Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 28 agosto 2016

Chi sei Tu e che sono io?



XXII DOM. T.O.

     Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo” (Lc 14,1). Gli invitati al pranzo “osservano”Gesù, ma
non si accorgono che, nello stesso tempo anche Lui li osserva. Dalle cose che vede fare, legge cosa c’è nel loro cuore. Non ha bisogno di grandi intuizioni, semplicemente interpreta i fatti.  Gesù si accorge che questi uomini di fede hanno bisogno di apparire; forse considerano addirittura  la loro condizione di “capi spirituali”, come meritoria di privilegio. Dio è per loro come un palco sul quale salire per essere al centro dell’attenzione.
     Durante la Sua esistenza terrena, Gesù ha sempre manifestato una predilezione per le persone umili e fastidio per i presuntuosi. Come non ricordare il pubblicano che stava in fondo al Tempio, perché si sentiva indegno, mentre il Fariseo, in prima fila, pieno di sé, si dichiarava contento di non essere come quel pubblicano; o la donna Siro-Fenicia, consapevole di non avere diritto a nulla, ma che si accontentava di essere trattata come un cane che riceve le briciole sotto la tavola; o il procuratore romano che si sentiva indegno della venuta di Gesù in casa sua per guarire il servo ammalato.
     Del resto, come scrive chiaramente san Paolo: “non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio” (1Cor 1,26ss).
     Dove sta il problema? Perché l’umiltà è un valore importante per Dio?
     Perché l’umiltà è la conseguenza inevitabile di chi si conosce in profondità. Conoscersi, significa avere la consapevolezza di essere un impasto di terra e di cielo; di luce e di tenebra; di grano e di zizzania. L’umiltà è l’equilibrio di chi non si esalta per i propri doni – che riconosce e dei quali loda il Signore -, perché i limiti li controbilanciano; ma che al contempo non si deprime per i limiti, perché il bello e il bene che possiede, lo impediscono. Alternativi all’umiltà sono la superbia e l’orgoglio da una parte, quando non si riesce a vedere che il bene e i doni che si possiedono e, dall’altra parte, una depressa visione di sé, perché si riesce a vedere solo il limite. Il superbo guarda tutti dall’alto del proprio splendore, mentre il depresso vive un’esistenza piena di sofferenza. Madre Teresa di Calcutta scrive: “Se sei umile, nulla ti colpirà, né la lode, né la disgrazia, poiché saprai allora ciò che sei. Se ti rimproverano, non ne sarai scoraggiato; e se qualcuno ti dice santo, non ti metterai su un piedistallo. Se sei santo, ringrazia Dio; se sei peccatore, non rimanerlo. Cristo ti dice di mirare molto in alto: di essere non come Abramo o Davide o come un altro santo, ma di essere come il Padre celeste”.
     L’umile sa di avere dei doni da mettere a disposizione di Dio, affinché se ne serva e li moltiplichi per il bene di tutti. Sa anche che ciò che ha, non gli appartiene, ma viene da Dio, per cui non se ne appropria. Dio ha bisogno di persone umili, perché si lasciano più facilmente condurre, non diventano padrone della propria esistenza, arrivando a decidere cosa fare e quando farlo.
     Gesù ci dice: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29), Egli è Colui che “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6s). Madre Teresa ci dice ancora:  Per diventare santi, ci vuole l’umiltà e la preghiera. Gesù ci ha insegnato come pregare, e ci ha detto anche di imparare, dal suo esempio, a essere miti e umili di cuore. Non riusciremo a essere né l’uno né l’altro se non sappiamo cos’è il silenzio. L’umiltà come la preghiera provengono da un orecchio, un’intelligenza, e una lingua che hanno gustato il silenzio vicino a Dio, poiché Dio parla nel silenzio del cuore”. Come si riconosce la propria bassezza mettendosi a fianco di uno molto alto, così non ci si può vantare di sé, quando si incontra personalmente la grandezza e la bellezza di Dio e dei suoi santi.

Nessun commento:

Posta un commento