili a percorrere la stessa strada.
Per fortuna tacciono, non rispondono nulla
alla domanda di Gesù, vuol dire che si vergognano di se stessi e della propria
piccolezza. Quanta strada dovranno ancora percorrere! Pensano di servirsi di
Cristo per il proprio tornaconto, invece di servire Cristo per il bene
dell’umanità.
Gesù non può tacere, non può non far
capire chiaramente ai suoi amati apostoli che così non va. Loro non sono con
Lui per il proprio bene, ma per servire l’uomo. Chi è di Cristo impara piano
piano a non dire più “io”, ma “tu”. Il Tu di Dio innanzitutto; Egli diventa il
punto di riferimento essenziale e imprescindibile, ma anche il Tu degli altri,
creature da salvare e da amare. In questo percorso, l’Io trova la vita. Senza
questo percorso si rischia di chiudersi in un cerchio di egoismo che uccide la
vita.
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