Anche nei giorni dell'accusa e del dileggio mediatico, non mi vergogno di dire che non mi sono vergognato d'essere prete.
Alcuni preti sono stati incolpati di pedofilia? Una vergogna, ed è giusto fare pulizia dove c'è sporcizia. L'espressione, presente già nell'Introduzione al cristianesimo di Joseph Ratzinger del 1968, è stata usata, per la prima volta riferita alla Chiesa, dal cardinale Ratzinger durante la Via crucis al Colosseo, suscitando sorpresa. E ora vorrebbero coinvolgere anche lui. Ma non lo avevano chiamato "pastore tedesco", per la sua inflessibile disciplina?
Detto questo, non mi vergogno di appartenere a una "categoria" di persone che ha dedicato la propria vita a preparare i ragazzi e i giovani alla vita, che ha avuto il coraggio di promuovere con la parola e con l'esempio - sì, proprio con il buon esempio - l'ideale d'una vita pulita, seria con sé e con gli altri, rispettosa, generosa. Penso in questo momento agli ottimi sacerdoti che mi hanno educato, a quelli che ho conosciuto nel mio lungo ministero, che hanno vissuto per gli altri, ponendo la dignità della persona - specialmente dei bambini e dei giovani - alla base del loro servizio pastorale.
Penso anche ai casi di vere e proprie calunnie, che hanno distrutto delle vite innocenti.
E di fronte a questo infuriare mediatico non posso non vedere anche l'avidità di chi - e non sono certo le vittime - sfrutta il caso a suo vantaggio; penso a conduttori di programmi televisivi deleteri, che irridono a ogni ideale e che oggi fanno gli scandalizzati. Penso alla buona occasione per infangare la Chiesa e svalutare la sua dottrina che resiste all'andazzo generale, non piegandosi ad accondiscendere a confondere il male con il bene, il pulito con lo sporco.
Penso ai santi preti, che non sono pochi, e a quelli onesti, che sono molti, ricordando i quali, mi sento spinto a guardare avanti con fiducia.
Non sono così cieco per non vedere le cose che non vanno, prima in me e poi negli altri.
Ma il bene maggiore non è di abbassare l'ideale, ma di innalzare il livello della mia vita, di sentirsi tutti più umili, più uniti nella Chiesa, di non lasciare troppo soli i nostri preti, di pregare per loro, di sostenerli con il nostro calore umano. Soprattutto a non scagliare troppo facilmente la prima pietra.
No. Non mi vergogno d'essere prete. Mi vergogno solo di non essere un santo prete.
Alcuni preti sono stati incolpati di pedofilia? Una vergogna, ed è giusto fare pulizia dove c'è sporcizia. L'espressione, presente già nell'Introduzione al cristianesimo di Joseph Ratzinger del 1968, è stata usata, per la prima volta riferita alla Chiesa, dal cardinale Ratzinger durante la Via crucis al Colosseo, suscitando sorpresa. E ora vorrebbero coinvolgere anche lui. Ma non lo avevano chiamato "pastore tedesco", per la sua inflessibile disciplina?
Detto questo, non mi vergogno di appartenere a una "categoria" di persone che ha dedicato la propria vita a preparare i ragazzi e i giovani alla vita, che ha avuto il coraggio di promuovere con la parola e con l'esempio - sì, proprio con il buon esempio - l'ideale d'una vita pulita, seria con sé e con gli altri, rispettosa, generosa. Penso in questo momento agli ottimi sacerdoti che mi hanno educato, a quelli che ho conosciuto nel mio lungo ministero, che hanno vissuto per gli altri, ponendo la dignità della persona - specialmente dei bambini e dei giovani - alla base del loro servizio pastorale.
Penso anche ai casi di vere e proprie calunnie, che hanno distrutto delle vite innocenti.
E di fronte a questo infuriare mediatico non posso non vedere anche l'avidità di chi - e non sono certo le vittime - sfrutta il caso a suo vantaggio; penso a conduttori di programmi televisivi deleteri, che irridono a ogni ideale e che oggi fanno gli scandalizzati. Penso alla buona occasione per infangare la Chiesa e svalutare la sua dottrina che resiste all'andazzo generale, non piegandosi ad accondiscendere a confondere il male con il bene, il pulito con lo sporco.
Penso ai santi preti, che non sono pochi, e a quelli onesti, che sono molti, ricordando i quali, mi sento spinto a guardare avanti con fiducia.
Non sono così cieco per non vedere le cose che non vanno, prima in me e poi negli altri.
Ma il bene maggiore non è di abbassare l'ideale, ma di innalzare il livello della mia vita, di sentirsi tutti più umili, più uniti nella Chiesa, di non lasciare troppo soli i nostri preti, di pregare per loro, di sostenerli con il nostro calore umano. Soprattutto a non scagliare troppo facilmente la prima pietra.
No. Non mi vergogno d'essere prete. Mi vergogno solo di non essere un santo prete.
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