Toh, il prete non è pedofilo e incastra i media irlandesi
Manca un mese a gennaio 2012.
Una data a suo modo storica per la Chiesa cattolica. Esattamente dieci
anni fa, infatti, nel gennaio del 2002, un quotidiano dava notizia per
la prima volta di uno scandalo lagato alla pedofilia nel clero. Fu il
Boston Globe a riportare la vicenda di padre John Geoghan, il prete che
costringerà successivamente il cardinale Bernard Law, allora arcivescovo
di Boston, alle dimisssioni. Il prete che, accusato di aver abusato di
oltre 130 bambini nell’arco di trent’anni di carriera, venne ucciso in
carcere nell’agosto del 2003. A distanza di dieci anni, ancora il caso
Geoghan rappresenta per molti un simbolo spaventoso del fallimento della
chiesa: spostato di parrocchia in parrocchia nonostante i suoi crimini,
ha mietuto vittime senza che nessuno abbia fatto nulla per opporsi.
Dopo Geoghan è arrivato padre Kevin Reynolds.
Prete nella contea di
Galway, nell’ovest dell’Irlanda, è divenuto anche lui il simbolo dei
fallimenti della chiesa nel suo paese, l’esempio a cui guardare quando
si vuole parlare della piaga della pedofilia nel clero, una piaga sulla
carta enorme se si pensa che è soltanto ai fedeli irlandesi, e non a
quelli di altre chiese, che Benedetto XVI ha dovuto scrivere una lettera
sostanzialmente di scuse e penitenza.
Ma la domanda che oggi molti si fanno è una: Papa
Ratzinger avrebbe scritto ugualmente la sua lettera se avesse saputo la
verità su Reynolds? Probabilmente sì. Seppure le ultime notizie relative
al prete di Galway insegnano quanta superficialità (o peggio) vi possa
essere nei media quando decidono di impiccare sulla pubblica piazza un
prete per il supposto crimine di pedofilia. La notizia di queste ore,
infatti, è clamorosa: Reynolds, il “Geoghan europeo” come lo chiama John
Allen in un suo lungo reportage, è innocente. Non ha mai abusato di
bambini. Non è un pedofilo. Sessantacinque anni, parroco irlandese che
aveva trascorso parte della vita come missionario in Kenya, Reynolds da
diversi mesi è diventato suo malgrado una “star” della televisione
nazionale irlandese Rte. Una trasmissione provocatoriamente intitolata
“In missione per predare” l’ha messo nel mirino: Reynolds, come altri
preti irlandesi, è partito per la missione per “predare” minorenni e non
per “pregare” con loro. Una giornalista di Rte è addirittura partita
per il Kenya. Qui ha intervistato una donna di nome Veneranda che ha
dichiarato che Reynolds l’aveva violentata nel 1982. A seguito di quella
violenza la donna era rimasta incinta. Sheila, la figlia quattordicenne
di Veneranda, è cresciuta senza suo padre, appunto Reynolds. Veneranda
ha anche dichiarato che, prima dell’arrivo di Rte in Kenya, Reynolds
l’ha contattata offrendo soldi in cambio del suo silenzio.
Forte di queste accuse, Rte è andata fuori dalla
parrocchia di Galway di Reynolds il giorno in cui questi stava
somministrando la prima Comunione a dei bambini: “Ecco” ha dichiarato
una voce fuori campo “il prete pedofilo e stupratore libero di dare la
prima Comunione a dei bambini”.
Reynolds ha però reagito. Ha dichiarato alla stampa
di essere innocente, di non aver mai abusato di minori e che, per
dimostrare la sua non colpevolezza, si sarebbe sottoposto al test di
paternità. Rte non gli ha creduto e, in attesa dei risultati, ha
continuato a infangarlo. Intanto anche la chiesa si adeguava alle
accuse. E in linea coi nuovi protocolli rimuoveva immediatamente
Reynolds dai suoi incarichi. Dopo qualche giorno due test del Dna
effettuati da due società diverse scagionavano del tutto il prete
irlandese stabilendo che non è Reynolds il padre del bambino. E’ stato
il direttore di Rte Noel Curran, prima di dimettersi, a dettare un
comunicato di scuse che recita così: “Rte comunica senza riserve che le
affermazioni fatte contro padre Kevin Reynolds sono senza qualsivoglia
fondamento e false, e che padre Reynolds è un sacerdote della massima
integrità, il cui servizio senza macchia reso alla chiesa per
quarant’anni ha dato un valido contributo alla società in Kenya e in
Irlanda sia nel campo dell’istruzione sia nel campo della pastorale”. Ha
detto ancora Curran: “Questo è stato uno degli errori editoriali più
gravi che io abbia mai fatto”.
La vicenda ha creato qualche imbarazzo anche nelle
gerarchie irlandesi. L’arcivescovo Diarmuid Martin di Dublino, che più
di altri ha accusato i vescovi locali e anche la curia romana di non
aver fatto abbastanza per arginare il problema della pedofilia, ha detto
che nonostante tutto a suo avviso i media irlandesi non hanno
pregiudizi nei confronti della chiesa.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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