XIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO
“Fratello mio, tutti aspiriamo alla felicità, ma, quanto a conoscerne la via, brancoliamo come nelle tenebre. E’ infatti così difficile raggiungerla che, più ci affanniamo a cercarla, più ce ne allontaniamo, se prendiamo una strada sbagliata; e se questa, poi, conduce addirittura in una direzione contraria, la velocità con cui procediamo rende sempre più distante la nostra mèta”. Sapete di chi sono queste parole? Di un filosofo, Lucio Anneo Seneca, vissuto tra il
Scrive ancora Seneca: “dobbiamo avere innanzitutto ben chiaro quel che vogliamo, dopodiché cercheremo la via per arrivarci … E’ certo che, sino a quando vagheremo a caso, non seguendo una guida, ma ascoltando lo strepito delle voci discordi che ci spingono in direzioni diverse, la nostra vita, già breve di per sé, si consumerà in questo andare errabondo, anche se c'impegniamo giorno e notte, animati dalle migliori intenzioni. Fissiamo dunque bene la mèta e scrutiamo attentamente il modo per poterla raggiungere con l'aiuto di un esperto che abbia già intrapreso ed esplorato il cammino che stiamo per affrontare … Non c'è dunque nulla di peggio che seguire, come fanno le pecore, il gregge di coloro che ci precedono, perché essi ci portano non dove dobbiamo arrivare, ma dove vanno tutti. Questa è la prima cosa da evitare” (Seneca, La felicità). Andare dove vanno tutti, se è la direzione contraria a ciò che può condurre alla felicità, significa allontanarsene. E’ sotto i nostri occhi quotidianamente che l’umanità disorientata sta andando velocemente in direzione opposta.
Nel passo evangelico di oggi balzano agli occhi due verbi: camminare e seguire. Gesù cammina, i discepoli camminano.
Se qualcuno ci chiedesse: “Chi è un cristiano?”, dovremmo rispondere molto semplicemente: “E’ una persona che nella sua esistenza concreta, cerca con tutto se stesso di camminare per seguire Gesù Cristo”. E’ cristiano chi è consapevole che “di fronte alla felicità non possiamo comportarci come nelle votazioni, accodandoci alla maggioranza”, ma chi si pone dietro l’esperto che conosce il cammino.
Camminare dietro a Gesù, ma per andare dove?
“Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme …” (Lc 9,51). Non ci troviamo in presenza di una semplice indicazione geografica - Gesù ha più volte annunciato ai suoi discepoli: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (9,22) –, il Signore sta scegliendo, liberamente e con convinzione, di andare a donare la propria vita per fare la volontà di Dio; Gerusalemme è il luogo dove realizzerà tutto questo. Gesù ha, se così possiamo dire, la piena consapevolezza che: “Nella tua volontà (Signore) è la mia gioia” (Sal 118,16); questo è il punto fondamentale.
Quindi dobbiamo camminare dietro a Gesù per andare a soffrire? E’ questa la sorte del cristiano? Camminare dietro a Cristo, non significa scegliere volontariamente la sofferenza – come se essa in sé fosse un valore -, ma percorrere la strada della volontà del Padre, costi quel che costi, nella consapevolezza che in questa volontà si trova la vita.
L’essere umano cerca il bene, ma vuole raggiungerlo per scorciatoie, Gesù ci dice oggi che questo non è possibile. La vera vita passa per la volontà di Dio e per raggiungerla dobbiamo metterci fiduciosamente dietro a Lui.
Mi rendo conto di quanto siano forti queste parole – sembrano essere esagerate e non alla portata di tutti -, ma credo che il cristianesimo sia questo. Abbiamo bisogno di avere chiara la meta, per poter poi camminare verso di essa.
Seguire Lui significa accettare che Lui indichi la strada e il ritmo del passo e non porre condizioni – “Lascia prima che vada a seppellire mio padre …”; “prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia” (Lc 9,59;61) -.
Noi non conosciamo la via della pienezza della vita, Lui sì. Perché allora ostinarsi a tirarlo per il mantello e cercare di portarlo sulle nostre posizioni; perché cercare di convincerlo che la strada che percorre non è quella giusta?
Spesso siamo come Pietro, con entusiasmo gli diciamo”tu hai parole di vita eterna” – e ne siamo sinceramente convinti -, ma poi quando imbocca quei percorsi un po’ troppo impervi, quando cammina troppo decisamente verso Gerusalemme, gli gridiamo: “Non sia
Io ho un po’ di pudore a usare le grandi parole come: amore, felicità ecc …, proprio perché mi rendo conto di quale contenuto esse hanno, però oggi voglio dare una risposta a Seneca e a tutti noi che desideriamo la felicità: “Sono innumerevoli i modi di vivere l’esistenza umana, tanti quanti sono gli uomini; ma uno solo è il modo autentico, non inventato dagli uomini, ma proposto direttamente da Dio, quello di Gesù Cristo. Precisamente per questo Gesù Cristo, il figlio di Dio, si è fatto uomo e ha vissuto da uomo, per insegnare a tutti come vivere l’esistenza umana” (Giuseppe Colombo, L’ordine cristiano. Gesù Cristo “principio” del mondo, Glossa, Milano 1993).
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