Buonasera a tutti, cari fratelli e sorelle!
L’apostolo Paolo finiva questo brano della sua lettera ai nostri antenati con queste parole: non siete più sotto la Legge, ma sotto la grazia.
E
questa è la nostra vita: camminare sotto la grazia, perché il
Signore ci ha voluto bene, ci ha salvati, ci ha perdonati. Tutto ha
fatto il Signore, e quella è la grazia, la grazia di Dio.L’apostolo Paolo finiva questo brano della sua lettera ai nostri antenati con queste parole: non siete più sotto la Legge, ma sotto la grazia.
Noi siamo in cammino sotto la grazia di Dio, che è venuta da
noi in Gesù Cristo che ci ha salvato. Ma questo ci apre verso un
orizzonte grande, e questo è per noi gioia. “Voi non siete più
sottola Legge, ma sotto la grazia”. Ma cosa significa, questo “vivere
sotto la grazia”? Cercheremo di spiegare qualcosa di che significa
vivere sotto la grazia.
È la nostra gioia, è la nostra libertà. Noi siamo liberi. Perché?
Perché viviamo sotto la grazia. Noi non siamo più schiavi della Legge: siamo
liberi perché Gesù Cristo ci ha liberati, ci ha dato la libertà, quella
piena libertà di figli di Dio, che viviamo sotto la grazia. Questo è un tesoro. Cercherò di spiegare un po’ questo mistero tanto bello, tanto grande. Vivere sotto la grazia.
Quest’anno avete lavorato tanto sul Battesimo e anche sul rinnovamento della pastorale post-battesimale. Il Battesimo, questo passare da “sotto la Legge” a “sotto la grazia”, è una rivoluzione. Sono tanti i rivoluzionari nella storia, eh?, sono stati tanti.
Quest’anno avete lavorato tanto sul Battesimo e anche sul rinnovamento della pastorale post-battesimale. Il Battesimo, questo passare da “sotto la Legge” a “sotto la grazia”, è una rivoluzione. Sono tanti i rivoluzionari nella storia, eh?, sono stati tanti.
Ma nessuno ha avuto la forza di questa rivoluzione che ci ha portato Gesù. Una
rivoluzione per trasformare la storia che cambia in profondità il cuore
dell’uomo. Le rivoluzioni della storia hanno cambiato i sistemi
politici, economici, ma nessuna di esse ha veramente modificato il cuore
dell’uomo. La vera rivoluzione, quella che trasforma
radicalmente la vita, l’ha compiuta Gesù Cristo attraverso la sua
Resurrezione:la Croce ela Resurrezione.
E Benedetto XVI diceva, di questa rivoluzione, che “è la più
grande mutazione della storia dell’umanità”. Ma pensiamo questo, eh?
È la più grande mutazione della storia dell’umanità, è una vera
rivoluzione e noi siamo rivoluzionarie e rivoluzionari di questa
rivoluzione, perché noi andiamo per questa strada della più grande
mutazione della storia dell’umanità.
Un cristiano, se non è rivoluzionario, in questo tempo, non è cristiano! Deve essere rivoluzionario per la grazia!
Proprio la grazia che il Padre ci dà attraverso Gesù Cristo crocifisso,
morto e risorto fa di noi rivoluzionari, perché – e cito nuovamente
Benedetto – “è la più grande mutazione della storia dell’umanità”.
Perché cambia il cuore.
Il profeta Ezechiele lo diceva: “Toglierò da voi il cuore di
pietra e vi darò un cuore di carne”. E questa è l’esperienza che vive
l’Apostolo Paolo: dopo avere incontrato Gesù sulla via di
Damasco, cambia radicalmente la sua prospettiva di vita e riceve il
Battesimo. Dio trasforma il suo cuore! Ma pensate, eh?: un persecutore,
uno che inseguivala Chiesa e i cristiani, diventa un santo, un cristiano
fino alle ossa, proprio un cristiano vero! Prima è un violento
persecutore, ora diventa un apostolo, un testimone coraggioso di Gesù
Cristo, al punto di non aver paura di subire il martirio. Quel Saulo che
voleva uccidere chi annunziava il Vangelo, alla fine dona la sua vita
per annunciare il Vangelo.
