Gianni è un mio confratello riminese che, da alcuni anni vive appassionatamente in Papa Nuova Guinea. Vi suggerisco la lettura di questa bella lettera, può essere una buona riflessione per il Santo Natale.
***
Papua Nuova Guinea
Non
c'era posto nell'albergo...
Ciao a tutti,
scusate il silenzio, ma sono stato fuori varie settimane e tuttora lo
sono, ma in un posto più tranquillo da cui posso scrivere. Sto facendo il giro
nelle provincie della Papua Nuova Guinea sulle Highlands, poi giù a Lae, città
industriale, ed ora a Rabaul, patria dell’unico Beato della Papua, Peter To
Rot, catechista e padre di famiglia. Sono ai piedi del vulcano che qualche anno
fa ha distrutto la città, città ora ricostruita in nuovo loco, a qualche
chilometro dal vulcano.
Per una settimana sulle Highlands ho visitato alcune famiglie dei
giovani orientati ad abbracciare la vita francescana e tenuto un ritiro per
tutti nel fine settimana. Come sempre muoversi qua è un travaglio: camion, nave,
pulmino, ogni giorno un posto diverso, clima diverso, cibo totalmente diverso.
Salire sui monti delle Highlands mi fa ricordare il clima italiano di inizio
primavera, soleggiato, ma ancora freddo, specialmente la notte. Il terreno e il
clima fanno crescere tantissime verdure come da noi in Italia, cose che ci
sogniamo ad Aitape. Le strade per arrivare su sono abbastanza buone anche se
imprevedibili per i continui smottamenti. Succedono tantissimi incidenti su
quella strada e la sera è molto pericolosa per via dei briganti. Ma la gente è
molto laboriosa e generosa, grazie anche al clima. Ogni volta che visitavo una
famiglia dei giovani candidati sentivo una gioia immensa in tutti. I familiari
erano sempre tutti radunati e pieni di domande sul futuro del loro figlio.
Tante lacrime, e un grande onore per loro avermi nelle loro capanne. Mi
venivano in mente sempre i miei inizi, e i miei genitori; speriamo che questi
giovani rispondano sempre con generosità alla loro chiamata.
Dopo una settimana siamo scesi sulla costa, un viaggio di 13 ore, con
soste, in bus e macchina. Siamo arrivati vicino a Lae e ci hanno informato che
la situazione in città era poco bella. Quindi la notte ci siamo fermati alla
periferia della città dai fratelli del Sacro Cuore, che seguono i criminali
minorenni. Lettuccio molto povero, e l’umido della pianura padana. Dopo il
fresco delle Highlands un bel colpo! Al mattino una tanta desiderata
messa (ne hanno una al mese se va bene) davvero vissuta. Cos’era successo
a Lae? Più di 3.000 giovani erano entrati in città e avevano dimostrato contro
i venditori ambulanti che vengono dalle Highlands che, a quanto pare, hanno
importato una microcriminalità in città (furti, scippi, stupri, etc.); siccome
il sindaco non faceva niente i giovani indigeni si sono arrabbiati ed oltre a
cacciare tutti questi venditori ambulanti, hanno distrutto le loro case, i loro
negozi e anche i negozi cinesi che pare vendessero la loro merce. Ci sono stati
9 morti per ora e l’epicentro del tutto è stato proprio nella zona dove mi sono
fermato in questi ultimi tre giorni a Lae. Ma al momento la situazione si è
calmata, i residenti hanno chiesto al governo tante cose per migliorare la
situazione e si aspetta di vedere cosa succederà. Qualche anno fa avevano
ucciso anche due sacerdoti anziani.
Lae è un po’ come Betlemme, il centro dove si incrociano persone
provenienti da varie regioni, molto differenti nei loro modi di vita. Quello
che la popolazione di Lae ha proclamato ad alta voce e col sangue è: “Non c’è
posto per voi che venite da altre regioni, tornatevene a casa! Non c’è
posto per voi, anche se “l’albergo” è libero”. Suona molto male, perché se
venite qua subito salta agli occhi la sconfinata vallata su cui Lae è
costruita, una pianura per lo più incolta, con montagne selvagge all'orizzonte.
