Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 22 febbraio 2014

Siate santi!



VII DOMENICA T.O,

     Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo” (Lv 19,2).
Chissà perché, quando ci sentiamo rivolgere questo invito, anzi, quando sentiamo che questa è la nostra vocazione comune, un po’ ci spaventiamo. Forse,  perché confondiamo la santità con la perfezione morale o con fenomeni da super uomini o super donne. In realtà Dio non ci chiama alla perfezione - che è assenza di difetti - ma alla santità.

     Penso che sia piuttosto il principe di questo mondo a illuderci di poter diventare perfetti. Il nostro è un mondo che rifiuta il limite, la mancanza; bisogna essere belli, intelligenti, sani, capaci ecc .. altrimenti la società ci mette da parte, se addirittura non ci elimina (cfr l’aborto nei confronti dei bambini affetti da handycapp). Sapete perché, il demonio ci chiama alla perfezione? Proprio perché sa che non possiamo raggiungerla, così ci butta addosso il senso di frustrazione per la nostra inadeguatezza. Vuole farci sentire dei falliti.
     La santità è un’altra cosa. Santo è chi affida se stesso a Dio, affinché Lui operi meraviglie. Dio sa moltiplicare i pani e pesci - da pochi diventano migliaia -; volete che con noi, con i nostri limiti, fisici, psicologici, spirituali, non possa generare bellezza? Non ha bisogno di altro che delle nostra disponibilità.
     Santità è rifiutarsi di accontentarsi, di puntare sempre al minimo nelle cose di Dio. E’ scegliere di spendere la propria quotidianità per donare il meglio di ciò che si è e di ciò che si ha, ben sapendo che solo con l’aiuto del Signore si possono fare le grandi cose o meglio, fare grandi le piccole cose.
     C’è una via maestra per essere fedeli alla chiamata di Dio: “Le parole del Vangelo sono miracolose. Se non ci trasformano, è perché non chiediamo loro di trasformarci.  .. Nel Vangelo di Gesù si cono brani quasi totalmente misteriosi, non sappiamo come tradurli nella nostra vita, ma ce ne sono altri impietosamente limpidi. Esiste una fedeltà candida a ciò che comprendiamo, che ci condurrà a comprendere quanto resta misterioso … Non ci è domandato che di obbedire … e non sono i ragionamenti che ci aiuteranno a farlo. … L’obbedienza fiduciosa … non domanda spiegazioni, ma semplicemente obbedisce e lo fa non a motivo di ciò che viene ordinato, ma a causa di colui che ordina” (Madeleine Delbrel, La gioia di credere).



Se ci sono molti santi che non amano danzare,
ce ne sono molti altri che hanno avuto bisogno di danzare,
tanto erano felici di vivere:
Santa Teresa con le sue nacchere,
San Giovanni della Croce con un Bambino Gesù tra le braccia,
e san Francesco, davanti al Papa.
Se noi fossimo contenti di te, Signore,
non potremmo resistere
a questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo,
e indovineremmo facilmente
quale danza ti piace farci danzare
facendo i passi che la tua Provvidenza ha segnato.
Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza
della gente che, sempre, parla di servirti col

piglio da condottiero,
di conoscerti con aria da professore,
di raggiungerti con regole sportive,
di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato […]
Facci vivere la nostra vita,
non come un giuoco di scacchi dove tutto è calcolato,
non come una partita dove tutto è difficile,
non come un teorema che ci rompa il capo,
ma come una festa senza fine dove il tuo incontro si rinnova,
come un ballo,
come una danza,
fra le braccia della tua grazia,
nella musica che riempie l'universo d'amore.

Signore, vieni a invitarci.



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