È questo il mutamento, il più grande mutamento del quale ci
parlava Papa Benedetto. Ti cambia il cuore, da peccatore – da peccatore:
tutti siamo peccatori – ti trasforma in santo. E ciascuno di
noi non è peccatore? Ma, se c’è qualcuno, alzi la mano! Ah, guardi …
lavoro per lei, eh? Tutti siamo peccatori, eh?, tutti! Tutti siamo
peccatori!
Ma la grazia di Gesù Cristo ci salva dal peccato: ci salva! Tutti, se
noi accogliamo la grazia di Gesù Cristo, lui cambia il nostro cuore e
da peccatori ci fa santi. Per diventare santi non è necessario
girare gli occhi e guardare là, o avere un po’ una faccia di
immaginetta, tutta così, no? No, no, non è necessario quello! Una sola
cosa è necessaria per diventare santi: accogliere la grazia che il Padre
ci dà in Gesù Cristo. Ecco, questa grazia cambia il nostro
cuore. Continuiamo, noi, ad essere peccatori, perché tutti siamo deboli.
Ma anche con questa grazia che ci fa sentire che il Signore è buono,
che il Signore è misericordioso, che il Signore ci aspetta, che il
Signore ci perdona, questa grazia grande, che cambia il nostro cuore.
E, diceva il profeta Ezechiele, che da un cuore di pietra lo cambia in un cuore di carne. Cosa vuol dire, quello? Un cuore che ama, un cuore che soffre, un cuore che gioisce con gli altri, un cuore colmo di tenerezza per chi, portando impresse le ferite della vita, si sente alla periferia della società.
E, diceva il profeta Ezechiele, che da un cuore di pietra lo cambia in un cuore di carne. Cosa vuol dire, quello? Un cuore che ama, un cuore che soffre, un cuore che gioisce con gli altri, un cuore colmo di tenerezza per chi, portando impresse le ferite della vita, si sente alla periferia della società.
L’amore è la più grande forza di trasformazione della realtà,
perché abbatte i muri dell’egoismo e colma i fossati che ci tengono
lontani gli uni dagli altri. E questo è l’amore che viene da un cuore
mutato, da un cuore di pietra che è trasformato in un cuore di carne, un cuore umano.
E questo lo fa la grazia, la grazia di Gesù Cristo che noi tutti abbiamo ricevuto. Alcuni di voi, quanto costa la grazia, lo sa? Dove si vende la grazia? Dove posso comprare la grazia? Nessuno sa dirlo: no. Vado a comprarla dalla segretaria parrocchiale, forse lei la vende, la grazia? Qualche prete la vende, la grazia?
Ma, sentite bene questo: la grazia non si compra e non si
vende. È un regalo di Dio in Gesù Cristo. Gesù Cristo ci da la grazia. È
l’unico che ci da la grazia. È un regalo: ce lo offre, a noi.
Prendiamola. È bello questo. L’amore di Gesù è così: ci dà la grazia
gratuitamente. Gratuitamente. E noi dobbiamo darla ai fratelli, alle
sorelle, gratuitamente. È un po’ triste quando uno incontra alcuni che
vendono la grazia: nella storia della Chiesa alcune volte è accaduto,
questo, e ha fatto tanto male, tanto male. Ma la grazia non si può vendere: la ricevi gratuitamente e la dai gratuitamente. E questa è la grazia di Gesù Cristo.
