X DOMENICA T.O.
“I loro idoli sono argento e oro, opera
delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono,
hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Le loro mani non palpano,
i loro piedi non camminano; dalla loro gola non escono suoni!” (Salmo 115,4ss).
Le parole di questo salmo sintetizzano bene la situazione di chi si affida agli
idoli: il totale abbandono, la solitudine. E’ la stessa esperienza che vissero
i “profeti” di Baal, provocati dal Elia: “non
vi fu voce, né chi rispondesse” (1Re 18,26).
Ben diversa è la condizione di chi confida in Dio, infatti Gesù “si avvicinò
e toccò la bara, mentre i
portatori si fermarono. Poi disse:
«Ragazzo, dico a te, àlzati!» (Lc 7,14).
Per noi Dio non è solamente un essere lontano e astratto, ma il concreto “compagno”
di vita: Dio ci parla, ci tocca. In una lettera santa Chiara di Assisi scrive
ad Agnese: “Il suo amore vi farà casta,
le sue carezze più pura, … la sua bellezza è più seducente, il suo amore più
dolce ed ogni suo favore più fine. … Egli ha ornato il vostro petto di pietre
preziose; alle vostre orecchie ha fissato inestimabili perle; e tutta vi ha
rivestita di nuove e scintillanti gemme, come a primavera, e vi ha incoronata
di un diadema d’oro, inciso col simbolo della santità”; tutto parla di
relazione fisica, non di semplici idee e pensieri.
Oggi i passi di Gesù si incrociano con quelli di una donna, che vive l’esperienza
della solitudine più radicale. Per lei il Signore prova compassione, perché vede
la ferita che sanguina in lei. Per noi la compassione è un sentimento di
partecipazione al dolore altrui, ma che, spesso, non porta a nulla, invece per
Gesù è davvero un com-patire,
patire-insieme, che lo porta ad agire per alleviare la sofferenza. Da quella
compassione rinasce la vita. Egli rende il figlio alla madre.
E’ inevitabile chiederci: perché Gesù non ha la stessa compassione per
noi? perché ha risuscitato così poche persone e lascia che viviamo la fatica, a
volte lacerante, del lutto?
Con queste resurrezioni Gesù manifesta, che Dio è Signore della vita, ma
anche, che la morte fa parte della nostra storia. Siamo destinati ad
attraversare questo varco. La morte non è un salto nel nulla, ma passaggio da
vita a vita.
A noi è data la possibilità di guardare alla morte con occhi diversi.
Anche a noi Gesù dice: “Non piangere”,
e le lacrime possono asciugarsi proprio perché la morte viene riconosciuta per
quello che è, il passaggio verso “la
gioia piena e dolcezza senza fine”. Scrive Giulia, la ragazzina bergamasca
morta nel 2011 a 13 anni: “Ora so che la
mia storia può finire solo in due modi: o grazie a un miracolo, con la completa
guarigione, che io chiedo al Signore, perché ho tanti progetti da realizzare. E
li vorrei realizzare proprio io. Oppure, incontro al Signor, che è una
bellissima cosa. Sono entrambi due bei finali. L’importante è che … sia fatta
la volontà di Dio … So che dopo la morte c’è il Signore, ritorno da Lui. Lui è
tanto buono, mi prende tra le sue braccia. C’è la Madonnina. Che bello
conoscerli” (Giulia Gabrielli, Un gancio in mezzo al cielo, Paoline 83).
Gesù però ci ha lasciato anche un sacramento tanto bello quanto
incompreso, segno della sua compassione, attraverso il quale ancora oggi si
avvicina a noi, ci tocca e ci parla e può guarirci: l’unzione degli infermi,
conosciuto in passato come estrema unzione.
Purtroppo la nostra poca fede, ci spinge a evitarlo, quasi con
scaramanzia, ostacolando così la possibilità di Dio di venirci in soccorso.
Molti pensano che sia da richiedere quando la persona è oramai incosciente,
così che non si spaventi, invece sarebbe da richiedere proprio quando ancora c’è
possibilità di guarigione. Ascoltiamo le parole che il Vescovo pronuncia il
Giovedì santo per consacrare l’olio necessario per il sacramento: “O Dio, Padre di consolazione, che per mezzo
del tuo Figlio hai voluto recare sollievo alle sofferenze degli infermi,
ascolta la preghiera della nostra fede: manda dal cielo il tuo Spirito Santo
Paraclito su quest’olio, frutto dell’olivo, nutrimento e sollievo del nostro
corpo; effondi la tua santa benedizione perché quanti riceveranno l’unzione
ottengano conforto nel corpo, nell’anima e nello spirito, e siano liberati da
ogni malattia, angoscia e dolore. Questo dono della tua creazione diventi olio
santo da
te benedetto per noi, nel nome del nostro Signore Gesù Cristo”.
te benedetto per noi, nel nome del nostro Signore Gesù Cristo”.
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