Pubblichiamo il testo integrale
dell'omelia che mons.Francesco Montenegro ha pronunciato il 1 luglio, nel
Santuario di San Calogero, in occasione dei festeggiamenti.
Mi piace oggi guardare con voi S.
Calogero come uomo di pace e operatore di pace, come dice il Vangelo. Basta
guardare ciò che porta nella mani per comprendere ciò che caratterizza la vita
di questo santo uomo: la Bibbia e la cassetta delle medicine per aiutare i
sofferenti. Vive la pace infatti chi è in atteggiamento di benevolenza verso il
fratello. Qual è il pensiero contrario all'amore?
La violenza, l’arroganza,
l'odio, l'ipocrisia, la sopraffazione. Calogero è la pagina bella della nostra
città. È la pagina scritta da Dio che vale la pena leggere dopo quelle
riguardanti la mafia e i mafiosi che i quotidiani ci hanno offerto. È una
pagina però che deve farci riflettere, perché la mafia non è solo un argomento
da romanzi o da film, la mafia sono volti e storie vere che oggi si intrecciano
ed influiscono sulle nostre storie e sulla storia di questo territori., Sono
coloro che, usando la prepotenza e la violenza, decidono sulla vita e sulle
cose altrui, sulle scelte politiche come sulle economiche. Sono coloro che per
favorire guadagni illeciti e supremazia criminale hanno tutti gli interessi ad
incrementare il clientelismo, il controllo sociale, l’emarginazione e a
ripudiare le forme pacifiche e oneste di vita. Sono coloro che non solo creano
ma anche approfittano della povertà mate-riale degli altri, che provocano
mancanza di posti di lavoro e povertà culturale, che reperiscono la manovalanza
malavitosa, e seminano sfiducia nell'amministrazione pubblica e che sono anche
causa della par-tenza dalla nostra terra di molti dei suoi figli, spesso i
migliori.
Oggi molti agrigentini, e non
solo, usciranno per le strade a rendere onore a S. Calogero, vanto della nostra
città. Ma Lui, uomo di Dio e amico degli uomini, perciò uomo di pace, chiede a
noi suoi devoti, di essere decisi a dire di no a ciò che significa potenza e
prepotenza violenta. Chiede che troviamo il coraggio di ribaltare la situazione
di asservimento che si tenta, da parte di criminali, di innestare in questo
territorio. Chiede di dire di no non solo alla mafia che uccide e minaccia, ma
anche alla cultura mafiosa, che non è meno pericolosa. La cultura, cioè, che
rende normali e possibili forme di vita che invece offendono la dignità
di noi uomini.
Questo significa che non è
sufficiente affermare che siamo cristiani, ma che è necessario vivere da cristiani,
come ai suoi tempi fece Calogero, e oggi,per esempio, P. Puglisi. Credere non è
sapere le preghiere e reci-tarle, né partecipare alla processione ma, come ha
detto Giovanni Paolo II in Sicilia, caricare di speranza la nostra Sicilia e,
io aggiungo, la nostra Agrigento. Egli ci ha pure raccomandato di liberare la
fede da tutte le incrostazioni, le strumentalizzazioni, le appropriazioni
indebite, e di ritornare alla vera immagine di Cristo. Occorre ‘uscire dalle
sacrestie, abitare i territori, vivere da credenti e cittadini adulti e
solidali, contrastare la prepotenza con la forza della denuncia, ma soprattutto
con la testimonianza di una vita buona che non ha paura di andare
controcor-rente’. Se c’è tanto male attorno a noi non è solo perché molta gente
è cattiva e pericolosa ma perchè noi, i buoni, non siamo quello che dovremmo
essere. Ciò vuol dire che se la mafia è radicata in questa terra è anche colpa
nostra (non è la prima volta che lo dico!).
La magistratura e la polizia
devono fare e fanno la loro parte, ma a noi tocca fare la nostra. Se noi non
cambiamo il cuore, se non ci mettiamo sulla stessa strada percorsa da Calogero,
se non troviamo il coraggio di vivere il Vangelo con coerenza, vedremo la mafia
radicarsi sempre più in questa nostra terra. Non possiamo non tener conto che
noi siamo responsabili di quanto i nostri ragazzi e giovani si troveranno nel
loro futuro.
Calogero visse aiutando i più
deboli, rispettando e difendendo la vita. Il grido di Giovanni Paolo II
pronunciato ad Agrigento: «Mafiosi convertitevi, verrà un giorno il giudizio di
Dio», ha, secondo me, una continuazione per chi non è mafioso. Vuol dire:
Cristiani convertitevi, non basta dire Padre, Padre, ma è necessario fare la
sua volontà. Dire basta alla mafia e al malaffare, alla disonestà e all’
ingiustizia. Basta essere cristiani insipidi, imbottiti di un buonismo che non
cambia le cose e tanto meno i cuori. Liberiamoci da quegli atteggiamenti
omertosi che fanno crescere la logica dei privilegi, delle amicizie che
favoriscono i favori, le raccomandazioni, il non rispetto della norme.
Abbattiamo e scardiamo questa mentalità che ormai impregna le nostre vie, i
nostri palazzi, i nostri uffici, i nostri rapporti. Diventiamo finalmente
cristiani che hanno a cuore la cultura del rispetto, della legalità, della
giustizia sociale, della correttezza morale, a tutti i livelli dalla scuola
alla politica, dalle famiglie alla sanità. Ci facciano pensare le parole di uno
scrittore che, riferendosi alla Sicilia, si chiede: come mai “in una terra
segnata da una tradizione cristiana abbia potuto mettere radici la mentalità
mafiosa?”.
L’unico modo per imbavagliare la
mafia è fare sul serio, amare e cercare la verità e il bene, rifiutare la
mediocrità, i compromessi e il conformismo, e osare per gli ideali nobili, per
l’onestà e la legalità. È rendere possibili le parole di Giovanni Paolo II che
chiese ai siciliani di uscire dal guscio dalla condizione che ci tiene
bloccati, di acquistare la piena misura dell’essere uomini e donne. Di reagire
alla tentazione di chiudersi nella logica del proprio tornaconto personale. Di
mettersi in un cammino di ricerca e di liberazione, di lotta all’egoismo e
aprirsi ai fratelli ... Se riusciamo ad alzarci, - ci disse ancora - saremo
capaci di sollevare il mondo. La società deve essere guarita, rinnovata
attraverso noi, purchè ognuno faccia la sua parte.
Il Signore per intercessione di S.
Calogero ci liberi da ogni forma di violenza e ci aiuti a costruire una
Agrigento e una società più umana e fraterna.
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