E in mezzo a tanti dolori, a tanti problemi che ci sono qui, a Roma, c’è gente che vive senza speranza. Ma, ciascuno di noi può pensare, in silenzio, alle persone che vivono senza speranza, e sono immerse in una profonda tristezza da cui cercano di uscire credendo di trovare la felicità nell’alcol, nella droga, nel gioco d’azzardo, nel potere del denaro, nella sessualità senza regole … Ma si ritrovano ancora più delusi e talvolta sfogano la loro rabbia verso la vita con comportamenti violenti e indegni dell’uomo. Quante persone tristi, quante persone tristi, senza speranza!
E in mezzo a tanti dolori, a tanti problemi che ci sono qui, a Roma, c’è gente che vive senza speranza. Ma, ciascuno di noi può pensare, in silenzio, alle persone che vivono senza speranza, e sono immerse in una profonda tristezza da cui cercano di uscire credendo di trovare la felicità nell’alcol, nella droga, nel gioco d’azzardo, nel potere del denaro, nella sessualità senza regole … Ma si ritrovano ancora più delusi e talvolta sfogano la loro rabbia verso la vita con comportamenti violenti e indegni dell’uomo. Quante persone tristi, quante persone tristi, senza speranza!
Anche pensate a tanti giovani che, dopo aver sperimentato
tante cose, non trovano senso alla vita e cercano il suicidio, come
soluzione. Voi sapete quanti suicidi di giovani ci sono oggi, nel mondo?
Ma, la cifra è alta. Perché? Non hanno speranza. Hanno provato tante
cose e la società, che è crudele – è crudele! – non ti può dare
speranza.
E la speranza è come la grazia: non si può comprare, è un dono di Dio.
E noi dobbiamo offrire la speranza cristiana con la nostra
testimonianza, con la nostra libertà, con la nostra gioia. Il regalo che
ci dà Dio della grazia, porta la speranza. Noi, che abbiamo la
gioia di accorgerci che non siamo orfani, che abbiamo un Padre, possiamo
essere indifferenti verso questa città che ci chiede, forse anche
inconsapevolmente, senza saperlo, una speranza che l’aiuti a guardare il futuro con maggiore fiducia e serenità?
Noi non possiamo essere indifferenti. Ma come possiamo fare questo?
Come possiamo andare avanti e offrire la speranza? Andare per la strada:
“Ah, io ho la speranza!”? No. Con la vostra testimonianza, con il
vostro sorriso, dire: “Io credo che ho un Padre”. E l’annunzio
del Vangelo è questo: con la mia parola, con la mia testimonianza dire:
“Io ho un Padre. Non siamo orfani. Abbiamo un Padre”, e condividere
questa filiazione con il Padre e con tutti gli altri.
“Ah, padre, adesso capisco: si tratta di convincere gli altri, di
fare proseliti!”. No: niente di quello. Il Vangelo è come il seme: tu lo
semini, lo semini con la tua parola e con la tua testimonianza. E
poi, non fai la statistica di come è andato quello: la fa Dio. Lui fa
crescere questo seme. Ma dobbiamo seminare con quella certezza che
l’acqua la dà Lui, la crescita la da Lui. E anche noi, non
facciamo la raccolta: la farà un altro prete, un altro laico, un’altra
laica, un altro la farà. Ma la gioia di seminare con la testimonianza,
perché con la parola solo non basta: non basta. Parola senza testimonianza è aria. Le parole non bastano. La vera testimonianza che dice Paolo.
L’annunzio del Vangelo è destinato innanzitutto ai poveri, a quanti mancano spesso del necessario per condurre una vita dignitosa. A loro è annunciato per primi il lieto messaggio che Dio li ama con predilezione e viene a visitarli attraverso le opere di carità che i discepoli di Cristo compiono in suo nome. Prima di tutto, andare ai poveri: quello è il primo. Nel momento del Giudizio finale, possiamo leggere in Matteo 25, tutti saremo giudicati su questo.
