XVII DOM. T.O.
Non c’è dubbio che fa un po’ specie ascoltare questo dialogo/ preghiera
tra Abramo e il Signore. Sentire che Dio vuole sterminare l’intera cittadinanza
di Sodoma e Gomorra ci inquieta; ma anche leggere che la mano del Signore sarebbe disposta a
fermarsi solo grazie all’intervento convincente di un uomo, ci lascia
interdetti. Meno male!
Vuol dire
che, tutto sommato, il Vangelo ha lasciato un segno in noi. Significa che sentiamo
una stonatura, perché sappiamo che Dio “non
vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva”. Del resto Gesù ce
lo ha dichiarato esplicitamente con la parabola del grano e della zizzania,
quando ha detto a coloro che volevano estirpare l’erba inutile: “No, perché non succeda che, cogliendo la
zizzania, con essa sradichiate anche il grano” (Mt 13,29). Che dire poi
delle parole all’adultera pronta per la lapidazione, a Zaccheo esattore delle
tasse, al ladrone crocifisso al Suo fianco ecc …
Perché allora questo dialogo?
Intanto non dimentichiamo che siamo nell’Antico Testamento che prepara
la venuta di Cristo, ma contiene “cose
imperfette” (Dei Verbum 15) - infatti solo grazie a Gesù, Dio incarnato, noi
possiamo conoscere il vero volto di Dio -; possiamo anche pensare che Dio
stesso attende da Abramo questa preghiera; Egli desidera che il cuore dell’uomo
diventi a immagine e somiglianza del Suo: non Dio vuole distruggere i
peccatori, ma gli uomini sono portati a questo e sono convinti che Dio ragioni
nello stesso modo. Invece il Signore rivela che il bene possibile, anche se
apparentemente insignificante, è preziosissimo per Lui.
Grazie Signore, perché non lasci
cadere nessun segno di bene che esiste anche nelle nostre vite; perché salvi il
bello e il buono che riusciamo a generare anche noi pur in mezzo a peccati e
indifferenza; perché con noi non fai “di tutta l’erba un fascio”.
Un discepolo pone a Gesù la domanda che ogni pastore vorrebbe sentirsi
fare: “Signore, insegnaci a pregare”
(Lc 11,1). Il sacerdote prima di essere un esperto in problemi umani di
vario genere a cui chiedere consiglio, è innanzitutto un uomo che
appartiene a Dio, Sommo Bene e che desidera essere strumento di incontro tra i
fratelli con cui condivide il cammino e Dio stesso. Il sacerdote sa di non
avere nulla di più prezioso che Dio stesso.
La domanda del discepolo è
preziosa, perché manifesta il desiderio di Dio. La preghiera, infatti , non è altro che questo, aprire uno spazio a
Dio, affinché possa venire ad abitare in noi e operare le Sue meraviglie. Tutti
i discepoli pregavano certamente già, ma evidentemente si erano accorti che
Gesù viveva una cosa diversa (per esempio pregava ovunque, non aveva bisogno né
del Tempio né della sinagoga; si isolava; si rivolge a Dio chiamandolo Padre).
Signore, donaci pastori, che ci
provochino con la loro preghiera, che ci mettano nel cuore un desiderio
profondo di Te; che ci ricordino che “Tu
sei il bene, tutto il bene, il sommo bene” (San Francesco d’Assisi, Lodi di Dio Altissimo).
Gesù ci insegna ad avere fiducia in Dio Padre; a non preoccuparci di
dovere usare chissà quale tecnica per essere ascoltati da Lui: Dio è Padre e il
Suo orecchio è costantemente aperto; il suo sguardo è costantemente rivolto
verso ciascuno di noi. Io e voi siamo figli amati con un nome: “Signore Tu mi scruti e mi conosci … Tu sai
quando seggo e quando mi alzo”. Gesù ci insegna a mettere Dio Padre al
centro della preghiera e non noi stessi: “il
tuo nome, il tuo regno, dacci tu il pane; perdonaci tu; non abbandonarci”. Allora
Gesù, anche noi Ti diciamo: “Non solo insegnaci a pregare, ma aiutaci a pregare”;
da soli facciamo una gran fatica, ci perdiamo in parole ripetute, che sembrano
non avere senso o in monologhi che, invece di legarci a Te, ci fanno perdere in
chiacchiere. Manda lo Spirito a soccorrerci, affinché davvero il tempo che
dedichiamo alla preghiera, sia incontro con Te.
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