GIOVEDI’
SANTO
Sono passati circa tre anni da quando Gesù ha chiamato questi dodici
uomini a seguirlo. Con Lui hanno condiviso davvero tutto. Di loro ha desiderato
fare degli apostoli (dal gr. apóstolos, deriv. di apostéllein
‘spedire, inviare’).
Proviamo a guardarli intorno a quella
tavola:
-
Giuda
Iscariota accompagnerà a breve coloro
che cattureranno Gesù; lo bacerà e lo venderà per 30 denari;
-
Pietro
fingerà di non conoscere Gesù e lo lascerà solo;
-
Giacomo
e Giovanni, cercando di scavalcare gli altri, avevano mandato avanti la madre a
chiedere a Gesù posti di potere nel Suo Regno;
-
gli
altri apostoli discutono tra loro su chi è da considerarsi il più grande tra di
loro (Lc 22,14ss);
-
ci
risulta che, sotto la croce ci fosse solo Giovanni e che, della sepoltura se ne
occupò Giuseppe d’Arimatea che non era del gruppo.
Tutto sommato non sembra un gran risultato. Eppure li ha scelti Gesù,
dopo avere pregato, ed è proprio a
questi che lava i piedi. Del resto, come scrive san Paolo: “quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha
scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha
scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il
mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che
sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio” (1Cor 1,27ss).
In realtà il gruppo dei Dodici, in qualche modo ci consola e, non perché
la mediocrità debba essere la norma per noi Cristiani. Oggi anche noi siamo
intorno alla stessa tavola con Gesù; anche noi siamo Suoi da molti anni, eppure,
se ci guardiamo nel cuore con sincerità, facilmente troveremo tradimenti,
paure, ipocrisie, bisogno di emergere ecc … Gesù non si scandalizza neanche di
noi, perché proprio per questo è qui; vuole trasformare la nostra vita,
desidera lavare i piedi proprio a noi. Egli sa che, come gli Apostoli sono
“maturati” grazie al Suo amore paziente, così potremo fare anche noi. Papa
Francesco ce lo ha ricordato: “L’Eucaristia,
sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i
perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (EG 47).
Non ci esclude dalla tavola perché non siamo adeguati, ma ci tiene a
tavola con sé affinché
con Lui diventiamo nuove creature.
Egli si lascia mangiare da noi - ce lo ha appena ripetuto: “Questo
è il mio corpo” (1Cor 11,24); non è apparenza, non è simbolo, Egli è
realmente presente in quel pane e in
quel vino (per questo ci inginocchiamo alla Sua presenza) -, affinché ci
trasformiamo in Lui. Non è un’esagerazione, ma la nostra vocazione comune.
Per questo l’Eucaristia ci impegna. Non siamo qui per vivere qualcosa
che deve solamente piacerci, ma per essere lentamente plasmati, perché “il Verbo vuole farsi carne in noi,
impadronendosi di noi, perché col suo spirito comunicante col nostro spirito,
noi diamo un inizio nuovo alla sua vita in un altro luogo, in un altro tempo, in un’altra società umana”
(M. Delbrel, La gioia di credere, 30). Ricordo che in passato una persona con la
quale stavo discutendo, mi disse: “Tu sei il mio Gesù”; anche se viveva abbastanza
lontana dalla Chiesa e in quel momento
mi stava sgridando, le sue parole erano profondamente vere. In quel momento
Cristo voleva incontrarla in me e lei voleva incontrare Gesù attraverso di me.
Quando ce ne torniamo a casa dall’Eucaristia dobbiamo chiederci, non
tanto o non solo, se ci è piaciuta grazie ai canti e alla predica (tutto
importante ovviamente), ma quanto ha inciso; se mi sta facendo nuovo, pur nella
permanenza del limite umano e del peccato non ancora pienamente vinto.
Nella liturgia i segni devono essere curati, tutto deve essere bello,
perché ci deve aiutare a riconoscere che stiamo vivendo un momento in cui la
SS. Trinità, la Vergine Maria, gli angeli e i santi sono tutti presenti con
noi, ma non per un mero godimento, bensì per generare una nuova creatura.
L’Eucaristia ci spinge a immergerci profondamente nella vita; ci fa
amare il mondo con le sue contraddizioni e gli uomini con tutti i loro
problemi; ci fa sentire l’esigenza di santità e di essere medici per i fratelli.
Il lavare i piedi è conseguenza inevitabile dell’Eucaristia. Non basta il segno
di questa sera, con la nuova presenza delle donne; tutto questo è sprecato, se
non ci spinge a lavare i piedi di coloro che il Signore ci mette sulla strada.
L’Eucaristia è la vera rivoluzione capace di cambiare il mondo, perché
crea uomini nuovi che portano la novità
dove vivono.
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