L’annunzio del Vangelo è destinato innanzitutto ai poveri, a quanti mancano spesso del necessario per condurre una vita dignitosa. A loro è annunciato per primi il lieto messaggio che Dio li ama con predilezione e viene a visitarli attraverso le opere di carità che i discepoli di Cristo compiono in suo nome. Prima di tutto, andare ai poveri: quello è il primo. Nel momento del Giudizio finale, possiamo leggere in Matteo 25, tutti saremo giudicati su questo.
Ma alcuni, poi, pensano che il messaggio di Gesù sia
destinato a coloro che non hanno una preparazione culturale: ah, no! No.
L’apostolo afferma con forza che il Vangelo è per tutti, anche per i
dotti. La sapienza, che deriva dalla Resurrezione, non si oppone a
quella umana ma, al contrario, la purifica, la eleva.La Chiesa è sempre stata presente nei luoghi dove lavora la cultura. Ma il primo passo, sempre la priorità ai poveri.
Ma anche dobbiamo andare alle frontiere dell’intelletto,
della cultura, nell’altezza del dialogo, del dialogo che fa la pace, del
dialogo intellettuale, del dialogo ragionevole. È per tutti, il
Vangelo, eh? Questo di andare verso i poveri non significa che noi
dobbiamo diventare pauperisti, o una sorta di barboni spirituali: no, no, non significa quello, non significa. Significa che dobbiamo andare verso la carne di Gesù che soffre, ma anche soffre la carne di Gesù di quelli che non lo conoscono con il loro studio, con la loro intelligenza, con la loro cultura…
Dobbiamo andare là! Perciò, a me piace usare l’espressione
“andare verso le periferie”, le periferie esistenziali. Tutti, tutti
quelli, dalla povertà fisica e reale alla povertà intellettuale, che è
reale, pure. Tutte le periferie, tutti gli incroci: andare là. E là, seminare il seme del Vangelo, con la parola e con la testimonianza.
E questo significa che noi dobbiamo avere coraggio. Paolo VI diceva che lui non capiva i cristiani scoraggiati: non li capiva. Questi cristiani tristi, ansiosi, questi cristiani che uno pensa se credono in Cristo o nella dea Lamentela: non si sa mai. Ma tutti i giorni si lamentano, si lamentano … E come va il mondo, guarda, che calamità, le calamità …
E questo significa che noi dobbiamo avere coraggio. Paolo VI diceva che lui non capiva i cristiani scoraggiati: non li capiva. Questi cristiani tristi, ansiosi, questi cristiani che uno pensa se credono in Cristo o nella dea Lamentela: non si sa mai. Ma tutti i giorni si lamentano, si lamentano … E come va il mondo, guarda, che calamità, le calamità …
Ma, pensa, il mondo non è peggio di cinque secoli fa, no? Il mondo è il mondo: è sempre stato il mondo. E quando uno si lamenta e va così, non si può far niente, ah, la gioventù, e così, no? – ma, voi conoscete … io vi faccio una domanda: voi conoscete cristiani così? Ce ne sono, ce ne sono, eh?
Ma, il cristiano dev’essere coraggioso e davanti al problema,
davanti ad una crisi sociale, religiosa deve avere il coraggio di
andare avanti, di andare avanti con coraggio. E quando non si può far
niente, con pazienza: sopportando. Sopportare. Coraggio e pazienza, queste due virtù di Paolo.
Coraggio: andare avanti, fare le cose, dare testimonianza
forte: avanti! Sopportare, portare sulle spalle le cose che non si
possono cambiare ancora. Ma andare avanti con questa pazienza,
con questa pazienza che ci dà la grazia. Ma, cosa dobbiamo fare con il
coraggio e con la pazienza?
Uscire da noi stessi: uscire da noi stessi. Uscire dalle
nostre comunità per andare lì, dove gli uomini e le donne vivono,
lavorano e soffrono e annunciare loro la misericordia del Padre che si è fatta conoscere agli uomini in Gesù Cristo di Nazareth. Annunciare questa grazia che ci è stata regalata di Gesù.
