Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 21 aprile 2019

Cristo è risorto! Non ucciderLo di nuovo


S. PASQUA

     Essi lo uccisero … ma Dio lo ha risuscitato” (At 10,39s). Il grande annuncio, la bella notizia di oggi: Cristo è risorto; è veramente risorto!
     Cosa significa però questo, dopo che abbiamo visto, decine e decine di fratelli e sorelle in Cristo uccisi proprio mentre celebravano la Sua resurrezione?

     Davvero il male è sconfitto? Davvero il Signore è Signore della storia, oppure anche Lui è uno sconfitto e noi siamo degli illusi?
     Come lo ha sconfitto? Con la sofferenza? No, con l’amore che l’ha condotto ad accettare la sofferenza.  Tutto ciò significa che solo l’amore configge il male. Se fosse la sofferenza a sconfiggere il male, la Pasqua sarebbe un entrare nella necessità del dolore e della sofferenza. Dovremo cercare e amare la sofferenza. Certo, amare è anche soffrire, ma non c’è nessuna scelta umana che sia gradita a Dio, se non è mossa dall’amore: “E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova” (1Cor 13,3). Come quei cani che, muoiono, mangiando bocconi, e muoiono, così il maligno, mentre s’illudeva di aver sconfitto Cristo, uccidendolo, è rimasto lui sconfitto. Questo significa che egli non ha più nessun potere sulla storia, se non quello che gli concediamo.
     Il “veleno” che ha ucciso il male, è l’amore. La croce non è altro che la misura dell’amore di Dio per te e per me e per ogni uomo sulla terra, anche per quelli che ieri hanno messo le bombe nelle chiese e negli alberghi in Sri Lanka. Gesù ci ha mostrato quale è l’unica via per fermare il male e per salvare l’uomo: l’amore.
     Di fronte al male che imperversa e che ci pare molto diffuso, ma solo perché fa molto rumore – non dimentichiamolo “fa più rumore un albero che crolla che non, una foresta che cresce” -, dobbiamo cessare di incolpare Dio di indifferenza o di impotenza, ma assumerci una piena responsabilità. Scrive Etty Hillesum: Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. … Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali, ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: (…) tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all’ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento – invece di salvare te, mio Dio” (Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, pp. 169-170).
   La Pasqua che stiamo celebrando ci impegna. Ci richiama alla responsabilità di stare dalla parte del Risorto, per trasformare il mondo secondo il progetto di Dio. Non possiamo essere spettatori né dei disertori dalla responsabilità della storia.
     L’amore dove lo si vive? Nei pensieri? Nel futuro? In un luogo dove non si è? No! Qui e ora, con quell’uomo e quella donna che il mio sguardo incontra nella concretezza impegnativa della quotidianità.
     Qualcuno dirà: “Così però non si salva il mondo, non si cambia la storia”. Invece è proprio così che lo si cambia, non con gli atti eroici, ma con un amore che sana, ricuce, cura, perdona, accoglie, accompagna, abbraccia, ascolta, pazienta, ecc …
     Lo so che sembra poesia, ma è la poesia di Dio. Vediamo bene che un piccolo sasso, mentre rotola da una montagna, può provocare una valanga; così ogni atto d’amore, non sappiamo quale valanga di bene può a sua volta generare. Come del resto un atto cattivo, ha la capacità di generare una valanga di male. Scrive Madeilene Delbrel: “Gli occhi dei pacifici sono benevoli e i loro compagni di strada vi si scaldano come accanto al fuoco. Essi non trovano mai motivo di combattere, perché si sanno responsabili solo della pace e  la pace non si difende con le battaglie. … Essi sanno che in un istante di collera di rancore o di amarezza il fermento di guerra può rimbalzare sino ai confini dell’universo. Ma poiché credono nell’irradiazione dell’amore, sanno che dove si fa un po’ di pace lì esplode un contagio, forte abbastanza da investire la terra”  ( La gioia di credere, Gribaudi 44).
     Oggi il Risorto ci invia di nuovo a portare vita, dove c’è morte, luce, dove c’è tenebra; amore, dove c’è odio.
     Soccorrici con la Tua grazia, Signore, perché anche noi, con Paolo, diciamo sconfortati: “in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; 19infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio” (R. 7,18s).

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