XX DOMENICA T.O.
Potremmo stare a lungo a disquisire sul
comportamento manifestato da Gesù in quest’occasione e anche potremmo arrivare
ad accusarlo di insensibilità o, nella migliore delle ipotesi, di
maleducazione. E’ indubbio che l’atteggiamento del Signore è strano, ma
cerchiamo di guardare oltre per comprendere il cuore del messaggio che l’evangelista ha voluto
trasmetterci.
Ai discepoli che invitano Gesù a esaudire
la donna, Egli risponde: “Non sono stato
inviato che alle pecore perdute (apololata)
della casa di Israele” ( (Mt 15,24). Nel Vangelo di Luca troviamo la
parabola della pecora smarrita: “Tis
anthrôpos ex humôn echôn hekaton probata kai apolesas ex autôn hen ou kataleipei ta enenêkonta ennea en têi
erêmôi kai poreuetai epi to apolôlos heôs heurêi auto” (Lc 15,4). Sappiamo
che il pastore che ha perduta una pecora del suo gregge, lascia, come racconta
la parabola, momentaneamente da parte le
99 senza problemi, per correre in cerca di quell’unica smarrita. Credo che le
parole di Gesù alla Cananea possano essere lette in questi termini; non la sta
rifiutando, il suo non è semplice disinteresse e insensibilità, bensì la
sottolineatura di un’urgenza, di una precedenza: il popolo d’Israele, il figlio
primogenito di Dio ha bisogno di Lui e non può perdere tempo. Si tratta di
un’urgenza che non esclude. Con Cristo è diventato assolutamente chiaro che Dio
è per tutti, non esistono esclusioni, al massimo possono esserci delle
autoesclusioni (la libera scelta di voltare le spalle a Dio). Ascoltiamo anche
le parole di san Paolo: “Perciò
ricordatevi che un tempo voi, pagani per nascita … che in quel tempo eravate senza Cristo, …
estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo.
Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati
i vicini … Egli infatti è … colui che ha fatto dei due un popolo solo,
abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, … per
creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per
riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce,
distruggendo in se stesso l'inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che
erano vicini” (Ef 2,11ss).
Per questo non possiamo ricostruire i muri di separazione: di qua i salvati, di
là i dannati.
Dopo il silenzio e l’apparente rifiuto di
Gesù, la Cananea
continua dicendo: “anche i cagnolini si
cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni” (Mt 15,27);
costei non vanta diritti, non ritiene di poter pretendere nulla, sa solo di
avere bisogno di aiuto.
Quante volte noi invece andiamo a Dio con
la presunzione di avere diritto a un esaudimento, magari immediato? Perché?
Perché siamo di quelli che stanno al di qua del muro e facciamo tutto per bene
(andiamo a Messa, preghiamo, facciamo volontariato, ci confessiamo, facciamo
offerte, ecc …). Dio non è come il titolare di un supermercato che, è tenuto a
darci il premio in cambio dei punti raccolti con gli acquisti; non esistono i
punti per le buone azioni.
Un’ultima sottolineatura viene dal grido
di quella povera donna, segno evidente della sua disperazione. E’ il suo
bisogno che la porta a trovare Dio. Non sono qui a dire che dobbiamo cercare la
sofferenza e le difficoltà, perché sono una via per trovare Dio, ma affermo che
la sofferenza che, non va mai cercata, quando viene può essere un momento
preziosissimo per lasciare entrare il Signore nella nostra vita e farla
rifiorire. Scrive Paolo: “quando sono debole,
è allora che sono forte” (2 Cor 12,10); la
sofferenza ci fa fare l’esperienza della povertà, della non autosufficienza,
del bisogno, per questo, se non ci soffermiamo troppo a lungo in una rabbia e
risentimento inutili, se non dannosi, possiamo consentire a Dio di venire in
soccorso alla nostra debolezza e fare quel salto che ci consente di vedere
trasformata la nostra vita.
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