Un “albergo” donato da Dio, con molte “stanze”, ma piccolo per il cuore
dell’uomo, mai sazio e sempre più padrone di ciò che non è suo. Capisco la
rabbia dei cittadini locali che stanno assistendo alla crescita di popolazione
e quindi anche di crimini, come sempre succede. Ma il modo in cui hanno agito è
totalmente sbagliato; pensate che hanno ammazzato un padre davanti a sua figlia
piccola. Gente tranquilla che vendeva qualcosina per portare avanti la
famiglia; se andate sulle Highlands vi accorgerete che tutti dai 5 ai 70 anni
vendono qualcosa per la strada per mangiare. È stata un'azione insensata,
andata avanti per tre giorni. Non sono stati i famosi Kanaka della Papua Nuova
Guinea, primitivi come sono chiamati, a fare tutto ciò; ma gente che ha una
buona educazione, che lavora, possiede terra e vive la fede cristiana in modo
bigotto. Lae è infatti una città piena di chiese enormi di ogni genere:
Luterani, Anglicani, Cattolici, Battisti e tante chiese evangeliche e sette
locali. Predicano Gesù Cristo nelle loro chiese, ma appena usciti fuori, per le
strade, nell’“albergo del loro cuore” non c’è posto per il fratello
connazionale, celebrano il Signore Gesù, da loro chiamato BIG BROTHER (grande
fratello), che fa i miracoli, guarisce, converte, ma che fuori dalla
chiesa cambia volto e non lo si riconosce.
Quando ero piccolo e costruivo il presepio mettevo dentro di tutto,
specialmente animali che non c’erano in Palestina, poi le casette, le lucine,
la donnina con la brocca, il falegname, l’arrotino, il calzolaio e infine la
grotta con la Santa Famiglia, Gesù, Giuseppe, Maria, l’asino e il bue; mi
veniva la pelle d’oca al buio davanti al presepe. Non avevo mai pensato
all’albergo, di raffigurarlo nel presepe. Mi piaceva che Gesù nascesse nella
grotta, tra il muschio e le pecore, e il calore dell’alito degli animali. Se lo
dovessi rifare oggi il presepe, quell’albergo lo metterei, ma vuoto, senza
luci. Non è forse così il nostro cuore davanti a Dio che si fa carne? La nostra
fede è diventata come un presepe, irreale, piena di emozioni passeggere e da
fare e rifare. Vogliamo il Gesù che ci pare, lo vogliamo povero, al freddo e al
gelo; ma quando le statuine diventano persone vere, quando quel Gesù diventa il
nostro vicino, non ci emozioniamo più, lo rigettiamo, e contempliamo di
nuovo le statuine per dimenticare la realtà di Gesù Emmanuele, Dio con noi.
E l’albergo? Anche quello è meglio non metterlo, ci farebbe ricordare
chi siamo.
Direte: ma che brutto Natale! Beh, il Natale di Gesù non è stato
proprio bello e piacevole, lì per lì, per Giuseppe e Maria; chi l’ha fatto
diventare piacevole sono stati i pastori, gli angeli e i Re Magi, gente povera,
alcuni che venivano da lontano, persone insomma. Quello che può rafforzare la
nostra fede non sono le “statuine” ma le persone che incontriamo e che
accogliamo nella nostra vita. Quando apriamo le porte del nostro cuore a tutti,
sì che allora ce lo possiamo rimettere l’albergo nel presepe, e con dentro la
Santa Famiglia!
Buon Natale a tutti e grazie a tutti voi, benefattori e collaboratori,
che aprite sempre le porte del vostro “albergo” ai più poveri.
fr. Gianni Gattei
Nessun commento:
Posta un commento