Se ai sacerdoti ho chiesto, Giovedì Santo, di essere pastori con
l’odore delle pecore, a voi, cari fratelli e sorelle, dico: siate
ovunque portatori della Parola di vita nei nostri quartieri, nei luoghi
di lavoro e dovunque le persone si ritrovino e sviluppino relazioni. Voi
dovete andare fuori. Io non capisco le comunità cristiane che sono chiuse in parrocchia …
Ma voglio dirvi una cosa, eh? Nel Vangelo è bello quel brano che ci
parla del pastore che, quando torna, si accorge che manca una e lascia
le 99 e va a cercare una. Ma, fratelli e sorelle, abbiamo una: ci mancano 99! Dobbiamo
uscire, dobbiamo uscire da loro! Ma, in questa cultura, diciamoci la
verità: in questa cultura ne abbiamo soltanto una, siamo minoranza, e
noi sentiamo il fervore, lo zelo apostolico di andare e uscire e trovare
le altre 99? Eh, quella è una responsabilità grande, e dobbiamo
chiedere al Signore la grazia della generosità e il coraggio e la
pazienza per uscire, per uscire ad annunziare il Vangelo. Ah, questo è
difficile.
È più facile restare a casa, con quella unica pecorella, eh? È
più facile! Eh, con quella pecorella, pettinarla, carezzarla … ma a noi
preti, anche a voi cristiani, tutti, il Signore ci vuole pastori, non
pettinatori di pecorelle: pastori! E quando una comunità è
chiusa, sempre tra le stesse persone che parlano, e così, questa
comunità non è una comunità che dà vita. È una comunità sterile, non è feconda.
La fecondità del Vangelo viene per la grazia di Gesù Cristo ma
attraverso noi, la nostra predicazione, il nostro coraggio, la nostra
pazienza.
Viene un po’ lunga, no?, la cosa? Eh? Ma, non è facile. E dobbiamo dirci la verità: il lavoro di evangelizzare, di portare avanti la grazia gratuitamente non è facile. Perché non siamo noi soli con Gesù Cristo. Anche c’è un avversario, un nemico che vuole tenere gli uomini separati da Dio. E per questo instilla nei cuori la delusione, quando noi non vediamo ricompensato subito il nostro impegno apostolico.
Viene un po’ lunga, no?, la cosa? Eh? Ma, non è facile. E dobbiamo dirci la verità: il lavoro di evangelizzare, di portare avanti la grazia gratuitamente non è facile. Perché non siamo noi soli con Gesù Cristo. Anche c’è un avversario, un nemico che vuole tenere gli uomini separati da Dio. E per questo instilla nei cuori la delusione, quando noi non vediamo ricompensato subito il nostro impegno apostolico.
Il diavolo ogni giorno getta nei nostri cuori semi di pessimismo e di amarezza, e uno si scoraggia: noi ci scoraggiamo.
“Eh, non va, abbiamo fatto questo, non va, abbiamo fatto quell’altro e
non va, e guarda tu quella religione come attira tanta gente e noi no
…”: è il diavolo che mette questo, no?
Dobbiamo prepararci alla lotta spirituale. E questo è
importante. Non si può predicare il Vangelo senza questa lotta
spirituale: una lotta di tutti i giorni contro la tristezza, contro
l’amarezza, contro il pessimismo … una lotta di tutti i giorni.
Seminare non è facile: è più bello raccogliere. Ma seminare non è
facile, e questa è la lotta di tutti i giorni dei cristiani.
Paolo diceva che lui aveva l’urgenza di predicare e lui aveva l’esperienza di questa lotta spirituale, quando diceva: “Ho nella mia carne una spina di satana che tutti i giorni la sento”. Anche noi abbiamo spine di satana che ci fanno soffrire e ci fanno andare con difficoltà e spesso ci scoraggiano.
