II DOM. AVV.
Come suonano ruvide alle nostre orecchie le parole di fuoco di Giovanni
Battista: “Razza di vipere! …
Già la
scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon
frutto viene tagliato e gettato nel fuoco … Tiene in mano la pala e pulirà la
sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un
fuoco inestinguibile” (Mt 3,7ss); sentiamo che manca, nella predicazione del
più grande fra i nati di donna, ciò che Gesù ha portato e che, solo Lui poteva
portare: una misericordia senza limiti che, non allontana mai, ma accoglie, per
curare.
Quando il Battista grida di un
albero tagliato e gettato nel fuoco, ci riecheggia nel cuore la parabola del
fico sterile: “Ecco, sono tre anni che
vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque!
Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo
ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime.
Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai» (Lc 13,6ss).
Vedo che per me, il Signore, ogni anno trova una scusa per non tagliarmi.
Certo, anche Gesù ha detto: “Chi non rimane in me viene gettato via come
il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano”
(Gv 15,6), ma Gesù constata cosa avviene a chi non sceglie di vivere in
profonda comunione con Lui, non minaccia. Noi sappiamo che Dio è venuto per
salvarci, per farci liberi e che, prima di lasciarci andare liberamente alla
dannazione, fa di tutto per portarci a casa. Non dimentichiamolo mai: Dio lo
conosciamo pienamente quando si lascia uccidere sulla croce e dice: “Padre, perdonali, perché non sanno quello
che fanno” e che, a un condannato insieme a Lui, dice: “Oggi sarai con me in paradiso”.
Non illudiamoci che questo ci autorizzi a fare nella vita ciò che ci
pare; un cristiano, se vuole essere tale, non può che cercare di seguire con
fedeltà il Signore che è via verità e vita. Altrimenti ci sentiremo dire anche
noi, come Pietro: “Va’ dietro a me,
Satana, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mc 8,33).
La parola della conversione ce la dice anche Gesù. Sulla bocca del
Signore, però, ha un gusto diverso: “Il
lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al
capretto;il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo
li guiderà. La mucca e l'orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si
sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si
trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del
serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il
mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le
acque ricoprono il mare” (Is 11,6ss). Gesù vuole che si edifichi il Regno di
Dio e questa realtà che, sarà compiuta solo alla fine dei tempi, già ora la
possono costruire solo degli uomini e delle donne convertite: non coloro che
vogliono a tutti i costi cambiare gli altri o che fanno di tutto per trasformare
le strutture, bensì quelli che si lasciano riplasmare dalla mano di Dio. Bisogna
lasciarsi toccare da Lui; è necessario che, come all’origine, la nostra terra
sia di nuovo impastata dalle Sue mani e che il Suo soffio ci penetri in
profondità.
Un lupo non può sforzarsi di andare contro la
propria natura, così come l’orsa o il serpente velenoso; cosìnessuno di noi può
andare contro la propria natura, a meno che, il Signore riesca a penetrare così
in profondità da trasformarla. Ecco cosa è la conversione: non un’opera di maquillage,
ma un cambio radicale e questo è possibile se lavoriamo per abbattere tutte le
barriere che impediscono al Signore di raggiungerci.
Noi possiamo ripetere mille volte al giorno: “Venga il Tuo regno”, ma di fatto, ostacolarlo a ogni passo; ecco
allora che, questa sera, diciamo: “Signore, desideriamo essere Tuoi
collaboratori; vogliamo aiutarti a edificare il Tuo Regno, dove nessuno deve
nascondersi o difendersi, ma siamo fragili. Abbiamo bisogno che Tu, ci rifaccia
nuovi: Prendici in mano e facci nuovi. Costi quel che costi”.
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