PASQUA DI RESURREZIONE
“Pietro
allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro … Simon
Pietro … entrò … allora entrò anche l’altro discepolo … e vide e credette”
(Gv 20,9). Siamo qui, anche noi, al sepolcro; ci siamo incamminati e abbiamo
trovato la tomba vuota. Insieme a tutti i cristiani del mondo gridiamo: “Christòs anèsti”, Cristo è
risorto.
Se Cristo non fosse risorto, ci dice san
Paolo “vana è la vostra fede e voi siete
ancora nei vostri peccati. … Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto
per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece,
Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per
mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione
dei morti” (1 Cor 15,17ss).
Se Cristo non fosse risorto noi faremmo
parte di una tragedia assurda, perché in un attimo, al momento della nostra
morte, tutto verrebbe cancellato, dimenticato; non saremmo stati altro che un
insignificante presenza, in mezzo a miliardi di insignificanti presenze. Il
nostro motto dovrebbe essere quello suggerito da Lorenzo il Magnifico: “Ciascun apra
ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi; oggi siàn, giovani e vecchi, lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi: facciam festa tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza. … Non fatica, non dolore! Ciò ch'a esser convien sia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza”.
di doman nessun si paschi; oggi siàn, giovani e vecchi, lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi: facciam festa tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza. … Non fatica, non dolore! Ciò ch'a esser convien sia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza”.
Invece grazie a Dio, noi siamo vivi,
destinati alla vita. Scrive Giovanni
Crisostomo: “Nostro Signore percorre
oggi gli abissi delle tenebre. Oggi egli ha spezzato le porte di bronzo e ha
rotto le spranghe di ferro. …. Non si dice che Cristo ha aperto le porte di
bronzo, ma che le ha spezzate, rendendo inutile la prigione. Non ha tolto i
chiavistelli, li ha rotti, perché non esista più carcere. Senza porte e senza
catene nessuno è imprigionato …. Se Gesù Cristo ha spezzato le porte, chi le
riparerà? Nessuno rimette in piedi quello che Dio ha rovesciato” (San
Giovanni Crisostomo, Omelia sul cimitero e la croce”).
La Pasqua ci fa passare dalla delusione
alla gioia; la delusione di chi crede che tutto è inutile, tanto il male vince
e la giustizia è destinata alla sconfitta; alla gioia del male vinto definitivamente e
per cui vale la pena reagire. Scriveva nel 1992 il cardinal Biffi in una sua
splendida lettera pastorale: “L’umanità
mi appare sempre più come il teatro di una tensione drammatica e di una guerra
che non consente a nessuno di restare spettatore sorridente e inattivo. E’ una
guerra di cui per fortuna conosciamo già l’esito: Cristo ha vinto il mondo; ma
non per questo sono meno emozionanti le varie fasi del combattimento ed è meno
urgente che ciascuno si getti con decisione nella mischia” (Giacomo Biffi, Liber
pastoralis bononiensi, EDB 304).
La Pasqua è gioia, perché è giorno di
vittoria, mai più la morte potrà trattenere definitivamente i figli di Dio e
mai più il male potrà avere l’ultima parola.
La
Pasqua però è anche giorno impegnativo, infatti: “se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è
Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù,
non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta
con Cristo in Dio!” (Col 3,1ss). Siamo chiamati già adesso a vivere da
risorti a essere gente che non lasciano passare il tempo inutilmente; non ci
accontentiamo delle cose della terra; facciamo nostre le parole di un inno: “La terra tanto amata non mi basta; l’amore
chiede sempre nuovo amore. Soltanto Tu consumi il desiderio e sazi ogni fame
dentro al cuore”. Vogliamo essere persone che, proprio perché conquistate
da Dio e da Lui continuamente rinnovate, sanno vivere con passione su questa
terra. Ancora san Paolo ci presta le sue parole quando dice: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo
della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho
lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare
Cristo … Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma
mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da
Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto
questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta
di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù,
in Cristo Gesù” (Fil 3,7ss).
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