ASCENSIONE
DEL SIGNORE
“Perché
state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a
voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui lo
avete visto andare in cielo”
(At 1,11). Ringraziamo questi due angeli per le loro parole, perché
per noi è importante sapere che l'Ascensione non è una scena di
addio.
Gesù non ha abbandonato i suoi, come non ha abbandonato noi;
ha solamente cambiato il modo di essere presente, prima
di portare a compimento il progetto del Padre alla fine dei tempi.
Del resto le Sue parole non lasciano dubbi: “Io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”
(Mt 28,20). Infatti
a
noi non basta che il Signore stia nel passato, tra l'altro troppo
lontano, perché vogliamo stare con Lui, oggi; dalla Sua voce,
vogliamo ascoltare la parola del Vangelo, perché
“se tu non mi parli, sono come chi scende nella fossa”
(Salmo 28,1);
i nostri occhi vogliono vederLo
e le nostre mani toccarLo.
Ti
ringraziamo Signore, perché hai voluto continuare a essere presente
nella storia, con il Tuo corpo che è la Chiesa, infatti Tu sei, “il
capo del corpo, della Chiesa”
(Col 1,18). Come “le
schiere degli angeli … vedendo la natura mortale ascendere unita a
te, incessantemente ti celebravano, piene di stupore. Restarono
attoniti i cori degli angeli, … vedendoti salire con un corpo”
(Anthologhion,
Vespro
dell'Ascensione, 449),
così
noi restiamo stupiti del fatto di questa presenza oggi,
attraverso la fragilità della nostra umanità. Potevi
scegliere mille modi migliori, ma hai voluto agire ed esserci
attraverso la Chiesa.
Oggi
Signore, ti riconosciamo nell'Eucaristia, perché Tu hai detto: “la
mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”
(Gv 6,55s); sappiamo anche che, dove due o tre sono riuniti nel tuo
nome, Tu sei in mezzo a loro e
che, chiunque compie un atto di carità a uno dei tuoi, lo fa a te.
Donaci allora
occhi,
capaci di riconoscerti.
Dall'Ascensione
del Signore, inizia poi
il
tempo della responsabilità e della missione; Gesù ci ha affidato il
compito di fare discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del
Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare
tutto ciò che ci ha comandato. Scrive
papa Francesco: “Il
bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza autentica di verità
e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona
che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità
davanti alle necessità degli altri. Comunicandolo, il bene
attecchisce e si sviluppa”
(EG
II,9); per noi vivere e annunciare il Vangelo, non è un peso in più,
nella vita già faticosa, ma un'esigenza. E' vero che siamo piccoli e
peccatori, ma dal cuore ci sgorgano le parole di Paolo: “Infatti
annunciare il Vangelo ... è una necessità che mi si impone: guai a
me se non annuncio il Vangelo!”
(1Cor 9,16).
San
Francesco ha qualcosa da dirci: “non
facciano liti o dispute, ma siano soggetti
a ogni creatura umana per amore di Dio
a
e confessino di essere cristiani. L'altro
modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola
di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e
Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e
Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani” (RnB
XVI). Egli sta parlando ai frati che vogliono andare in missione tra
i musulmani, ma penso che il suo insegnamento possa estendersi a
tutti.
Potremmo
sintetizzare il suo messaggio in una frase tratta da un sermone di
sant'Antonio: “Tacciano
le parole, parlino le opere”.
Manda
il tuo Spirito in noi o Padre, affinché tutta la nostra esistenza
diventi un annuncio chiaro e bello di Te.
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