III DOMENICA T.O.
A Cana, durante le nozze, Gesù ha mostrato
di essere Colui che ha portato all’umanità il vino buono, quello che nessun
altro può offrire. Oggi ci lasciamo raggiungere e dissetare da quel vino buono.
Le anfore di pietra riempite dal Signore, non si esauriscono mai e sono a
disposizione di tutti coloro che vogliono bere.
Il Vangelo è quel vino buono; se proviamo
ad ascoltare la parola dell’A.T. ce ne rendiamo subito conto: “Chiunque maledice suo padre o sua madre
dovrà essere messo a morte; ... se uno commette adulterio con la moglie del suo
prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte. … Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno
commesso un abominio; dovranno essere messi a morte” (Lv 20,9ss). C’è una
parola chiara e ricorrente: morte. Chi pecca, deve essere eliminato, come un
cancro deve essere asportato da un corpo, affinché possa essere risanato.
Come sono diverse le parole di Gesù a
coloro che si stupivano, per il fatto che stava a tavola con i peccatori: “Non sono i sani che hanno bisogno del
medico, ma i malati” (Lc 5,31); e a coloro che chiedono se devono strappare
la zizzania di mezzo al grano, invece,
dice: “No … perché non succeda
che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano” (Mt 13,29). Quale delicatezza, Signore! Anche quando compiamo ciò che è male e che rimane male, nonostante le mode, tu non dici: eliminateli!
Gesù
non ci dice che possiamo peccare, tanto Lui è buono e perdona tutto; ma che,
mai un essere umano deve sentirsi perduto, dannato. Fino all’ultimo istante di
questa vita, il Signore ci chiamerà e ci darà l’occasione del vero pentimento.
Questo è vino buono.
Anche l’apostolo san Paolo ci dona il vino
buono, quando ci offre la bellissima immagine del corpo: “Come il corpo … così Cristo”. A un popolo diviso tra puri e impuri,
intelligenti e ignoranti, ricchi e poveri, giovani e vecchi ecc … Gesù è venuto
a portare l’unità. Siamo diversi, abbiamo ruoli, doni e capacità differenti, ma
siamo tutti membri dello stesso corpo di Cristo; quindi degni e utili alla
realizzazione del suo progetto di salvezza.
Serve l’occhio, ma anche la mano e il piede e persino le sopracciglia:
nessuno deve sentirsi inutile e nessuno può considerare gli altri inutili.
Le parole di Gesù, che riprendono il
profeta Isaia, sono il vero vino buono: “Lo
Spirito del Signore … mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio,
a proclamare ai prigionieri la
liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi” (Lc
4,18).A una lettura superficiale, rischiamo di vedere solo un dato sociologico; Gesù sembrerebbe un socialista, venuto a liberare i poveri da un'economia ingiusta. Certo ci sarà anche quello, ma Egli va ben oltre.
A questo proposito vorrei leggervi le
parole della lettera scritta da Monica, una giovane moglie e madre che nel
giro di pochissimi mesi ha visto morire
il marito e il figlio Giacomo di 18 anni. Questa donna si è ritrovata in
brevissimo tempo povera, prigioniera del dolore, cieca di fronte a eventi così
duri e oppressa. Per questo chiedo a lei di spiegarci il senso delle parole di
Gesù. Questa creatura così umanamente colpita, evidentemente ha saputo
abbeverarsi al vino buono di Gesù, e scrive:
Il giorno del nostro matrimonio, avevo scritto
questa preghiera dei fedeli: «Maria, aiutaci a riconoscere e accogliere il
Mistero del tuo Figlio per abbracciare ogni giorno con passione le circostanze
della nostra vita. Per riconoscere e amare il destino buono che il Signore ci
ha preparato, e aiutaci a dire, ogni momento, accada di me secondo la tua
parola». Ingenuamente pensavo a gioie e dolori di tutti i matrimoni, il
dono dei figli, il rammarico per qualche incomprensione, lo stupore per una
notizia inaspettata, il disagio di fronte a ciò che non corrisponde.
Puntualmente tutti questi piccoli sì, hanno accompagnato i nostri 19 anni di
matrimonio, costruendo la vita nostra e dei nostri figli.
Tre mesi fa il Signore ha chiamato a sé
Gianni: il mistero della morte si è fatto presente, vivo, lacerante. Ho chiesto
alla Madonna ogni giorno di sostenere la mia giornata, di offrire a Dio la mia
stanchezza e il mio disorientamento, per continuare a comunicare ai miei figli
che tutto è dono, che il bene a cui è chiamato Gianni è infinitamente
più grande di quello di cui avrebbe goduto stando con noi. E la certezza della
Sua grazia si è fatta carne in noi, lo abbiamo sperimentato attraverso tutte le
persone che ci hanno sostenuto e accompagnato in ogni istante.
Poi, o Dio, ci hai chiesto un altro sì. La
ferita aperta nel mio cuore si è fatta una voragine, perché hai voluto chiamare
a te anche Giacomo, hai donato anche a lui la felicità piena, quella che
nell'inquietudine del suo cuore di 18 anni cercava a ogni costo, in casa, a
scuola con gli amici, nello studio e nel divertimento. Quale pace infinita
deve provare oggi guardandoci insieme con il suo papà.
Grazie, o Dio, perché hai fatto a
Giacomo questo grande dono e ti offro tutto il mio dolore umano, rinnovando
"il mio accada di me secondo la tua parola". Sia la nostra ferita
aperta, sempre sanguinante, perché possiamo vivere ogni istante della nostra
vita, con la coscienza che siamo fatti per il bene, per la felicità che Giacomo
e Gianni stanno già contemplando.
Ieri sono stati 5 anni da quando mio marito amatissimo è stato chiamato a nuova vita. Ancora, però, mi è difficile trovare consolazione pensando che Antonio sta gustando quella felicità cui tutti noi siamo destinati. Il giorno prima del suo nuovo ultimo viaggio, vicino a lui ,in quella glaciale sala di rianimazione, ho avuto il permesso di stargli accanto un po' di più, perchè ricorrevano i nostri 38 anni di matrimonio. Un matrimonio sicuramente molto felice, dove il mio si per una vita con lui è stato sincero e consapevolmente e totalmente rispettato......ora mi viene chiesto un altro si ....di accettazione di una vita nuova.....forse senza senso......quanta fatica!!!! Dovrò capitolare..se vorrò trovare un po' di pace. Anna
RispondiEliminaQual' è il nostro vero bisogno se non Dio stesso. Qual'è la vera carità se non quella di amare chi ci odia. Apriamoci al nostro bisogno di Dio Egli stesso ci darà la forza di amare il nostro prossimo. Nel'oggi vorrei spogliarmi (diventando povero) di tutte le cose e azioni inutili che mi distaccano da Dio, per poter cogliere il suo infinito amore che ci nutre giorno per giorno.
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