Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 9 dicembre 2012

Coraggio popolo mio



II DOMENICA DI AVVENTO

     Coraggio, popolo mio …! Siete stati venduti alle nazioni non per essere annientati. … Avete dimenticato chi vi ha allevati, il Dio eterno, avete afflitto anche colei che vi ha nutriti, Gerusalemme. Essa ha … esclamato: «Ascoltate …  Dio mi ha mandato un grande dolore. Ho visto, infatti, la schiavitù in cui l’Eterno ha condotto i miei figli e le mie figlie” (Bar 4,9ss). Con poche parole il profeta Baruc descrive la situazione del popolo d’Israele, in esilio a causa della propria infedeltà a Dio; non Dio ha punito il suo popolo, ma il popolo ha subito le conseguenze delle proprie scelte – “il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito: l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti!” (Sl 81,13s) -. Eppure in quella condizione di fatica, di dolore, si sente una parola bella: “Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizioneSi sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo, come sopra un trono regale” (Bar 5,1;6). E’ l’annuncio del ritorno a casa, della fine dell’esilio.

     Forse ci sembra poco interessante questa notizia – tanto riguarderebbe il passato di un popolo al quale non apparteniamo -; invece questa parola è per tutti coloro che sono consapevoli di essere in cammino verso la patria; coloro per i quali, come scriveva san Giustino “ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera” (Lettera a Diogneto). Noi cristiani possiamo sentirci a casa ovunque, amiamo questa terra nella quale viviamo, ma nessuna patria terrena la sentiamo definitiva, perché solo quando vedremo il Signore “a faccia a faccia”, potremo dire: eccoci all’approdo sospirato. Anche noi siamo in qualche modo in esilio.
    Il profeta Baruc annuncia che “Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro” (Bar 5,7) e a sua volta Giovanni Battista grida:  “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” (Lc 3,4).
     Dio è Signore della storia e per quanto l’uomo possa tentare di ostacolare la Sua azione o addirittura di rovinarla, Egli prima o poi la riprende tra le sue mani. Quante volte abbiamo assistito al tentativo degli uomini di cacciare Dio fuori dalla sua creazione e la tenebra ha cercato di invadere tutto? L’essere umano ha sofferto indicibilmente, ma poi la luce si è sempre riaccesa, il Sole ha ripreso il suo splendore e la vita ha ricominciato a scorrere nelle pieghe della storia.
     L’evangelista Luca scrive: “Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene” (Lc 3,1); è un elenco di uomini potenti, tanto da essere divinizzati (cfr. il caso dell’Imperatore Romano), eppure è bastata una luce accesa da un debole Dio bambino, per far impallidire tutta la loro opera.
     Come vorrei gridare alla tenebra e ai suoi fedeli: “Cessate di perdere tempo! Smettetela di sprecare le vostre frecce avvelenate per un’opera destinata al fallimento. Nessuna debba più soffrire a causa vostra”.
     Dio può spianare le montagne e le rupi perenni, eppure deve fermarsi davanti alle nostre porte chiuse. Egli che potrebbe sfondarle con un soffio, vuole invece che le apriamo noi stessi, per scelta libera. Dio non vuole costringere nessuno ad amarlo e ad accoglierlo; perché chi ama per costrizione e paura, in realtà non ama.
     Per questo giunge sino a noi il grido potente di Giovanni che ci invita al battesimo di conversione; non è che un appello a togliere tutto ciò che impedisce al Signore di entrare nella nostra storia. Scrive Matta el Meskin in un suo splendido testo: “è disperatamente impossibile coniugare le tenebre e la luce, l’amore per sé e l’amore per Dio, l’autocelebrazione e l’esaltazione di Dio, la menzogna e la preghiera, l’impurità e la devozione, l’avidità e l’ambizione e il timor di Dio, il mondo e Dio, il continuo condannare gli altri e l’amarli” (La gioia della preghiera, Qiqajon 49). Se vogliamo che in una stanza esca il buio, bisogna che si apra la finestra ed entri la luce; nello stesso modo, affinché il freddo se ne vada, deve entrare il calore; non è possibile una coesistenza.
     Dio vuole riportarci a casa, ma noi dobbiamo lasciarci prendere per mano, altrimenti continueremo a vivere in esilio, magari nella convinzione di essere già giunti alla meta; purtroppo non è che un’illusione.

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