IV DOMENICA DI AVVENTO
“Grandi
cose ha fatto per me l’Onnipotente” (Lc 1,49). Nessuno che lo dice
esplicitamente, ma noi, tra le righe, riusciamo a riconoscere la sovrabbondanza
di gioia in questo incontro tra donne e madri. Elisabetta grida il suo
entusiasmo; Giovanni battista danza di gioia nell’utero di sua madre; Maria
esulta.
E’ l’anticipo di ciò che prometterà Gesù
da adulto, quando dirà: “Beati i poveri
in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). I poveri in
spirito sono quelli come Maria ed Elisabetta; persone che sanno fare spazio a Dio – anche fisicamente -, Che
non lo ostacolano nei suoi disegni; che non gli pongono limiti. Non è che non
abbiano dei legittimi timori – del resto quando Dio coinvolge nei suoi grandi
progetti, come vere paura di essere inadeguati? -, ma sanno dire: “Eccomi! Tu sai chi sono; vedi quanto
sono fragile e debole, ma fai con me ciò che credi”.
In questi “poveri” Dio può fare casa,
andare ad abitare in loro e da lì regnare. E’ gente che gli lascia la porta
aperta, perché sa che, in realtà, la loro vita non gli appartiene e Dio ha il
diritto di entrare e fare ciò che vuole. Di più, esse sanno che, solamente se
Dio entra e fa quel che vuole, possono giungere alla vita piena.
San Paolo, scrivendo agli Efesini afferma:
“Egli (Cristo) è la nostra pace” (2,14).
Cos’è questa pace? Il termine ebraico che traduciamo con “pace” è shalom che ha un significato ben più
ricco di ciò che normalmente intendiamo essa certamente veicola
anche il significato di "pace", ma non nel senso di assenza di
conflitto; connota piuttosto uno stato o modo di essere che può essere definito
e come: star-bene, felicità, sicurezza, totalità, condizione di tranquillità,
di ordine, pienezza, perfezione, armonia, integrità, totalità, compiutezza,
interezza. Cristo è allora la nostra pace, perché è l’unico che può dare
compimento, pienezza, realizzazione all’esistenza dell’essere umano. Senza di
Lui tutto è incompiuto e dove manca il compimento non può esserci gioia. Sant’Agostino
scrive: “Il nostro cuore è inquieto
finché non riposta in te” (Agostino,
Le
confessioni, I).
Dove giunge la Verità, la Bellezza, il
Sole che sorge, l’Amore, non può non giungere anche la gioia. Attenzione! Non
confondiamo la gioia con quel vago sentimento passeggero che ci offre il mondo,
a poco prezzo, frutto di cose materiali e successi umani. La gioia che viene da
Dio è una realtà profonda e misteriosa, che permane nonostante le circostanze
esterne a volte avverse.
Essa
non è il frutto di un’esistenza tranquilla, senza rischi e problemi, ma germoglia
nonostante i rischi e i problemi, perché
è il frutto di una presenza che tiene viva la speranza e dà la
consapevolezza di essere in buone mani. Il Salmista canta questa certezza quando
scrive: “Pur se andassi in una valle
oscura non temerei alcun male, perché tu sei con me, Signore”.
Chi cerca la gioia umana, farà di tutto
per evitare i rischi e le difficoltà, perdendo così anche delle straordinarie
occasioni di vita, mentre chi cerca la gioia nel Signore, si lascia condurre da
Lui nelle fatiche inevitabili dell’esistenza.
Tu o Signore, conosci il nostro limite e
inadeguatezza, però ti diciamo: “Vieni! Nasci nella mia carne. Non avere paura
della mia povertà”.
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