Paolo diceva che lui aveva l’urgenza di predicare e lui aveva l’esperienza di questa lotta spirituale, quando diceva: “Ho nella mia carne una spina di satana che tutti i giorni la sento”. Anche noi abbiamo spine di satana che ci fanno soffrire e ci fanno andare con difficoltà e spesso ci scoraggiano.
Prepararci alla lotta spirituale: l’evangelizzazione chiede da noi un vero coraggio anche per questa lotta interiore, eh?, nel
nostro cuore, per dire con la preghiera, con la mortificazione, con la
voglia di seguire Gesù, con i Sacramenti che sono un incontro con Gesù, dire a Gesù: Grazie, grazie per la Tua grazia. Voglio portarla agli altri. Ma questo è lavoro: questo è lavoro. Questo si chiama – non vi spaventate – si chiama martirio:
il martirio è questo. Fare la lotta, tutti i giorni, per testimoniare.
Questo è martirio. E ad alcuni il Signore chiede il martirio della vita.
Ma c’è il martirio di tutti i giorni, di tutte le ore: la testimonianza
contro lo spirito del male che non vuole che noi siamo evangelizzatori.
E adesso, vorrei finire pensando una cosa. In questo tempo, in cui la gratuità sembra affievolirsi nelle relazioni interpersonali, perché tutto si vende e tutto si compra e la gratuità è difficile trovarla, noi cristiani annunciamo un Dio che per essere nostro amico non chiede nulla se non di essere accolto. L’unica cosa che chiede Gesù: essere accolto. Pensiamo a quanti vivono nella disperazione perché non hanno mai incontrato qualcuno che abbia loro mostrato attenzione, li abbia consolati, li abbia fatti sentire preziosi e importanti.
E adesso, vorrei finire pensando una cosa. In questo tempo, in cui la gratuità sembra affievolirsi nelle relazioni interpersonali, perché tutto si vende e tutto si compra e la gratuità è difficile trovarla, noi cristiani annunciamo un Dio che per essere nostro amico non chiede nulla se non di essere accolto. L’unica cosa che chiede Gesù: essere accolto. Pensiamo a quanti vivono nella disperazione perché non hanno mai incontrato qualcuno che abbia loro mostrato attenzione, li abbia consolati, li abbia fatti sentire preziosi e importanti.
Noi, discepoli del Crocifisso, possiamo rifiutarci di andare in quei
luoghi dove nessuno vuole andare per la paura di comprometterci e del
giudizio altrui, e così negare a questi nostri fratelli l’annuncio della
Parola di Dio? La gratuità: noi abbiamo ricevuto questa gratuità, questa grazia, gratuitamente; dobbiamo darla, gratuitamente.
E questo è quello che alla fine voglio dirvi. Non avere paura: non
avere paura. Non avere paura dell’amore, dell’amore di Dio, di nostro
Padre. Non avere paura. Non avere paura di ricevere la grazia di
Gesù Cristo, non avere paura della nostra libertà che viene data dalla
grazia di Gesù Cristo o, come diceva Paolo: “Non siete più sotto la
Legge, ma sotto la grazia”. Non avere paura della grazia, non
avere paura di uscire da noi stessi, non avere paura di uscire dalle
nostre comunità cristiane per andare a trovare quelle 99 che non sono a
casa. E andare a dialogare con loro, e dire loro che cosa pensiamo,
andare a mostrare il nostro amore che è l’amore di Dio.
Cari, cari fratelli e sorelle: non abbiamo paura! Andiamo avanti per dire ai nostri fratelli e alle nostre sorelle che noi siamo sotto la grazia, che Gesù ci da la grazia e quello non costa niente: soltanto, riceverla. Avanti!
Cari, cari fratelli e sorelle: non abbiamo paura! Andiamo avanti per dire ai nostri fratelli e alle nostre sorelle che noi siamo sotto la grazia, che Gesù ci da la grazia e quello non costa niente: soltanto, riceverla. Avanti!
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