E’ possibile incontrare Gesù nel bel mezzo del caos della vita
quotidiana? Esistono ancora persone che lo incontrano di questi tempi?
Vi siete mai domandati per quanto tempo saremmo capaci di sopportare una
tale visione? Questi sono alcuni pensieri che mi sono venuti in mente
pensando a questa incredibile persona che è Gesù. Spesso però pensieri
simili vengono rapidamente accantonati e a restare è solo la nostalgia
dell’incontro. Alzando gli occhi in alto, verso i monti, attendiamo di
vedere l’Amato dell’anima nostra. Poi, arriva un momento in cui lo
vediamo. Quando? In quale tempo? Impossibile dirlo. Ecco formarsi il suo
volto piano piano, quietamente, in lontanza, quasi sfocato. I tratti
del suo volto luminoso già bastano. E’ il volto della persona più amata.
Quando lo incontriamo, accadono miracoli. Non riusciamo più a vivere
come prima, gli eventi quotidiani non cambiano eppure si elevano d’un
tratto, quietamente, a una dimensione eterna. Iniziamo a vivere secondo
la nuova prospettiva offertaci dalla visione. E’ l’antico scopo di Dio
per la nostra vita. Eccolo apparire. Ci troveremo a muoverci a passi
spediti e gioiremo come i bambini. Cammineremo vicino all’orizzonte, poi
più distanti. Incontreremo per via fatti invisibili che fanno parte di
un piano eterno. Ci verranno strappate cose che amavano. Non ci faremo
più di tanto caso. Continueremo a camminare e nulla ci fermerà. Abbiamo
visto il Signore Gesù e tutto ciò che desidera la nostra anima è
seguirlo. Vuoi andare spedito verso la vocazione che Dio ha in serbo per
te? Allora è assolutamente necessario vedere in maniera chiara Gesù.
Solo allora compirai il passaggio verso la fine, verso il punto finale,
senza affaticarti: “Ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza,
mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza
stancarsi” (Is 40:31). Non ci saranno brevi viaggi. Percorrerai tutta la
via dell’eternità con compagno il tuo canto e nulla più. Un canto che
altri ascolteranno e di cui gioiranno insieme a te: “Sulle mie labbra
pose un canto nuovo. I retti lo ascoltarono e ne gioirono”.
Così inizia la via: con la visione della gloria di Dio sul volto di
Gesù. La gloria di Dio ci rafforza, ci incoraggia, ci salva
dall’ignominia. Quando Dio ci appare in gloria, diventa impossibile
proseguire sulla via della perdizione. Questa gloria ci irradia a
partire dal volto di Cristo, dal suo cuore e dalle sue piaghe. Allora
odiamo noi stessi e supplichiamo perché le nostre anime siano
trasformate. Egli chiama dalla sua gloria eterna fino a che non lo
udiamo e proviamo lo sconcerto del pentimento. Egli ci chiama dal monte
Horeb e dal Golgota e noi ritorniamo a mezzogiorno. Ed ecco il primo
passo su un lungo viale. Eccoci avvicinarci alla fine, a passo spedito.
Qui il tempo non esiste. Ogni cosa deve avvenire prima del tramonto,
prima che passi il giorno. Gli attimi sono contati e gli anni
assomigliano al nulla. Da adesso, tutto è misurato secondo il metro
dell’eternità, con il metro dell’amore che non conosce fatica. Ameremo
perché egli ci ha amati per primo. Conosceremo come lui ci conosce.
L’antico scopo di Dio inizia a concretizzarsi e ogni attimo che passa
contribuisce alla sua realizzazione. La luce incandescente dalla quale
quale siamo scappati, ora ci guida come colonna di fuoco nella notte
della vita. Il tempo sembra insufficiente a realizzare l’opera perché da
noioso e insensato è divenuto carico d’amore ardente. Ogni istante è
riscaldato dal fuoco della parola di Dio con la quale serviamo gli
uomini. Non abbiamo più tempo, non abbiamo più nulla di importante da
fare per noi stessi o per le vanità della vita perché predichiamo con
cuore infuocato fino a dolere. Ma non temiamo. E’ dolente vicino alla
Croce, in attesa della risurrezione dei morti: “Colui che ha risuscitato
il Signore Gesù, risusciterà anche noi” (2Cor 4,14). Attraversiamo il
tempo due volte, compiamo opere di anni in pochi giorni mentre la gente
dorme o è confusa. Noi, infatti, compiamo l’opera di colui che ci ha
inviati. Ci attende il grande apostolato al quale non possiamo
rinunciare: “Predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mr 16,15). E’ anche
l’inizio dell’obbedienza. Coloro, infatti, che hanno ascoltato sono
andati a Gerusalemme e hanno atteso dei giorni. Poi si sono divisi e
sono andati verso gli estremi della terra. Anche noi partiremo sulla
nostra via, perché egli vuole così per noi.
Quando vediamo Gesù, il nostro pentimento avviene spontaneamente e
vogliamo che venga guarito soltanto incontrandolo nello splendore della
sua gloria. Quando vediamo la corone di spine, rigettiamo la gloria del
mondo considerandola una zavorra che ci impedisce di avvicinarci di più
per vedere meglio. Ci avviciniamo senza paura. La corona di spine,
infatti, egli l’ha indossata per noi. E’ il mistero che dobbiamo
comprendere perché realizzato per noi. Egli non ci impedisce di
avvicinarci a lui per vedere meglio. Anzi, ci invita. La corona di spine
è illuminata dal volto di Cristo, dall’orizzonte nel quale si staglia,
al di là del mondo, perché lo vediamo e cambiamo vita per sempre.
Circondato dalla corona, è il volto insanguinato dalle spine
intrecciate, silenti.
Quanto tempo occorre per vedere Gesù? Nessun tempo. Ora, chiudo gli
occhi, innalzo il cuore in preghiera e vedo la sua immagine, senza
sforzo: “Chi mi ama, io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14:21). Il
cuore che ama lo vede in ogni tempo. All’alba, prima che si risveglino i
sensi stessi, vedremo il volto di Gesù. Lo vedremo alla fine dei sogni
come fosse l’interpretazione di tutti i nostri sogni. Durante il giorno,
quando ci ristoriamo dalla fatica del lavoro, nei nostri cuori prende
forma la sua immagine dai tratti celesti, con i colori dell’orizzonti.
In mezzo al caos della vita quotidiana, saremo capaci di vederlo per un
istante fuggente, come se andasse rapidamente verso la Galilea, come se
volesse confermarci che egli è presente e che attende il nostro arrivo,
alla fine del lavoro. Allora, lavoreremo più alacremente perché lo
incontreremo a mezzogiorno, dopo aver finito di lavorare.
Dio mio, il velo del tempio si è squarciato dall’alto in basso ed
eccomi nel Sancta Sanctorum, vedo la tua antica immagine e sento l’odore
del nardo di gran prezzo. Il profumo della tua veste placa il dolore
del peccato. Anch’io, Signore, aspetto la risurrezione dei morti. Dal
tuo sepolcro, apri una via per me, una via quieta in mezzo ai fiori del
giardino. Ora, però, non c’è più tempo. Andrò nelle città vicine, a
Betania, sulla riva del Giordano. Fino al far del giorno.
rivista Marqus, aprile 1975, pp. 17-18, redazionale
traduzione dall’arabo di Marco Christodoulos
traduzione dall’arabo di Marco Christodoulos
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