IV DOM. PASQUA
Subito dopo la guarigione del cieco nato, Gesù sembra avercela con
qualcuno,
tanto da usare espressioni molto dure: “ladro” e “brigante”. Il
Signore denuncia che c’è qualcuno che ha come scopo togliere, portare via,
rubare e fare del male al suo popolo. Sono forse i Farisei un po’ pieni di sé e
arrabbiati, perché Gesù ha ridato la vista a un cieco di sabato; quelli che
sono arrivati a dire: “Quest’uomo non
viene da Dio, perché non osserva il sabato”(Gv 9,16)?
Chissà, a noi interessa però che questa parola di Gesù illumini i nostri
giorni, per cui desideriamo capire chi è ladro e brigante oggi, per stargli
alla larga.
Sono ladri e briganti tutti coloro che NON hanno a cuore il bene
dell’uomo che, non accettano la sua guarigione e liberazione, ma si servono
dell’uomo, facendone un mezzo e non un fine. Il profeta Ezechiele scrive: “Guai ai pastori d’Israele, che pascono se
stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte,
vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il
gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non
avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati
in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza” (Ez 34,2ss).
Con queste immagini simboliche Ezechiele non risparmia nessuno: capi religiosi
e politici e gente comune.
Si pone allora la grande domanda: chi sto seguendo? Chi è il mio
pastore? Dalla risposta a questa domanda, dipende la qualità della nostra vita:
“Io sono la porta: se uno entra
attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv
10,9). Ci lamentiamo molto per ciò che avviene, ma dobbiamo anche chiederci se
il problema non sta in chi affidiamo la nostra esistenza: “Ascolta, popolo mio: … se tu mi
ascoltassi! Non ci sia in mezzo a te un dio estraneo e non prostrarti a un dio
straniero. Sono io il Signore, tuo Dio … Ma il mio popolo non ha ascoltato la
mia voce, … l'ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro
progetti!” (Salmo 80,9ss).
Il maligno con la sua tipica astuzia ci indica falsi pastori che, in realtà
sono dei veri e propri predatori, i famosi lupi travestiti da agnelli: tutti
coloro che ci indicano strade alternative a quella di Cristo dovrebbero
metterci in allarme; fa anche di tutto poi
per distrarci, così che la voce del Pastore non possa raggiungerci, perdendosi
in mezzo al rumore e alle mille preoccupazioni che ci assillano. La nostra vita
è diventata così frenetica che non abbiamo quasi più spazio per fermarci ad
ascoltare. E’ un problema serio.
Se chiedessimo a Pietro: “Cosa
dobbiamo fare?”, credo che ci risponderebbe: “Fermatevi! Mettetevi in
ascolto!”.
“Le pecore lo seguono perché
conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via
da lui, perché non conoscono la voce degli estranei» (Gv 10,4s). Chi siamo
noi cristiani se non, quelli che conoscono la voce del Pastore e fuggono dai
predatori? Ascoltiamo le ferme parole di Giovanni: “Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi
comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo
e in lui non c’è la verità” (1Gv 2,3s).
La mattina di Pasqua, davanti al sepolcro, Maria di Magdala incontra
Gesù, ma non lo riconosce; solo quando Lui la chiama per nome, lei ha la
certezza che sia il suo Signore. Anche se in Gesù qualcosa è mutato, lei lo
riconosce. Quell’ascolto, curato nel tempo in cui ha vissuto con Gesù, le ha
consentito di ritrovare la speranza e la gioia, quando tutto sembrava crollare.
E’ importante ascoltare? No, è più che importante, è essenziale.
Altrimenti rischiamo di uscire dall’ovile per vagare a caso, allontanandoci dalla meta o seguendo ladri e
briganti che, aspettano solo il momento opportuno per spogliarci dei nostri
beni, se non della vita stessa. Ascoltiamo per l’ennesima volta Seneca: “E’ certo che, sino a quando vagheremo a
caso, non seguendo una guida ma ascoltando lo strepito delle voci discordi che ci
spingono in direzioni diverse, la nostra vita, già breve di per sé, si
consumerà in questo andare errabondo, anche se c'impegniamo giorno e notte,
animati dalle migliori intenzioni” (L. A. Seneca, La felicità I).
Possiamo riprendere un racconto della nostra infanzia che, però è tutto
meno che banale: Pinocchio. Ricordiamo quanto sia sciocco il burattino di legno
che non vuole ascoltare il buon Geppetto e nemmeno il Grillo parlante, ma si
lascia ingannare dal Gatto e la Volpe che hanno come unico scopo rubargli gli
zecchini d’oro.
Anche se siamo adulti, a volte ragioniamo come Pinocchio: “Come siamo disgraziati noi altri poveri
ragazzi! Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti ci danno dei consigli.
A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i
nostri maestri; tutti: anche i Grilli-parlanti. Ecco qui: perché io non ho
voluto dar retta a quell’uggioso di Grillo, chi lo sa quante disgrazie,
secondo lui, mi dovrebbero accadere!” (C. Collodi, Pinocchio, XIV).
Aiutaci Signore a non fuggire davanti a Te, a non soffocare la Tua voce,
ma rendi attento il nostro orecchio, così che, con Te, possiamo raggiungere i
pascoli erbosi in cui riposare.
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