V
DOMENICA DI PASQUA
Dio ha creato l'essere umano a Sua
immagine e somiglianza, ma l'essere umano tende, anche se non se ne accorge, a
creare Dio a propria immagine e somiglianza. Così Dio rischia di diventare una
proiezione dei propri desideri, delle paure o delle proprie riflessioni.
Troppo spesso dimentichiamo le parole del
Signore: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri … quanto il cielo
sovrasta la terra, tanto … i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is
55, 8s). Giobbe affermò a un certo
punto: “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno
veduto. Perciò mi ricredo e mi pento» (Gb 42,5s).
Ecco allora che, oggi, Gesù ci dice
qualcosa di sé; si svela a noi e afferma: “Chi ha visto me, ha visto il
Padre … Io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14,9;11). Siamo davanti a
una dichiarazione che, oramai, non ci provoca più granché, ma che, certamente,
faceva venire meno il fiato e tremare le gambe ai nostri padri; Gesù, infatti,
dice chiaramente la Sua identità con Dio Padre. Gesù dichiara, di essere Dio.
Qualcuno dirà: “Chissà che novità
questa?”, eppure dobbiamo lasciare che Gesù ce lo ripeta, perché non possiamo
dare mai nulla per scontato.
Oggi, come Chiesa, affermiamo nuovamente e
con forza la nostra fede: “Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito
Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da
Luce, Dio vero da Dio vero” (Simbolo Niceno-Costantinopolitano”.
Gesù afferma che guardando Lui e
ascoltando le sue parole, contemplando il suo agire, noi vediamo Dio. I Padri
conciliari ci dicono: “Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in
persona … Dio invisibile nel suo grande
amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli
e ammetterli alla comunione con sé. Dopo aver a più riprese e in più modi,
parlato per mezzo dei profeti, Dio “ alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a
noi per mezzo del Figlio”. Mandò infatti suo Figlio, … affinché dimorasse tra
gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio” (DV 2;4). Allora, più che immaginare, più che
ragionare, contempliamo Dio e
ascoltiamoLo, quanta bellezza incontreremo.
Gesù ci ha svelato qualcosa di sé, san
Pietro ci svela qualcosa di noi stessi: “Voi siete stirpe eletta, sacerdozio
regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato” (1Pt 2,9). Siamo
importanti. Siamo voluti e scelti; Dio vuole avere bisogno di noi. Attraverso
di noi, ognuno con il suo proprio ruolo e ministero, all'interno della Chiesa,
che consentiamo a Dio di continuare la Sua opera nella storia. Certo potrebbe
fare tutto da solo, senza la collaborazione fragile e tante volte ostacolante
di noi cristiani, ma preferisce fare così. Vuole che gli uomini e le donne
della Chiesa di ogni secolo e di ogni luogo, gli prestino le loro mani, per
curare, accarezzare, accompagnare; vuole i nostri occhi, per guardare con
compassione i Suoi figli; vuole i nostri orecchi, per ascoltare le pene e le
fatiche di chi cammina in “questa valle di lacrime”; vuole i nostri piedi, per
camminare a fianco di chi è stanco e per guidare i dispersi; vuole la nostra
lingua, per dire parole di benedizione, per richiamare e correggere e per
proclamare le Sue opere ammirevoli. Lo sa benissimo, che a volte la nostra
lingua è come una spada, le nostre mani, strumenti di morte; che i nostri piedi
portano fuori strada e i nostri occhi si accontentano di guardare gli altri in
superficie, eppure, chiede aiuto a noi. Un giorno gli chiederemo, perché ha
voluto perdere così tanto tempo, invece di fare tutto a meraviglia, da solo, ma
intanto gli offriamo la nostra debolezza, affinché con la Sua Grazia, la
trasformi in strumento di bene per tutti.
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