Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 12 novembre 2011

Della fatica delle tue mani ti nutrirai

XXXIII DOMENICA T.O.

Una donna … ben superiore alle perle … si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani …” (Pr 31,10;13); “Della fatica delle tue mani ti nutrirai” (Salmo 127). Il Vangelo poi racconta che, “Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque” (Mt 25,16).
Sembrano testi molto adatti a questa terra nella quale voi siete nati e cresciuti, dove non molti decenni fa si faceva fatica a dare da mangiare ai propri figli e che, invece ora, gode di un notevole benessere – nonostante la grave crisi in corso -. Cosa vi ha permesso di raggiungere questa mèta?
Una grande voglia di lavorare.
Faccio questa premessa, perché da una lettura affrettata e superficiale, proprio a partire dalla realtà nella quale ci troviamo, si potrebbe pensare che la parola di Dio, quindi Dio stesso, ci inviti a non oziare, a lavorare per produrre, investire e creare reddito.
Un’altra lettura errata, anche se di segno diverso, invece afferma che Dio ha donato agli esseri umani dei “talenti”, delle capacità, diverse per ciascuno, ma comunque da mettere a frutto.
In realtà né questo né quello è ciò che, sembra dire il Signore oggi.
La parabola parla di qualcuno, che ha consegnato qualcosa a qualcun altro.
Chi sono costoro? Cosa è stato consegnato?
Il Talento non è una moneta e non è nemmeno una capacità particolare, è una unità di peso, una specie di lingotto d’oro o d’argento, del peso di circa 30/40 Kg -. E’ comunque qualcosa di estremamente prezioso.
Dio si fida di noi e ci consegna ciò che è suo. Badate bene che non sceglie solamente i più dotati – affida a ciascuno la responsabilità, in base alle forze di ognuno -. Nessuno è escluso. Più volte nella Sacra Scrittura troviamo dei personaggi chiamati da Dio a ricevere e custodire i suoi doni q quando questi manifestano il senso di inadeguatezza, il Signore risponde sempre di non lasciarsi bloccare da questo. Anche noi non possiamo dire: io non sono in grado.
Nel racconto di Genesi, l’autore sacro afferma che Dio “piantò un giardino in Eden … e vi collocò l’uomo che aveva plasmato, … perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen 2,8;15). Il creato con quanto contiene, a partire dal suo prezioso vertice, l’essere umano, è consegnato/affidato a ciascuno di noi, a partire dai più vicini – coniugi, figli, parenti stretti, vicini di casa, colleghi, fratelli della stessa comunità parrocchiale, dipendenti ecc …
Nessuno può dire: ci penseranno gli altri. Non possiamo disinteressarci né abusare del creato: non della flora, non della fauna né tanto meno delle persone.
Non possiamo custodire e coltivare tutto ciò secondo i nostri progetti, come se fosse roba esclusivamente nostra e non ci fosse invece data in custodia da Dio per il nostro bene. Noi siamo signori nel creato, ma non padroni.
Dell’uomo, della natura non possiamo fare ciò che ci piace, perché un giorno ce ne sarà chiesto conto. Dobbiamo prendere coscienza che non si può fare tutto. Non possiamo capovolgere o stravolgere le cose di Dio. Quanto siamo diventati bravi, invece, a farlo! E che risultati.
Il Signore ci ha affidato anche i beni preziosi della grazia: la sua Parola, la Chiesa - corpo di Cristo con i Sacramenti … e anche di questi ci chiede di “lavorarli”, di non accontentarci di averli ricevuti un giorno, per depositarli in soffitta, anche se ben riparati in un baule.
Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco…” (Ap 3,15ss). Abbiamo ciò che nessun altro ha, è lo consideriamo di nessun valore: la Parola di Dio abbandonata su uno scaffale della libreria, la Chiesa, preziosa nave di salvezza, confusa con un supermercato della grazia a poco prezzo – dove si prende ai saldi la grazia di Dio -; i sacramenti consumati in un banale uso, nell’adempimento inconsapevole di freddi precetti, incapaci di lasciarci scaldare il cuore da essi. Scriveva san Giovanni Crisostomo: “Notate dunque, fratelli miei, che non solamente i ladri e gli usurpatori dei beni altrui, né chi commette violenze, sarà condannato da Gesù … ma anche chi è debole nel fare il bene”.
Chi tra noi, ricevendo 200 kg di oro o d’argento, li butterebbe sotto terra? Allora perché ai doni di Dio facciamo fare la stessa fine? Siamo consapevoli di ciò che ci è stato dato? C’è chi ha desiderato, cercato e trovato “il tesoro nascosto nel campo” e c’è invece chi ha il ricevuto il tesoro e lo ha banalmente interrato nel campo.
Apri i nostri occhi Signore! Aiutaci a riconoscere ciò che ci ha donato affinché possiamo diventare ciò che tu vuoi. Insegnaci la responsabilità per ciò che ci hai affidato, affinché da noi sia aiutato a diventare ciò che tu vuoi.











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