Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 1 marzo 2014

Non preoccupatevi



VIII DOMENICA  T.O.

     “Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste”  (Lc 9,12ss).
     Perché citare questo episodio della vita di nostro Signore?

     Perché mi pare ci aiuti a comprendere il senso profondo del passo evangelico che abbiamo ascoltato dalla liturgia, ma anche le splendide parole tramandateci dal profeta Isaia.
     Non nascondiamocelo, le parole di Gesù, le troviamo bellissime, ma troppo poetiche. Come facciamo a dire alla gente, oggi, nel bel mezzo di una crisi economica spaventosa: “”Guardate gli uccelli del cielo … Guardate i gigli del campo … Non preoccupatevi dunque …” (Mt 6,26;28;31). Le bollette chi le paga? Dobbiamo forse aspettare che i  soldi per le bollette cadano dal cielo? Intanto che aspettiamo recitiamo sereni il Rosario?
     Allora vuol dire che le parole di Gesù van bene solo per alcuni e solo nei periodi in cui l’economia funziona? Oppure, che la parola di Dio è solo per i santi eroici?
     La Parola di Dio è per me e per voi, come per ogni uomo di questo mondo e della nostra storia. Dio la sta pronunciando adesso per noi, quindi questa interpella noi, ora. Dobbiamo però comprenderla.
     Tornando all’episodio della moltiplicazione dei pani, gli apostoli hanno constatata la necessità della gente e hanno cercato di scaricare il problema: “Congeda la folla, perché vada … per alloggiare e trovare cibo”. Nella risposta di Gesù, ci sta, secondo me, il senso profondo della parola di oggi: “Voi stessi date loro da mangiare”.
     E’ possibile  non preoccuparsi eccessivamente del cibo, del vestito ecc … laddove vi è una comunità che sa farsi carico dell’altro nel suo problema e non “scarica”. La provvidenza divina, certamente può seguire le strade dello straordinario – facendoci avere miracolosamente ciò di cui necessitiamo -, ma, credo che, normalmente si serve delle mani, dei piedi, della bocca, degli uomini. E’ come il passaggio tra la sorgente e l’assetato; c’è bisogno di un canale che conduca l’acqua e la faccia giungere a destinazione. Così è per la carità di Dio. Dove ci sono uomini e donne, trasformati dal Vangelo, capaci di compassione e di farsi carico della fatica altrui, lì certamente, la provvidenza divina può agire. Viceversa dove vi sono uomini e donne ripiegati su se stessi, troppo auto centrati sui propri problemi, la provvidenza divina è inevitabilmente ostacolata.
     L’evangelista Luca chiarisce tutto questo, quando ci descrive la prima comunità cristiana: “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti avevano un cuor solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. … Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano … vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto” (At 4,32ss).
     Io posso non preoccuparmi eccessivamente delle cose materiali, se vivo in una realtà dove altri sanno farsi carico di me e dove io mi faccio carico degli altri.
     Come gli apostoli, possiamo dire: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci”; infatti, a volte i nostri mezzi sono molto limitati. L’alternativa allora e tra fermarci impotenti, oppure – e questo è ciò che ci chiede il Signore -, dare ciò che abbiamo in beni, in tempo, capacità ecc .., lasciando che il Signore li moltiplichi.
     Dove c’è una comunità matura nella fede, davvero si può affermare, che Dio non si dimentica e si commuove per il frutto delle sue viscere.
     Ora chiediti: “Io sono uno strumento della provvidenza divina o un ostacolo?”.

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