Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 6 ottobre 2012

I miei pensieri non sono i vostri pensieri



XXVII DOMENICA T.O.

     Forse credevi che io fossi come te!” (Salmo 50,21), dice Dio a colui che ama riempirsi la bocca della Parola di Verità, salvo gettarsela alle spalle, ignorandola, quando si tratta di metterla in pratica.

    Credere che Dio sia come noi; farlo a nostra immagine e somiglianza è un vizio antico e sempre nuovo. Guai però se Dio fosse così!
    Invece, dice il Signore, “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. … Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,8s).
     Come il popolo d’Israele, anche noi quando ci troviamo a subire le conseguenze delle nostre scelte, gridiamo: “Ascolta … risveglia la tua potenza e vieni a salvarci” (Salmo 80,2) ed Egli ci risponde: “Il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, … l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti! Se il mio popolo mi ascoltasse! Se … camminasse per le mie vie! Subito piegherei i suoi nemici” (Salmo 81,12s).
    Oggi Gesù ci mostra due situazioni nelle quali è manifesta la differenza tra il nostro modo di pensare e quello di Dio.
     Da alcuni anni a questa parte si tende ad affidare agli animali un ruolo che, per natura non hanno. Cresce ogni giorno di più una forma di animalismo spinto, che in realtà sta snaturando queste preziose creature di Dio. Si tende a  trasformare gli animali in persone, con gli stessi gusti e le stesse nostre esigenze e, addirittura con i nostri stessi pensieri – per esempio, crediamo che abbiano freddo come noi e allora gli mettiamo il cappottino; che gli piaccia mangiare ciò che mangiamo noi e gli roviniamo il fegato ecc … -. Dietro tutto questo, oltre a una visione distorta della realtà, molto spesso c’è una triste situazione: la solitudine.
     Siamo sempre in mezzo alla gente grazie al lavoro, al dover fare la spesa, alla vita ecclesiale, senza dimenticare poi il computer che è capace di farci stare insieme – anche se a distanza – con chiunque desideriamo – basta collegarsi a Facebook, Skipe ecc … -, eppure una delle grandi malattie del nostro tempo  è proprio la solitudine.
     Dio stesso non vuole che l’essere umano viva solo, per questo ci ha creati incompiuti e bisognosi della relazione con qualcuno che ci aiuti a completarci. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci  educhi alla vita, ma soprattutto di qualcuno che ci faccia esitere, amandoci.
   Che fare? E’ un’illusione antica che gli animali possano essere la soluzione al problema. Anche Adamo aveva tentato di trovare in essi la soluzione, ma solo la donna, in quanto suo simile poteva stargli alla pari e offrirgli ciò che gli mancava. L’uomo e la donna condividono la stessa natura, come una statua e il blocco di marmo da cui è estratta – questo è il significato della donna creata dalla costola dell’uomo -.
     Per questo  l’’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola” (Mc 10,7s). Senza svalutare gli animali, dobbiamo imparare di nuovo ad accogliere il progetto di Dio, l’unico capace di salvare l’uomo. Non dobbiamo mai rinunciare a trovare nella relazione tra persone il nostro completamento, anche se è indubbiamente più faticoso e a volte deludente, rispetto al rapporto con gli animali.
     Gesù dice un’altra cosa, ancora più importante e di strettissima attualità: “Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Mc 10,9). Da oltre trent’anni noi sentiamo dire e diciamo esattamente il contrario: si può separare ciò che Dio ha unito.
     Noi cristiani dobbiamo cominciare chiederci seriamente se  è il Vangelo che deve adattarsi ai nostri tempi, modificandosi in base alle nuove mode ed esigenze o se sono i tempi nuovi che devono essere trasformati e risanati dal Vangelo?   
     Pur entrando in punta dei piedi e con profondo rispetto nel dramma delle persone coinvolte in separazioni e divorzi, possiamo continuare a dire che va bene così? Non ci mette in crisi una realtà nella quale sta diventando normale il fallimento dei matrimoni? Come è possibile?
     Possiamo continuare a modificare semplicemente le leggi sul divorzio, rendendolo sempre più veloce o dobbiamo cominciare a chiederci: cosa sta succedendo?
      Gesù dice che l'antica possibilità, concessa da Mosè, di ripudiare la propria moglie, era dovuta alla "durezza del cuore"; Dio vuole toglierci il cuore di pietra e darcene uno di carne, diamo disponibili o chiediamo che ci aiutino a mantenerlo nella durezza?
   

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