Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 6 aprile 2013

Il compito della Chiesa è curare, non uccidere



II DOMENICA PASQUA

     E’ domenica sera (il primo giorno della settimana), sono passati appena tre giorni dalla barbara umiliazione e uccisione di Gesù e i suoi discepoli se ne stanno rinchiusi, hanno paura. Per tre anni hanno vissuto con entusiasmo un’avventura esaltante, insieme a Gesù, ora però sono profondamente confusi, perché tutto sembra essere irrimediabilmente finito: Gesù di Nazaret è morto.

     La paura, la delusione, la confusione, il senso di fallimento sono inevitabili quando ci si dimentica o si nega che Cristo è, sì morto, ma è risorto e ora vive; perché se Cristo non è risorto, noi siamo SOLI. Invece, la Chiesa non è sola ad affrontare la storia; ognuno di noi non è solo. Scrive san Giovanni: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi» (Ap 1,19).
     Lunedì dell’Angelo il Papa ha detto: “Senza questa fede nella morte e nella risurrezione di Gesù la nostra speranza sarà debole, ma non sarà neppure speranza … Purtroppo … anche fra gli stessi credenti si sono insinuati dubbi (a causa della ) … fede “all’acqua di rose”… . E questo per superficialità, a volte per indifferenza, occupati da mille cose che si ritengono più importanti della fede, oppure per una visione solo orizzontale della vita. Ma è proprio la Risurrezione che ci apre alla speranza più grande, … . E questo porta a vivere con più fiducia le realtà quotidiane, affrontarle con coraggio e con impegno. … La Risurrezione di Cristo è la nostra forza!”  (Papa Francesco, al Regina Coeli).  
    Nella sua ultima udienza generale l’amato Benedetto XVI affermava: “E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore”. Se davvero sentiamo che queste parole sono vere, non avremo paura, le nostre porte non saranno chiuse per difenderci.
     Attraverso la Chiesa, il Mistero dell’Incarnazione rimane presente per sempre. Cristo continua a camminare attraverso i tempi e tutti i luoghi (Ultimo discorso ai cardinali di Benedetto XVI); la Chiesa che non sta rinchiusa, impaurita, cammina per le strade della storia con le nostre gambe, parla con la nostra lingua, guarda attraverso i nostri occhi, tocca con le nostre mani, ama con i nostri cuori. Questo è il comando di Gesù: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” (Gv 20,21). Oggi, in particolare, il Signore ci affida il ministero del perdono. Questo è la grande medicina per l’umanità. Non un vago e sdolcinato buonismo, ma il perdono divino, ossia la possibilità per chiunque e sempre, indipendentemente da quanto fatto o detto, di trovare le porte della  casa del Padre aperte, anzi spa-lan-ca-te e un abbraccio caldo. Gesù è venuto per i malati, non per i sani e manda la Chiesa ai malati, affinché possano guarire, non per aiutarli a morire della loro malattia.
     La Chiesa “pecca”, non quando ci aiuta a prendere coscienza del male che ci ha infettati, chiamandolo con il suo preciso nome e smascherandolo,  indicandoci la cura, ma quando ci lascia tranquillamente a vivere in esso. Il compito della Chiesa è curare, non uccidere. E’ il maligno invece che si adopera in tutti i modi per rovinarci.
     Il perdono si dona in vari modi. Noi sacerdoti siamo chiamati ad amministrare il tesoro preziosissimo della Confessione. “l’io ti assolvo, non è quello di una creatura, ma è direttamente l’”IO” di del Signore[1]. La Confessione è lo straordinario dono di Dio a noi creature fragili, ma degne di perdono, per questo il maligno la combatte in ogni modo.  Ciascuno di noi battezzati poi è chiamato a offrire un canale alla misericordia di Dio. Chi chiede di tornare, deve poter tornare. Chi vuole guarire, deve essere curato. Chi invece non vuole guarire, ma vuole rimanere ostinatamente nella sua malattia, va atteso, non rifiutato.




[1] Cardinal Ratzinger, Rapporto sulla fede, Ed. Paoline. 57

2 commenti:

  1. Proprio bella l'omelia di stasera!!! Mi è piaciuto il riferimento all'amato Benedetto XVI,dove dice che sulla barca della vita nostra e della Chiesa c'è il Signore....non avevo mai pensato alla mia vita, come a una barca condotta da Gesù. Il Papa si riferiva alla Chiesa, ma io ho voluto sentirla rivolta anche a me.....se fossi sempre consapevole che Gesù e sulla barca con me per condurmi dove Lui sa.....forse...riuscirei ad affidarmi senza remore. Anna

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  2. Sto riscoprendo il grande dono...la confessione.Troppi anni nel buio, troppo tempo nella "malattia" di non voler guarire..è solo l'inizio ma è già qualcosa, devo solo riuscire a perdonare me stessa perche' Lui già lo ha fatto.Barbara

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