I DOMENICA QUARESIMA
“Ora,
ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai
dato” (Dt 26,9). Queste parole del
pio ebreo, sono molto semplici, ma ricchissime. Per noi, oggi, possono
diventare addirittura un programma di vita: restituzione dei frutti più belli,
più freschi, più buoni, dei doni ricevuti da Dio. Viceversa sono la negazione della banalizzazione
dell’esistenza cristiana: consegna a Dio degli avanzi, degli scarti; ciò che
avviene quando il Signore è messo dopo tutto il resto, quando avanza qualcosa. Quando
si ama veramente qualcuno, lo sappiamo bene, cerchiamo di riservargli il
meglio.
Gesù è stato condotto dallo Spirito Santo
nel deserto, per restarvi quaranta giorni. Alcuni segnali ci fanno intuire che le
cose non sono così semplici come appaiono.
Infatti le espressioni “Deserto”,
“quaranta giorni”, le stesse risposte del Signore al diavolo, ci rimandano all’avvenimento
fondamentale della storia del popolo d’Israele: la liberazione dalla schiavitù
dell’Egitto, passando per il deserto. “Quando
il faraone lasciò partire il popolo, Dio non lo condusse per la strada … dei
Filistei, benché fosse più corta … Dio fece deviare il popolo per la strada del
deserto” (Es 13,17s). Quella “deviazione”, sappiamo, è durata quarant’anni.
E’ la strada della libertà, del resto, e a
essa non si giunge passeggiando per un giardino “disneyano”. L’esistenza
dell’uomo è un percorso faticoso nel
deserto e Gesù, oltre che vero Dio, è anche vero uomo: ha condiviso la nostra
stessa fatica.
Nel deserto, anche la tentazione. Il
Signore Gesù, proprio perché anche vero uomo, non poteva esserne esonerato e,
certamente, non è durata solamente quaranta giorni, ma tutti i suoi giorni -.
Il diavolo non risparmia alcuno di noi, figuriamoci se poteva lasciarsi
sfuggire l’occasione di rovinare la via,
la verità e la vita. “Tentazione”,
deriva dal greco peirazo, che
significa tentativo, prova, esperimento, per far deviare dalla retta via. Gesù
Cristo è quella “via” che, se seguita, porta direttamente alla vita vera; quale
vittoria migliore, quindi nel danneggiarla. Eliminare Cristo, significa
disorientare definitivamente l’essere umano. Scrive il profeta Zaccaria: “Percuoti il pastore e sia disperso il
gregge, allora volgerò la mano anche contro i suoi piccoli” (Zc 13,7);
bisogna eliminare il pastore, per poter colpire liberamente il gregge.
E’ per
questo che il maligno prova particolare gusto nel tentare e rovinare i pastori
della Chiesa, perché sa che, vincendo anche solo uno di essi, trascina nel
baratro una moltitudine:“I cattivi
sacerdoti sono laccio di rovina per il mio popolo” (Os. 5,1; 9,8) e “In verità nessuno nuoce di più nella
Chiesa di chi portando un titolo o un ordine sacro conduce una vita corrotta” (Gregorio Magno, La regola pastorale, 2).
Le tentazioni, nelle varie forme in cui ci raggiungono quotidianamente, sono tutte riconducibili al tentativo di portarci fuori strada, lontani da Dio. Ogni adesione alla tentazione è un piccolo o grande passo lontano da Lui.
Le tentazioni, nelle varie forme in cui ci raggiungono quotidianamente, sono tutte riconducibili al tentativo di portarci fuori strada, lontani da Dio. Ogni adesione alla tentazione è un piccolo o grande passo lontano da Lui.
Il diavolo approfitta della debolezza;
anzi l’aspetta con ansia. A Gesù si avvicina alla fine dei quaranta giorni,
quando ha fame, poi tornerà sotto la croce, quando il dolore, la paura e il
senso di abbandono, Lo avvolgeranno; lì gli griderà: “Se tu sei il Re dei Giudei, salva te stesso” (Lc 23,37),
infiaschiatene di tutti questi uomini, preoccupati solo del tuo benessere. Il
diavolo è un avvoltoio; ci gira attorno guardingo, finché siamo forti,
combattivi, ma ci accosta subdolamente appena siamo deboli, per attaccarci e
finirci: “Come leone ruggente va in giro,
cercando chi divorare” (1Pt 5,8).
Non pensate che si presenti a noi nella
sua mostruosità! Tutt’altro. Sfoggia tutta la sua bellezza ingannatrice: “Quella è sempre la sua astuzia, quella è la
sua capacità occulta e misteriosa di ingannare l’uomo; subito fin dall’inizio
del mondo ingannò così, seducendo le anime ancora inesperte con false parole,
le ingannò a causa dello loro incauta ingenuità. … (Egli) si trasforma in angelo
di luce …” (Cipriano di Cartagine, L’unità
della Chiesa, Città Nuova, 20;22).
La sua astuzia lo porta anche a fare uso
della Parola di Dio, ma non per lasciarsi trasformare da essa, bensì per farle
dire ciò che gli fa comodo. Viceversa Gesù trova nella Parola di Dio lo scudo
di difesa che gli consente di bloccare le frecce avvelenate del nemico.
Alla fine della storia dobbiamo prendere
coscienza che l’esperienza di Gesù è la nostra. Con Lui noi siamo chiamati a
stare nel deserto, sottoposti alla tentazione, ma non siamo soli e abbiamo
tutte le armi necessarie per vincere la sfida.
“Signore, vieni dunque e non aspettarmi, poiché l’attesa potrebbe essere
lunga. Non con il mio sforzo, ma con il Tuo sostegno; non con la mia forza, ma
con la Tua grazia” (Shenouda III).
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