Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 10 giugno 2013

E’ possibile incontrare Gesù nel bel mezzo del caos della vita quotidiana?

E’ possibile incontrare Gesù nel bel mezzo del caos della vita quotidiana? Esistono ancora persone che lo incontrano di questi tempi?
Vi siete mai domandati per quanto tempo saremmo capaci di sopportare una tale visione? Questi sono alcuni pensieri che mi sono venuti in mente pensando a questa incredibile persona che è Gesù. Spesso però pensieri simili vengono rapidamente accantonati e a restare è solo la nostalgia dell’incontro. Alzando gli occhi in alto, verso i monti, attendiamo di vedere l’Amato dell’anima nostra. Poi, arriva un momento in cui lo vediamo. Quando? In quale tempo? Impossibile dirlo. Ecco formarsi il suo volto piano piano, quietamente, in lontanza, quasi sfocato. I tratti del suo volto luminoso già bastano. E’ il volto della persona più amata.
Quando lo incontriamo, accadono miracoli. Non riusciamo più a vivere come prima, gli eventi quotidiani non cambiano eppure si elevano d’un tratto, quietamente, a una dimensione eterna. Iniziamo a vivere secondo la nuova prospettiva offertaci dalla visione. E’ l’antico scopo di Dio per la nostra vita. Eccolo apparire. Ci troveremo a muoverci a passi spediti e gioiremo come i bambini. Cammineremo vicino all’orizzonte, poi più distanti. Incontreremo per via fatti invisibili che fanno parte di un piano eterno. Ci verranno strappate cose che amavano. Non ci faremo più di tanto caso. Continueremo a camminare e nulla ci fermerà. Abbiamo visto il Signore Gesù e tutto ciò che desidera la nostra anima è seguirlo. Vuoi andare spedito verso la vocazione che Dio ha in serbo per te? Allora è assolutamente necessario vedere in maniera chiara Gesù. Solo allora compirai il passaggio verso la fine, verso il punto finale, senza affaticarti: “Ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi” (Is 40:31). Non ci saranno brevi viaggi. Percorrerai tutta la via dell’eternità con compagno il tuo canto e nulla più. Un canto che altri ascolteranno e di cui gioiranno insieme a te: “Sulle mie labbra pose un canto nuovo. I retti lo ascoltarono e ne gioirono”.
Così inizia la via: con la visione della gloria di Dio sul volto di Gesù. La gloria di Dio ci rafforza, ci incoraggia, ci salva dall’ignominia. Quando Dio ci appare in gloria, diventa impossibile proseguire sulla via della perdizione. Questa gloria ci irradia a partire dal volto di Cristo, dal suo cuore e dalle sue piaghe. Allora odiamo noi stessi e supplichiamo perché le nostre anime siano trasformate. Egli chiama dalla sua gloria eterna fino a che non lo udiamo e proviamo lo sconcerto del pentimento. Egli ci chiama dal monte Horeb e dal Golgota e noi ritorniamo a mezzogiorno. Ed ecco il primo passo su un lungo viale. Eccoci avvicinarci alla fine, a passo spedito. Qui il tempo non esiste. Ogni cosa deve avvenire prima del tramonto, prima che passi il giorno. Gli attimi sono contati e gli anni assomigliano al nulla. Da adesso, tutto è misurato secondo il metro dell’eternità, con il metro dell’amore che non conosce fatica. Ameremo perché egli ci ha amati per primo. Conosceremo come lui ci conosce. L’antico scopo di Dio inizia a concretizzarsi e ogni attimo che passa contribuisce alla sua realizzazione. La luce incandescente dalla quale quale siamo scappati, ora ci guida come colonna di fuoco nella notte della vita. Il tempo sembra insufficiente a realizzare l’opera perché da noioso e insensato è divenuto carico d’amore ardente. Ogni istante è riscaldato dal fuoco della parola di Dio con la quale serviamo gli uomini. Non abbiamo più tempo, non abbiamo più nulla di importante da fare per noi stessi o per le vanità della vita perché predichiamo con cuore infuocato fino a dolere. Ma non temiamo. E’ dolente vicino alla Croce, in attesa della risurrezione dei morti: “Colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi” (2Cor 4,14). Attraversiamo il tempo due volte, compiamo opere di anni in pochi giorni mentre la gente dorme o è confusa. Noi, infatti, compiamo l’opera di colui che ci ha inviati. Ci attende il grande apostolato al quale non possiamo rinunciare: “Predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mr 16,15). E’ anche l’inizio dell’obbedienza. Coloro, infatti, che hanno ascoltato sono andati a Gerusalemme e hanno atteso dei giorni. Poi si sono divisi e sono andati verso gli estremi della terra. Anche noi partiremo sulla nostra via, perché egli vuole così per noi.
Quando vediamo Gesù, il nostro pentimento avviene spontaneamente e vogliamo che venga guarito soltanto incontrandolo nello splendore della sua gloria. Quando vediamo la corone di spine, rigettiamo la gloria del mondo considerandola una zavorra che ci impedisce di avvicinarci di più per vedere meglio. Ci avviciniamo senza paura. La corona di spine, infatti, egli l’ha indossata per noi. E’ il mistero che dobbiamo comprendere perché realizzato per noi. Egli non ci impedisce di avvicinarci a lui per vedere meglio. Anzi, ci invita. La corona di spine è illuminata dal volto di Cristo, dall’orizzonte nel quale si staglia, al di là del mondo, perché lo vediamo e cambiamo vita per sempre. Circondato dalla corona, è il volto insanguinato dalle spine intrecciate, silenti.
Quanto tempo occorre per vedere Gesù? Nessun tempo. Ora, chiudo gli occhi, innalzo il cuore in preghiera e vedo la sua immagine, senza sforzo: “Chi mi ama, io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14:21). Il cuore che ama lo vede in ogni tempo. All’alba, prima che si risveglino i sensi stessi, vedremo il volto di Gesù. Lo vedremo alla fine dei sogni come fosse l’interpretazione di tutti i nostri sogni. Durante il giorno, quando ci ristoriamo dalla fatica del lavoro, nei nostri cuori prende forma la sua immagine  dai tratti celesti, con i colori dell’orizzonti. In mezzo al caos della vita quotidiana, saremo capaci di vederlo per un istante fuggente, come se andasse rapidamente verso la Galilea, come se volesse confermarci che egli è presente e che attende il nostro arrivo, alla fine del lavoro. Allora, lavoreremo più alacremente perché lo incontreremo a mezzogiorno, dopo aver finito di lavorare.
Dio mio, il velo del tempio si è squarciato dall’alto in basso ed eccomi nel Sancta Sanctorum, vedo la tua antica immagine e sento l’odore del nardo di gran prezzo. Il profumo della tua veste placa il dolore del peccato. Anch’io, Signore, aspetto la risurrezione dei morti. Dal tuo sepolcro, apri una via per me, una via quieta in mezzo ai fiori del giardino. Ora, però, non c’è più tempo. Andrò nelle città vicine, a Betania, sulla riva del Giordano. Fino al far del giorno.
 
rivista Marqus, aprile 1975, pp. 17-18, redazionale
traduzione dall’arabo di Marco Christodoulos

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