Un sacerdote circuisce un minore, lo molesta e ne abusa. I giornalisti lo lanciano in prima pagina, gridando alla ghigliottina, al rigore e alla disciplina, accusano la Chiesa di scarso impegno nel chiarire il fatto e di insufficiente rigore nel punire il reprobo. Il Papa reagisce prendendo su di sé colpe non sue e consegnandosi al linciaggio come Gesù davanti al popolo.
Il regista polacco Roman Polanski circuisce una tredicenne, ha con lei rapporti sessuali illegali, dopo trent’anni viene condannato negli Usa e arrestato in Svizzera. Lui confessa, dice solo che la ragazzina era consenziente. I giornali danno la notizia e dal mondo, specialmente dagli ambienti che assimilavano la Chiesa a una spelonca di pedofili, si registrano le seguenti reazioni: il Ministro francese Mitterrand bolla l’arresto come “assolutamente orribile”, l’Associazione degli scrittori e dei registi parla di “scandalo legale”, la Polonia chiede ad Obama la grazia. Su questa scia, la Svizzera ci ripensa e lo lascia andare. «Sono pazzo di gioia! Giustizia è fatta» è il surreale commento del filosofo francese Levy.
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