Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 28 giugno 2010

IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 5

La Parola della conversione

“O disprezzi la ricchezza della sua bontà, della sua clemenza e della sua magnanimità, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?” (Rm 2,4).

La parola della conversione è costante in tutta la Scrittura e Gesù la conferma fin dall’inizio della sua predicazione. Quindi non si può parlare di misericordia, senza affrontare anche la sua diretta conseguenza: la conversione. Quando un medico offre una cura, è sempre per la guarigione.

Proviamo a ripercorrere solamente alcuni degli inviti alla conversione che troviamo nella Sacra Scrittura:

Eppure il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e dei veggenti, aveva ordinato a Israele e a Giuda: «Convertitevi dalle vostre vie malvagie e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo ogni legge, che io ho imposta ai vostri padri e che ho fatto dire a voi per mezzo dei miei servi, i profeti» (2Re 17,13).

“Convertitevi a lui con tutto il cuore e con tutta l'anima, per fare la giustizia davanti a Lui, allora Egli si convertirà a voi e non vi nasconderà il suo volto” (Tob 13,6).

“Io gli do lode nel paese del mio esilio e manifesto la sua forza e grandezza a un popolo di peccatori. Convertitevi, o peccatori, e operate la giustizia davanti a lui; chi sa che non torni ad amarvi e vi usi misericordia?” (Tob 13,8).

“Riferisci pertanto al popolo d'Israele: Dice il Signore Dio: Convertitevi, abbandonate i vostri idoli e distogliete la faccia da tutte le vostre immondezze” (Ez 14,6).

“Perciò, o Israeliti, io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l'iniquità non sarà più causa della vostra rovina” (Ez 18,30).

“Di' loro: Com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o Israeliti?” (Ez 33,11).

«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» (Mt 3,2).

“Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17).

Chiediamoci ora cosa significa “convertirsi”.

I termini che indicano la conversione usati da Lc sono due: epistrépho e metanoia. Il primo è utilizzato già da Omero in poi e ha l’accezione di girare, volgere, cambiare direzione. Esso descrive il movimento fisico del girarsi, per lo più verso un determinato oggetto, ma anche il moto spirituale del pensiero umano verso una persona. Nella letteratura filosofica antica ha, tra gli altri significati, anche quello di un generale rivolgersi dell’anima alla pietà o alla divinità. Lc 1,16; 22,32;At 15,19; 9,35;11,21.

In ebraico invece il verso corrispondente è shub e in generale significa cambiare, ritornare, riportare, ricondurre, restaurare.

Metanoia significa invece cambiar mente (nous), opinione, idea.

- “Ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio” (1,16); Lc ci sta parlando di Giovanni Battista, il quale è inviato da Dio a predicare e invitare gli ebrei alla conversione, significata dal battesimo nel Giordano.

- La chiamata di Levi: Levi è un pubblicano; uno che approfitta della propria posizione per arricchirsi alle spalle della povera gente.

Alla voce di Gesù che lo chiama a seguirlo, Levi che non è altro che il nostro Matteo evangelista, risponde lasciando ogni cosa, alzandosi e mettendosi a seguirlo. Qui non troviamo il verbo epistrépho o metanoeo, ma troviamo i movimenti e i verbi corrispondenti che li significano: lasciare, alzarsi e seguire, cioè mutare direzione.

Gesù, parlando di Levi e dei suoi colleghi, li definisce ammalati e peccatori. Quindi la conversione (metanoian) comporta innanzitutto la presa di coscienza di una malattia, di un peccato, di qualcosa che deve essere lasciato, per volgersi altrove. Senza questo prima passaggio non possono esserci quelli successivi.

La conversione è quindi l’evento col quale l’uomo abbandona il cammino percorso lontano da Dio e il suo orientamento verso il mondo, per collocarsi nuovamente alla sequela di Dio. Il peccato è tradizionalmente definito come aversio a Deo et conversio ad creaturas. La conversione è, quindi, conversio a Deo.

La conversione non è primariamente cambiamento di vita, bensì ritorno a Dio e, quindi, cambiamento radicale di vita. La conversione non nasce da una decisione umana, bensì da un atto di ubbidienza; è la risposta umana all’appello di Dio. Facendo questo, l’uomo lascia cadere dalle sue mani quel che finora trattenevano, perché vi sia spazio per il nuovo che viene. Convertirsi, come risposta a un appello ricevuto, significa rivolgersi alla fonte dell’appello, prima ancora che allontanarsi da tutto il resto; è passaggio dall’autonomia ed eteronomia alla teonomia. Nomos significa legge, quindi l’autonomo è colui che è legge a se stesso, mentre l’eteronomo è colui che trova una legge fuori da sé, ma che non è quella di Dio; solo la teonomia è “dipendenza” da Dio. La persona convertita è quella che non “ha altri dei di fronte a sé”.

Quando la conversione è un processo autentico, non si manifesta con un semplice cambiamento esteriore – un diventare buoni -, ma si diventa nuova creatura, si lascia che le cose di prima passino, affinché ne nascano di nuove. E’, di fatto, scegliere di vivere da battezzati.

Il Signore Gesù ha affidato alla Chiesa il ministero della riconciliazione di coloro che hanno accolto e accolgono l’appello alla conversione. Scrive sant’Ambrogio : “Chi cerca di emendare i difetti della debolezza umana, deve sostenerla e, in un certo modo, farla pesare sulle proprie spalle, non già scaricarla. Si legge che il pastore del Vangelo prese sulle proprie spalle la pecora affaticata, non che la respinse” (La penitenza, Città nuova editrice, p.173).

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