Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 30 agosto 2014

“Soltanto Tu consumi il desiderio e sazi ogni fame dentro al cuore”.


XXII DOMENICA T.O.


     O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua” (Salmo 62,2).

     Il Papa, nella Evangelii Gaudium, parla di coloro che “conservano una fede cattolica intensa e sincera … benché non partecipino frequentemente al culto” (n. 14). Confesso, che non sono troppo sicuro che si possa essere credenti e non praticanti, per lo meno non in modo intenso. Mi pare molto difficile sostenere la propria fede cattolica, in modo che nutra e sostenga l’esistenza, senza sfamarla con l’Eucaristia, la Confessione, la preghiera, la vita ecclesiale.

     Detto questo, però, mi è altrettanto chiaro, che partecipare frequentemente al culto non è garanzia né segno di una fede “intensa e sincera”. E’ chiaro che qui, ognuno di noi deve guardare se stesso e fare verità su di sé. Infatti il Papa continua scrivendo: “la pastorale ordinaria (è fatta) per incendiare i cuori dei fedeli che regolarmente frequentano” (n. 14); se è fatta per “incendiare”, significa che non necessariamente i cuori dei praticanti sono incendiati; che non è scontato che siamo in cerca di Dio, che abbiamo sete di Lui, che lo desideriamo. Può essere che settimana dopo settimana, anno dopo anno, Dio rimanga per noi una specie di conoscente, incapace di scaldarci il cuore e di segnarci l’esistenza.

     Sa Paolo non usa mezzi termini e ci chiama a offrire i nostri corpi “come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”. La nostra partecipazione al culto deve aiutarci a fare della nostra esistenza qualcosa di sacro (questo significa sacrificare), anche quando viviamo l’ordinarietà dell’esistenza quotidiana. Dicevano i latini non nova sed novae, ossia non facciamo cose nuove, diverse dagli altri, ma in modo nuovo, in modo diverso.

  Chiediamo al Signore di sedurre anche noi con la sua bellezza, cosicché, quando saremo tentati, come Geremia, di andarcene, di percorrere altre vie, potremo sentire nel profondo che solo Lui ha parole di vita eterna e, non potremo trattenere quel “fuoco ardente” nel cuore.

     Ecco allora che il Papa ci dice:  Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore” (EG 3).

     Così pregava san Francesco e noi facciamo nostre le sue parole: “Rapisca, ti prego Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore, la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell’amore tuo, come tu ti sei degnato morire, per a more dell’amore mio”.

     Solo con questa permessa, credo, diventano comprensibili le parole di Gesù: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16,25).

     Il profeta Geremia è stanco di soffrire, di perdere la sua vita, a causa della fedeltà a Dio; è tentato di mollare tutto per vivere tranquillo, ma la sua fede, profonda, radicata, appassionata, glielo impedisce. Egli sente che è mille volte meglio faticare con Dio, che vivere senza di Lui.

     Gesù stesso è tentato da Pietro di percorrere una via più semplice, ma che non è quella di Dio e per questo non esita a richiamarlo: la vita si salva, si trova, si realizza, facendo la volontà di Dio, non la propria, anche quando è impegnativa. Cristo e il Vangelo sono la via della vita vera.

     Donaci, Signore, la consapevolezza profonda di quanto ci sei indispensabile, cosicché anche noi diventiamo cercatori assetati di Te, certi che “soltanto Tu consumi il desiderio e sazi ogni fame dentro al cuore”.

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