V DOMENICA T.O.
Gesù, nella sinagoga di Nazareth, ha
annunciato di essere venuto a portare ai poveri il lieto annunzio, ai
prigionieri la liberazione, la vista ai ciechi, la liberazione agli oppressi.
Sceso poi a Cafarnao ha liberato un uomo posseduto, ha guarito la suocera di
Simone e a molti altri ammalati, eppure, a un certo punto, mentre la folla lo
cercava per tenerlo con sé, Egli disse: “E’
necessario che io annunzia la buona notizia del regno di Dio anche nelle altre
città. Per questo sono stato mandato” (Lc 4,44). Gesù non è venuto per dare una
risposta immediata alla cura del corpo solamente ed è inutile, pretendere di
“trattenerlo”, per chiedergli solo questo.
Una barca, dei pescatori, dei pesci, Gesù:
la Chiesa.
Con questi fatti il Signore ci aiuta a
penetrare nel mistero della Chiesa. Quante idee confuse su di Essa! Come per
Gesù, scambiato per un eccezionale guaritore, così la Chiesa è considera rata
da troppi – dentro e fuori di Essa – una semplice organizzazione filantropica,
un enorme ente di beneficienza. Tempo fa
lessi in un articolo la soddisfazione di un volontario in una mensa tenuta da
religiosi in una grande città; egli considerava motivo di vanto il fatto che in
essa non ci fosse nessun segno cristiano (per non offendere gli avventori di
altre religioni). Mah! Evidentemente non è solo questione di segni esteriori o
di crocifissi appesi.
La Chiesa è mandata solo a riempire le
pance o non piuttosto a servire tutto l’uomo in nome di Dio amore? Possiamo
considerare anche noi offensivo o imbarazzante quel Dio che è ciò di più
straordinario che si può offrire? Sulla barca che è la Chiesa o c’è Cristo,
oppure rischia di non essere Chiesa, ma un’altra cosa. Diceva san Paolo: “Io non mi vergogno del Vangelo” (Rm 1,16) e “guai a me se non predicassi
il Vangelo” (1Cor 9,16). La Chiesa
non può essere solamente una “barca” piena di persone buone, Cristo deve
esserne il punto di riferimento; altrimenti il rischio è di continuare a stare
tutta la notte nell’acqua, senza pescare nulla.
Solo dopo che Gesù ha annunciato la Parola
e i discepoli si sono fidati di Lui, facendo ciò che chiedeva loro, la pesca è
stata sovrabbondante. Risuonano ancora le parole della Madre di Gesù alle nozze
di Cana: “Fate quello che vi dirà”
(Gv 2,5). La Chiesa è chiamata non tanto a discutere le parole di Gesù, ma a
viverle, così dal renderle efficaci. Scriveva splendidamente M. Delbrel: “Le parole del Vangelo sono miracolose … a
condizione di stare di fronte a Lui come il paralitico o il centurione: agire
immediatamente con assoluta obbedienza” (La gioia di credere).
La Chiesa è mandata a pescare gli uomini:
ha la responsabilità di questo ministero. Il mare è per la Scrittura l’immagine
del male. Ciò significa che Dio vuole la salvezza delle persone dal male.
Pescare gli uomini è un atto d’amore, mentre lasciarli nel male è un atto di
incoscienza, anche se fatto in perfetta buona fede.
A questo punto dobbiamo ringraziare di
tutto cuore il Signore, perché non ci ha lasciati nel mare, ma ci ha affiancato
qualcuno, che nella nostra storia, ci ha allungato la mano e ci ha tirati sulla
barca.
Attenzione! Quanto ho appena detto, non
deve farci pensare nemmeno per un attimo, che la Chiesa sia una realtà per
perfetti, gente che non porta più in sé le tracce del male. La Chiesa non è una
setta, ma, al contrario, è un luogo di guarigione, per questo, salire sulla
barca, significa solamente iniziare un cammino di liberazione, di cura.
Meravigliarsi della presenza di peccatori nella Chiesa, è assurdo, come il
meravigliarsi di trovare ammalati in ospedale.
Chi
sta nella Chiesa, sa molto bene di essere innanzitutto una persona che ha
bisogno di salvezza e ha trovato la realtà giusta per riceverla. Solamente in
quanto persone risanate, dissetate, illuminate, guarite, potremo aiutare gli
altri, senza sentirci, presuntuosamente, una schiera di eletti.
A Simone che chiede a Gesù di
allontanarsi, perché si è accorto di essere indegno di stare con Lui sulla
stessa barca – così come Isaia si sente indegno di stare alla presenza di Dio
-, Gesù risponde: “Non temere”. Anzi
quanto più una persona si rende conto del proprio limite e del proprio peccato,
tanto più potrà essere umilmente misericordiosa nei confronti degli altri. Il
senso di superiorità, al contrario rende duri.
Dio non ha paura di stare con noi sulla stessa
barca, ma ha scelto di chiedere il nostro aiuto per continuare ad aiutare
l’umanità.
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