Altri obiettano che la tradizione patristica lascerebbe
spazio per una prassi più differenziata, che renderebbe meglio giustizia
alle situazioni difficili; la Chiesa cattolica in proposito potrebbe
imparare dal principio di "economia" delle Chiese orientali separate da
Roma.
La seconda obiezione pone in rilievo una certa tolleranza e
flessibilità sul piano pastorale, accolta da alcuni in epoca patristica
in riferimento a singole situazioni difficili (sebbene i Padri si
attenessero chiaramente al principio dottrinale dell'indissolubilità del
matrimonio).
In base a questo criterio le Chiese orientali separate da
Roma avrebbero sviluppato una certa condiscendenza benevola in singole
situazioni difficili, pur rimanendo fedeli alla dottrina
dell'indissolubilità del matrimonio. In determinati casi, infatti, le
Chiese orientali permetterebbero un secondo e anche un terzo
matrimonio. Prassi, quest’ultima, che la Chiesa cattolica non avrebbe
mai condannato esplicitamente. A tale obiezione il Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede risponde: “Esiste un chiaro
consenso dei Padri a riguardo dell'indissolubilità del matrimonio.
Poiché questa deriva dalla volontà del Signore, la chiesa non ha nessun
potere in proposito. Proprio per questo il matrimonio cristiano fu fin
dall'inizio diverso dal matrimonio della civiltà romana […]. La Chiesa
del tempo dei Padri esclude chiaramente divorzio e nuove nozze, e ciò
per fedele obbedienza al Nuovo Testamento”. In seconda battuta, J.
Ratzinger – tenuto conto che singoli Padri, a esempio Leone Magno,
cercarono soluzioni «pastorali» per rari casi limite – riferisce che:
“nella Chiesa del tempo dei Padri i fedeli divorziati risposati non
furono mai ammessi ufficialmente alla sacra comunione dopo un tempo di
penitenza. E' vero invece che la Chiesa non ha sempre rigorosamente
revocato in singoli paesi concessioni in materia, anche se esse erano
qualificate come non compatibili con la dottrina e la disciplina”. Si
giunse così a due sviluppi contrapposti: nelle Chiese orientali separate
da Roma, una maggiore flessibilità e disponibilità al compromesso in
situazioni matrimoniali difficili si protrasse ulteriormente nel secondo
millennio e condusse ad una prassi sempre più liberale; “oggi –
sottolinea Ratzinger – in molte Chiese orientali esiste una serie di
motivazioni di divorzio, anzi già una «teologia del divorzio», che non è
in nessun modo conciliabile con le parole di Gesù sull'indissolubilità
del matrimonio”. Nella Chiesa d’Occidente, grazie alla riforma
gregoriana, fu recuperata la concezione originaria dei Padri. “Al
riguardo – chiarisce il Prefetto del Sant’Uffizio – non è esatta
l'affermazione che la Chiesa cattolica avrebbe semplicemente tollerato
la prassi orientale. Certamente Trento non ha pronunciato nessuna
condanna formale. I canonisti medievali nondimeno ne parlavano
continuamente come di una prassi abusiva. Inoltre vi sono testimonianze
secondo cui gruppi di fedeli ortodossi, che divenivano cattolici,
dovevano firmare una confessione di fede con un'indicazione espressa
dell'impossibilità di un secondo matrimonio”.
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